
Il miliardario amico di Bill Clinton e Donald Trump, in carcere con l'accusa di stupro, voleva diffondere il proprio dna nel mondo ingravidando decine di donne nel suo ranch. Nelle sue ville pare abbia abusato di 80 minorenni.Il piano del miliardario americano Jeffrey E. Epstein, grande amico di Bill Clinton e Donald Trump, era degno di un film di fantascienza. Con risvolti horror. Secondo il New York Times perseguiva il seguente nonché folle sogno: diffondere il suo dna nel mondo, ingravidando quante più donne possibile nel suo ranch Zorro, che si trova nel New Mexico. Il suo obiettivo era mettere incinta almeno 20 ragazze alla volta e riempire la Terra di suoi eredi. Non si sa quanto sia riuscito a realizzare della sua idea, legata alle teorie dell'eugenetica, ma certamente ha ingaggiato scienziati di fama mondiale per metterla in pratica.Questa incredibile storia è venuta alla luce dopo il suo arresto nel giugno scorso. Epstein infatti è stato travolto da un terremoto mediatico e giudiziario che lo ha portato in prigione con l'accusa di stupro e di traffico di minori. Avrebbe abusato di numerose ragazze minorenni, forse addirittura 80, nelle sue ville di Manhattan e Palm Beach e rischia di scontare 45 anni di carcere. Adesso è detenuto al Metropolitan Correctional Center di New York, dopo che la scorsa settimana gli è stata negata la libertà su cauzione.Già nel 2008 il miliardario, che oggi ha 66 anni, era stato coinvolto in uno scandalo simile, ma ne era in qualche modo uscito semi pulito grazie a un accordo con il procuratore generale Alexander Acosta. In altre parole aveva speso un patrimonio per risarcire le vittime. Ma perché lo faceva? Naturalmente perché è un sessuomane con tendenze pedofile, ma non basta. Il magnate ebreo è sempre stato affascinato dall'eugenetica, ovvero da quelle teorie transumanistiche che mirano a migliorare la qualità genetica di una determinata popolazione umana. Lo stesso scopo perseguito dai nazisti, con i risultati e le conseguenze che conosciamo. In questo caso la ricerca non era finalizzata alla purezza della razza ariana, bensì pare che Epstein si ritenesse discendente degli antichi kohanim, la casta sacerdotale ebraica le cui linee genetiche sono smarrite. Inoltre il finanziere si dedicava anche alla criogenia, cioè il congelamento dei corpi a scopo di ritorno in vita nel futuro. Secondo una fonte, voleva conservare il pene e la testa.fisici e premi nobel Per realizzare il suo sogno, ovvero inseminare la razza umana con il suo nobile codice genetico, quest'uomo aveva creato un salotto di scienziati, alcuni dei quali hanno ricevuto dei lauti finanziamenti per portare avanti le ricerche. Tra questi si contano: il fisico premio Nobel Murray Gell-Mann, che scoprì il quark, il fisico teorico e autore di best seller Stephen Hawking, il paleontologo Stephen Jay Gould, il neurologo Oliver Sacks, George M. Church, ingegnere molecolare che ha lavorato per identificare i geni atti a creare umani superiori e il fisico teorico del Mit Frank Wilczek, anch'egli premio Nobel. Il tycoon originario di Brooklyn ha anche fondato, con una donazione di 6,5 milioni di dollari, il programma Harvard's for Evolutionary Dynamics dedicato alla ricerca eugenetica. Non aveva certo problemi a foraggiare scienziati e blasonati atenei come Harvard grazie ai proventi della sua Financial Trust Company, specializzata nel gestire assets di clienti per un valore maggiore al miliardo di dollari. Oltre che ricchissimo Epstein era capace di coltivare importanti amicizie: oltre al principe Andrea del Regno Unito, a Kevin Spacey, Woody Allen e a Les Wexner, boss dell'azienda di abbigliamento intimo Victoria's Secret, poteva contare su un solido rapporto con Donald Trump e Bill Clinton. Negli Stati Uniti era considerato un «illusionista seriale», per la sua capacità di affascinare e manipolare. Nel 2002 l'attuale presidente Usa così parlava di lui: «Conosco Jeff da 15 anni. È un tipo incredibile. È divertente e pare gli piacciano le giovani donne come a me, e molte sono particolarmente giovani». Incredibile è l'aggettivo appropriato.Tornando al suo folle piano, il New York Times racconta: «In diverse occasioni a partire dai primi anni 2000, Epstein ha riferito a scienziati e uomini d'affari delle sue ambizioni di utilizzare il suo ranch del New Mexico come base in cui le donne sarebbero state inseminate con il suo sperma e avrebbero dato alla luce i suoi bambini». Non di rado organizzava delle cene, e talvolta in quelle occasioni confidava ai suoi ospiti le sue strampalate idee. Secondo le rivelazioni fatte dai presenti, l'impressione è quella che volesse manipolare i geni per perpetuare il proprio dna e che quelle cene gli servissero per selezionare personalità che appoggiassero il progetto.Una volta, durante un incontro nella lussuosa magione nell'Upper East Side da 2.000 metri quadrati, il professor Jaron Lanier, uno dei fondatori della realtà virtuale, disse «di aver parlato con una scienziata che gli aveva riferito che l'obiettivo del signor Epstein era quello di avere 20 donne alla volta impregnate nel suo ranch in una piccola città fuori Santa Fe. Lanier ha affermato», scrive ancora il New York Times, «che la scienziata si è identificata come lavoratrice alla Nasa, ma non si ricorda il suo nome». Secondo questa scienziata, il tycoon voleva allestire nel già citato ranch una nuova e più ampia versione del repository for Germinal Choice, creato dal genetista Herman J. Muller per raccogliere i semi dei premi Nobel, e che operò dal 1980 al 1999. Insomma Epstein non avrebbe mai fatto mistero del «suo interesse ad armeggiare con i geni e a perpetuare il proprio dna».la cena particolareNell'inchiesta del quotidiano americano si riferisce anche di una cena particolare, nel 2004, al ristorante Indian Summer di Monterey, in California, in cui erano presenti «i fondatori di Google Sergey Brin e Larry Page e Jeff Bezos, che era accompagnato da sua madre». C'è anche chi ricorda un incontro ad Harvard, quando Epstein criticò il piano per ridurre la fame nel mondo, spiegando che in questo modo sarebbe aumentato il rischio di sovrappopolamento del pianeta. Sosteneva davanti al pubblico, scherzando e sorridendo, che se dovevano nascere nuovi bambini, dovevano almeno avere il suo dna. La platea rise, solo adesso si è capito che non aveva alcuna intenzione di scherzare.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





