2019-11-10
Il piano di George Soros: «Educare i cittadini per non far crollare l’Ue»
Nel suo nuovo libro il magnate illustra la visione del mondo. Paragona l'elezione di Donald Trump e la Brexit al comunismo sovietico, fa l'elenco dei suoi nemici (i sovranisti) e si incensa: «Fiero del mio ego enorme». Tante cose si possono dire di George Soros, ma non che ami nascondersi. Al contrario, a quasi 90 anni, si mostra combattivo come non mai. Nel suo nuovo libro - In defense of Open Society, da poco uscito negli Stati Uniti e nel Regno Unito - lo scrive senza mezzi termini: «Non vedo motivi per vergognarmi di avere un ego così grande, perché si è rivelato essere benefico per me e per tanti altri». E ripete: «Mi rendo conto di aver effettivamente aiutato un gran numero di persone». Al Guardian, a cui pochi giorni fa ha concesso una lunga intervista, Soros ha spiegato: «Quando guardo l'elenco delle persone, dei movimenti o dei Paesi che mi stanno attaccando, penso che sto facendo qualcosa di giusto. Sono orgoglioso dei nemici che ho». In effetti sono in parecchi a considerare il finanziere ungherese naturalizzato americano come un pericolo. Anche lui, però, non scherza. Nel suo libro - un vero e proprio manifesto politico - fa nomi e cognomi dei suoi nemici, descrivendoli come il male assoluto. Quali siano è facile da immaginare: Donald Trump, i partiti pro Brexit, Viktor Orbán e i sovranisti in generale. Non per nulla il titolo dell'edizione italiana del suo libro (stando al sito della Feltrinelli dovrebbe uscire per Einaudi a gennaio) è il lapidario: Contro Trump, Orban, Cina e la Brexit. Secondo Soros, viviamo in un'epoca oscura, trent'anni dopo la caduta del muro di Berlino ci troviamo a fronteggiare la rinascita dei totalitarismi. In un articolo dedicato proprio all'anniversario del crollo del muro, il finanziere spiega che «trenta anni dopo la situazione è molto diversa. La cooperazione internazionale ha avuto molti incidenti di percorso e il nazionalismo è diventato il credo dominante. Finora il nazionalismo si è rivelato molto più potente e dirompente dell'internazionalismo». Insomma, il male assoluto è il nazionalismo che spinge i popoli a riappropriarsi della sovranità. «Credo che viviamo in un momento rivoluzionario», scrive Soros nel libro. E forse non ha tutti i torti. Il fatto è che, se davvero c'è in corso una rivoluzione, il nostro caro finanziere è decisamente schierato dal lato della reazione. Se nel 1989 egli tifava per il crollo del comunismo, adesso briga affinché l'attuale sistema resti in piedi. Non ha alcun timore di metterlo nero su bianco. Spiega quale sia l'obiettivo della sua fondazione - la ben nota Open Society - e scrive che «il nostro ruolo in Europa oggi» è quello di «impedire all'Unione Europea di seguire l'esempio dell'Unione Sovietica». Ovvio: l'Ue deve rimanere in piedi a tutti i costi. Anche per questo bisogna osteggiare i sovranisti in ogni modo. «Quando ho creato la mia fondazione nel 1979», racconta Soros, «non era per difendere la società aperta ma per promuoverla. Per i successivi 25, regimi repressivi come l'Unione Sovietica sono crollati e sono emerse società aperte come l'Unione Europea. La tendenza è diventata negativa solo dopo la crisi finanziaria globale del 2008. Il nadir è stato raggiunto nel 2016 con la Brexit in Europa e l'elezione del presidente Trump negli Stati Uniti». Chiaro, no? L'ascesa di Trump e la Brexit sono paragonabili al socialismo reale sovietico. Solo che in Urss la popolazione non aveva diritti di esprimersi, mentre ora ci troviamo di fronte a popoli che hanno votato un presidente in tutta libertà e che con altrettanta convinzione hanno scelto di abbandonare l'Ue. E questo al vecchio George proprio non va giù. Pur di imporre il modello che piace a lui è disposto a tutto. Sempre parlando con il Guardian, Soros ha spiegato i motivi per cui ha deciso di finanziare un'associazione di propaganda a favore del Remain (dunque contro l'addio all'Europa). «Rientra nella categoria di ciò che chiamo filantropia politica», ha detto. «La Brexit è un processo di disintegrazione che danneggia entrambe le parti. Soprattutto, i valori europei possono essere difesi meglio se entrambi sono uniti. I miei contributi non sono stati utilizzati per scopi di partito o elettorali. Sono stati usati per educare il pubblico britannico». Eccola lì la parolina magica che sintetizza il metodo Soros: educare la popolazione. In realtà, il termine giusto sarebbe «rieducare». È a fini propagandistici e rieducativi che la Open Society ha speso nel nostro Paese, tra il 2017 e il 2018, la bellezza di 8.527.948 (come riportato da AdnKronos di recente), tra l'altro finanziando pure enti pubblici e Comuni. Qui la notizia non ha suscitato grandi reazioni, anzi è stata sostanzialmente ignorata. In Inghilterra, invece, il parlamentare conservatore Daniel Kawczynski ha denunciato lo «sforzo erculeo» sorosiano di «fare propaganda». «Egli afferma che noi non sappiamo quello che stiamo facendo», ha dichiarato Kawczynski. «Dice che stiamo commettendo un errore e vuol farci cambiare idea». Ora, nel far cambiare idea a qualcuno non c'è nulla di male. Un po' più discutibile, invece, è le decisione di utilizzare il proprio immenso patrimonio per tentare di impedire ai popoli di esercitare la propria sovranità. «Considero l'altruismo e la filantropia non come un dovere ma come un piacere e una fonte di soddisfazione», scrive Soros nel libro. «È un lusso che i ricchi possono permettersi. Preferisco di gran lunga la filantropia, per esempio, al collezionismo d'arte. Mi ha collegato con altre persone e mi ha permesso di uscire dal mio isolamento». Già, per lui è una soddisfazione. E se per gli altri è una indebita ingerenza, chi se ne importa. Lui può permetterselo.