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2018-09-02
Il perfetto manuale per fare i soldi grazie all’accoglienza degli immigrati
Ansa
I bandi della prefettura prevedevano addirittura che, oltre al servizio di pulizie in camera, ai migranti le coop avrebbero dovuto somministrare solo acqua minerale. Serviti e riveriti, però, di certo non erano.
E l'altro giorno la Procura di Firenze ha fatto notificare un'ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari per due gestori di strutture per l'accoglienza fiorentine e di sospensione per due amministratori di coop. Siccome gli ospiti conoscevano bene i contenuti dei capitolati di gara, le lamentele nei confronti dei gestori dei centri d'accoglienza erano continue.
Le proteste, che a volte appaiono, però, anche come delle vere e proprie pretese, si sono materializzate nei verbali raccolti dai carabinieri. L'altra faccia della stessa medaglia è questa: i militari, entrando nelle strutture, hanno scoperto che non si trattava di piccole irregolarità, ma che era in atto una frode nelle forniture pubbliche. E tra le pagine dell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Firenze è possibile individuare un vero e proprio manuale dell'arricchimento sulla pelle dei migranti, messo a punto da alcune coop cattoliche i cui vertici vengono indicati dalla stampa locale come vicini al Partito democratico. Un'unica inchiesta racconta quello che nel corso degli anni hanno rivelato decine e decine di indagini sull'accoglienza.
Locali non a norma, 69 richiedenti asilo in una struttura che ne avrebbe potuti ospitare al massimo 27, letti a castello piazzati perfino in cucina, cibo avariato o scaduto nelle dispense, bagni non disinfettati, lenzuola mai cambiate, ospiti obbligati dietro minaccia a fare le pulizie. E la minaccia era quella di finire in un posto peggiore, distante da Firenze. Ma, soprattutto, pur di fare il massimo del business, secondo l'accusa, i gestori intascavano anche i pocket money dei migranti, lasciandoli completamente al verde.
E così due soci amministratori della Eurotravel, la ditta che forniva le strutture per l'accoglienza, l'ottantaquattrenne Ottorino Santetti e suo figlio Davide, sono finiti ai domiciliari con l'accusa di frode in forniture pubbliche. Per i presidenti delle coop che si erano aggiudicate i bandi della Prefettura, invece, Matteo Conti della Cenacolo Onlus e Lorenzo Terzani del Consorzio Coeso (una rete di coop sociali con oltre 3.000 lavoratori, quasi 1.700 soci e un fatturato di quasi 100 milioni l'anno), è scattata l'interdizione dagli incarichi. Insieme a loro è indagata anche Maria Grazia Scacciati, moglie di Santetti e titolare della Eurotravel.
La prima regola del manuale, che emerge dall'ordinanza era questa: infilare più persone possibili nelle stanze. In un ex albergo di via Chiantigiana all'Impruneta, gestito dal Cenacolo, nell' aprile 2017 i carabinieri della compagnia di Signa, hanno trovato i famosi 69 letti nella struttura da 27 posti. Gli ospiti in totale erano 71. Ed è bastato fare un conticino per capire che, come ha annotato il gip, «non tutti i migranti disponevano di un letto a uso esclusivo». Nel maggio 2015 Ottorino Santetti, parlando al telefono con un consulente, a proposito di una delle strutture che gestiva a Lastra a Signa,dice di averci messo «parecchi» migranti: «Più di quanto pensa lei». E alle insistenze risponde: «Lei pensi a un numero... di più».
La seconda regola era tagliare sul vitto. A partire dal cibo, insufficiente e qualche volta anche avariato. «Il frigorifero a nostra disposizione era sempre vuoto», ha fatto mettere a verbale un migrante. Gli operatori, stando alle testimonianze, portavano il cibo una volta al giorno o, addirittura, una volta a settimana. «E se non bastava», è il racconto degli ospiti, «dovevano provvedere da soli».
Terza regola: niente detersivi e tagli sulle pulizie. Le condizioni igieniche delle strutture, a sentire i rifugiati, erano terribili. Le lenzuola non venivano cambiante anche per tre mesi di fila e i rifiuti erano smaltiti direttamente da loro, costretti anche a fare le pulizie della struttura, i cui locali non erano mai stati disinfestati. «A volte», sostiene un migrante, «eravamo costretti a lavare solo con l'acqua perché non c'erano detersivi».
Quarta regola: aggirare i controlli. Un pakistano ha raccontato: «Prima che arrivasse l'ispezione passava una persona che toglieva un letto per camera e mandava via una persona per stanza. Sistemano tutta la casa in modo da fare apparire che noi stiamo bene».
Quinta regola: meno si offre ai migranti, più cresce il tesoretto che resta alla coop. Anche sulle schede telefoniche concesse ai rifugiati i conti non tornano: la cooperativa avrebbe fornito tessere del valore adeguato solo a 116 persone, rispetto alle 791 che il Cenacolo ha ospitato. Tagli anche sull'abbigliamento: la spesa era pari a 5,66 euro per migrante. La regola d'oro era, però, incassare i pocket money al posto dei richiedenti asilo. Gli investigatori ritengono di aver accertato che in alcuni casi gli indagati hanno trattenuto i fondi anche per sei mesi di fila. «Cialtronaggine», dicono loro. Ma si è scoperto che il ritiro è stato certificato con firme false.
Fabio Amendolara
«Dite alla coop della perquisizione»
Sta facendo molto discutere lo stralcio di intercettazione in cui l'ex prefetto di Padova, Patrizia Impresa, in un dialogo con l'allora vice prefetto vicario di Padova, Pasquale Aversa, delegato ad occuparsi dell'accoglienza dei migranti, afferma: «È vero che ne abbiamo fatte di porcherie, però quando le potevamo fare». Le indagini riguardano la cooperativa Ecofficina Educational, poi Edeco, che, proprio grazie all'accoglienza dei migranti, ha visto aumentare il proprio fatturato dal 2014 ad oggi. La coop gestisce, tra gli altri, i Cpt di Bagnoli e Cona e in una intercettazione rimarca ai funzionari prefettizi la necessità di «far quadrare i conti».
Il 29 agosto scorso, La Verità aveva raccontato lo scandalo di questa coop, capace di tenere i migranti in condizioni agghiaccianti, con rischi di epidemie e casi di prostituzione all'interno delle strutture ricettive. Ora su Impresa - che comunque non risulta indagata - emergono nuovi particolari: sembra infatti che l'ex prefetto, insieme allo stesso Aversa, si sia preoccupato di avvertire Simone Borile, responsabile della cooperativa Edeco (ex Ecofficina) di una perquisizione nel centro di Bagnoli da parte dei carabinieri su ordine del pm Federica Baccaglini. Lo scrive Il Gazzettino, citando altri stralci delle intercettazioni, in cui l'ex prefetto, parlando con il suo vicario, avrebbe detto: «Vuoi avvisare....». Aversa, indagato insieme ad un'altra funzionaria della prefettura che ora si trova a Bologna, le avrebbe risposto: «Ecofficina... Lo devo avvisare». «Eh... io direi di sì! Questi stanno arrivando... se non è già arrivata una squadra di... di agenti speciali... quelli del lavoro», replica la Impresa.
Nuove intercettazioni imbarazzanti, dopo quella sulle «porcherie» che ha creato un vero caso politico. Sul tema è intervenuto anche il ministro dell'Interno, Matteo salvini: «Il governo di centrosinistra negava l'emergenza sbarchi, ma poi scaricava il problema sui prefetti e li costringeva a spostare i clandestini da un comune all'altro, come nel gioco delle tre carte, per non irritare sindaci del Pd, ministri in visita o presidenti Anci del Pd. È il quadro vergognoso che emerge dall'inchiesta di Padova».
Quanto a lei, la Impresa ha commentato: «Sono amareggiata, ma assolutamente certa della correttezza dei miei comportamenti. Quelle frasi fanno parte di un carteggio di centinaia di pagine ampiamente esaminato dall'autorità giudiziaria». Secondo l'ex prefetto, «non è stato capito che proprio l'utilizzo anche di termini forti come la parola, per esempio, “schifezza", che viene riportata, era un termine forte ma, in un momento in cui lo stavo esprimendo, in una conversazione assolutamente avulsa da tematiche relative alla gestione dei migranti, era una critica. Una critica forse anche nei confronti di me stessa, ed è per questo che mi sono lasciata andare in termini forti. In me rimane la convinzione di aver comunque operato bene».
La Impresa ha precisato di aver usato quel termine «non certo per identificare illeciti o fatti vergognosi, ma perché la gestione del fenomeno degli sbarchi negli scorsi anni ha talvolta richiesto, a chi come me aveva la responsabilità di rappresentare il governo sul territorio, di assumere decisioni difficili e non sempre coerenti con i propri principi e convincimenti, atti però necessari, inevitabili per il momento in cui sono stati attuati e doverosi per l'ufficio che ricoprivo e ricopro».
Adriano Scianca
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In un'inchiesta fiorentina una vera summa dei metodi usati per lucrare sui richiedenti asilo, dal cibo scaduto alle minacce.«Dite alla coop della perquisizione». Nuove intercettazioni imbarazzanti per l'ex prefetto di Padova, Patrizia Impresa. In una telefonata, chiese di avvertire i dirigenti di Ecofficina dei controlli in arrivo.Lo speciale contiene due articoli.I bandi della prefettura prevedevano addirittura che, oltre al servizio di pulizie in camera, ai migranti le coop avrebbero dovuto somministrare solo acqua minerale. Serviti e riveriti, però, di certo non erano. E l'altro giorno la Procura di Firenze ha fatto notificare un'ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari per due gestori di strutture per l'accoglienza fiorentine e di sospensione per due amministratori di coop. Siccome gli ospiti conoscevano bene i contenuti dei capitolati di gara, le lamentele nei confronti dei gestori dei centri d'accoglienza erano continue. Le proteste, che a volte appaiono, però, anche come delle vere e proprie pretese, si sono materializzate nei verbali raccolti dai carabinieri. L'altra faccia della stessa medaglia è questa: i militari, entrando nelle strutture, hanno scoperto che non si trattava di piccole irregolarità, ma che era in atto una frode nelle forniture pubbliche. E tra le pagine dell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Firenze è possibile individuare un vero e proprio manuale dell'arricchimento sulla pelle dei migranti, messo a punto da alcune coop cattoliche i cui vertici vengono indicati dalla stampa locale come vicini al Partito democratico. Un'unica inchiesta racconta quello che nel corso degli anni hanno rivelato decine e decine di indagini sull'accoglienza. Locali non a norma, 69 richiedenti asilo in una struttura che ne avrebbe potuti ospitare al massimo 27, letti a castello piazzati perfino in cucina, cibo avariato o scaduto nelle dispense, bagni non disinfettati, lenzuola mai cambiate, ospiti obbligati dietro minaccia a fare le pulizie. E la minaccia era quella di finire in un posto peggiore, distante da Firenze. Ma, soprattutto, pur di fare il massimo del business, secondo l'accusa, i gestori intascavano anche i pocket money dei migranti, lasciandoli completamente al verde. E così due soci amministratori della Eurotravel, la ditta che forniva le strutture per l'accoglienza, l'ottantaquattrenne Ottorino Santetti e suo figlio Davide, sono finiti ai domiciliari con l'accusa di frode in forniture pubbliche. Per i presidenti delle coop che si erano aggiudicate i bandi della Prefettura, invece, Matteo Conti della Cenacolo Onlus e Lorenzo Terzani del Consorzio Coeso (una rete di coop sociali con oltre 3.000 lavoratori, quasi 1.700 soci e un fatturato di quasi 100 milioni l'anno), è scattata l'interdizione dagli incarichi. Insieme a loro è indagata anche Maria Grazia Scacciati, moglie di Santetti e titolare della Eurotravel. La prima regola del manuale, che emerge dall'ordinanza era questa: infilare più persone possibili nelle stanze. In un ex albergo di via Chiantigiana all'Impruneta, gestito dal Cenacolo, nell' aprile 2017 i carabinieri della compagnia di Signa, hanno trovato i famosi 69 letti nella struttura da 27 posti. Gli ospiti in totale erano 71. Ed è bastato fare un conticino per capire che, come ha annotato il gip, «non tutti i migranti disponevano di un letto a uso esclusivo». Nel maggio 2015 Ottorino Santetti, parlando al telefono con un consulente, a proposito di una delle strutture che gestiva a Lastra a Signa,dice di averci messo «parecchi» migranti: «Più di quanto pensa lei». E alle insistenze risponde: «Lei pensi a un numero... di più».La seconda regola era tagliare sul vitto. A partire dal cibo, insufficiente e qualche volta anche avariato. «Il frigorifero a nostra disposizione era sempre vuoto», ha fatto mettere a verbale un migrante. Gli operatori, stando alle testimonianze, portavano il cibo una volta al giorno o, addirittura, una volta a settimana. «E se non bastava», è il racconto degli ospiti, «dovevano provvedere da soli».Terza regola: niente detersivi e tagli sulle pulizie. Le condizioni igieniche delle strutture, a sentire i rifugiati, erano terribili. Le lenzuola non venivano cambiante anche per tre mesi di fila e i rifiuti erano smaltiti direttamente da loro, costretti anche a fare le pulizie della struttura, i cui locali non erano mai stati disinfestati. «A volte», sostiene un migrante, «eravamo costretti a lavare solo con l'acqua perché non c'erano detersivi».Quarta regola: aggirare i controlli. Un pakistano ha raccontato: «Prima che arrivasse l'ispezione passava una persona che toglieva un letto per camera e mandava via una persona per stanza. Sistemano tutta la casa in modo da fare apparire che noi stiamo bene».Quinta regola: meno si offre ai migranti, più cresce il tesoretto che resta alla coop. Anche sulle schede telefoniche concesse ai rifugiati i conti non tornano: la cooperativa avrebbe fornito tessere del valore adeguato solo a 116 persone, rispetto alle 791 che il Cenacolo ha ospitato. Tagli anche sull'abbigliamento: la spesa era pari a 5,66 euro per migrante. La regola d'oro era, però, incassare i pocket money al posto dei richiedenti asilo. Gli investigatori ritengono di aver accertato che in alcuni casi gli indagati hanno trattenuto i fondi anche per sei mesi di fila. «Cialtronaggine», dicono loro. Ma si è scoperto che il ritiro è stato certificato con firme false.Fabio Amendolara<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-perfetto-manuale-per-fare-i-soldi-grazie-allaccoglienza-degli-immigrati-2601077884.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="dite-alla-coop-della-perquisizione" data-post-id="2601077884" data-published-at="1765400694" data-use-pagination="False"> «Dite alla coop della perquisizione» Sta facendo molto discutere lo stralcio di intercettazione in cui l'ex prefetto di Padova, Patrizia Impresa, in un dialogo con l'allora vice prefetto vicario di Padova, Pasquale Aversa, delegato ad occuparsi dell'accoglienza dei migranti, afferma: «È vero che ne abbiamo fatte di porcherie, però quando le potevamo fare». Le indagini riguardano la cooperativa Ecofficina Educational, poi Edeco, che, proprio grazie all'accoglienza dei migranti, ha visto aumentare il proprio fatturato dal 2014 ad oggi. La coop gestisce, tra gli altri, i Cpt di Bagnoli e Cona e in una intercettazione rimarca ai funzionari prefettizi la necessità di «far quadrare i conti». Il 29 agosto scorso, La Verità aveva raccontato lo scandalo di questa coop, capace di tenere i migranti in condizioni agghiaccianti, con rischi di epidemie e casi di prostituzione all'interno delle strutture ricettive. Ora su Impresa - che comunque non risulta indagata - emergono nuovi particolari: sembra infatti che l'ex prefetto, insieme allo stesso Aversa, si sia preoccupato di avvertire Simone Borile, responsabile della cooperativa Edeco (ex Ecofficina) di una perquisizione nel centro di Bagnoli da parte dei carabinieri su ordine del pm Federica Baccaglini. Lo scrive Il Gazzettino, citando altri stralci delle intercettazioni, in cui l'ex prefetto, parlando con il suo vicario, avrebbe detto: «Vuoi avvisare....». Aversa, indagato insieme ad un'altra funzionaria della prefettura che ora si trova a Bologna, le avrebbe risposto: «Ecofficina... Lo devo avvisare». «Eh... io direi di sì! Questi stanno arrivando... se non è già arrivata una squadra di... di agenti speciali... quelli del lavoro», replica la Impresa. Nuove intercettazioni imbarazzanti, dopo quella sulle «porcherie» che ha creato un vero caso politico. Sul tema è intervenuto anche il ministro dell'Interno, Matteo salvini: «Il governo di centrosinistra negava l'emergenza sbarchi, ma poi scaricava il problema sui prefetti e li costringeva a spostare i clandestini da un comune all'altro, come nel gioco delle tre carte, per non irritare sindaci del Pd, ministri in visita o presidenti Anci del Pd. È il quadro vergognoso che emerge dall'inchiesta di Padova». Quanto a lei, la Impresa ha commentato: «Sono amareggiata, ma assolutamente certa della correttezza dei miei comportamenti. Quelle frasi fanno parte di un carteggio di centinaia di pagine ampiamente esaminato dall'autorità giudiziaria». Secondo l'ex prefetto, «non è stato capito che proprio l'utilizzo anche di termini forti come la parola, per esempio, “schifezza", che viene riportata, era un termine forte ma, in un momento in cui lo stavo esprimendo, in una conversazione assolutamente avulsa da tematiche relative alla gestione dei migranti, era una critica. Una critica forse anche nei confronti di me stessa, ed è per questo che mi sono lasciata andare in termini forti. In me rimane la convinzione di aver comunque operato bene». La Impresa ha precisato di aver usato quel termine «non certo per identificare illeciti o fatti vergognosi, ma perché la gestione del fenomeno degli sbarchi negli scorsi anni ha talvolta richiesto, a chi come me aveva la responsabilità di rappresentare il governo sul territorio, di assumere decisioni difficili e non sempre coerenti con i propri principi e convincimenti, atti però necessari, inevitabili per il momento in cui sono stati attuati e doverosi per l'ufficio che ricoprivo e ricopro». Adriano Scianca
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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