2020-12-22
Il Pd obbliga i suoi a versare l’obolo. E la tariffa del 15% è nero su bianco
Ugo Sposetti, storico tesoriere dei Ds, e Francesco Bonifazi, ex tesoriere del Pd (Ansa)
Polemiche circa la presunta tassa sui compensi chiesta dalla Lega ai nominati negli enti pubblici. Per i dem, però, è una prassi consolidata. Come si legge, ad esempio, sul regolamento finanziario del partito a Cremona.«Nei grandi partiti di massa è giusto per chi viene nominato versare un contributo, sennò c'è il rischio che il partito sia solo degli eletti. Sono regole basilari della democrazia». Ugo Sposetti, storico tesoriere dei Ds, non ha molta voglia di sentir parlare delle polemiche sul famigerato 15% che nel 2001 la Lega avrebbe iniziato a chiedere a chi riceveva un incarico in aziende statali o in parlamento. A sostenerlo sono ex segretarie del vecchio leader Umberto Bossi, un modus operandi che sarebbe poi collegato all'ultima inchiesta su Lombardia Film Commission. «Mi sembrano storie vecchie e confuse», dice Sposetti a La Verità, «è evidente che chi è iscritto alla bocciofila deve rispettare le regole. Se manca la sabbia bisogna comprarla…».Del resto lo stesso ex tesoriere dei Ds è stato in passato uno dei sostenitori dei pagamento dell'obolo al partito da parte di iscritti e candidati. Nel 2005 propose anche di chiedere 60.0000 euro a tutti quelli in lista, scatenando le proteste di chi si trovava in fondo e temeva di non riuscire a conquistare un seggio in Parlamento. Persino lo storico segretario del Pci Enrico Berlinguer, sostenitore della questione morale, ebbe non pochi problemi nella gestione finanziaria del partito. Lo ha spiegato molto bene Ugo Finetti nel libro Botteghe Oscure. Il Pci di Berlinguer & Napolitano (edizioni Ares), raccontando le direzioni in Botteghe Oscure tra gli anni Sessanta e Ottanta.Anche all'epoca si discuteva tanto di soldi e persino di «fondi in nero» che spesso erano circa il 67,7% del totale. Lo stesso Berlinguer, preoccupato, disse durante la direzione del 28 settembre 1979 una frase emblematica: «Dire la verità al partito? Non possiamo mettere tutte le cifre in piazza». E pensare che il Pci del 2020, scomparso dalle cabine elettorali ma ancora vivo, prevede nel suo statuto che «le compagne e i compagni che godono del vitalizio per aver coperto una carica istituzionale su mandato del partito sono tenuti a contribuire all'autofinanziamento con il versamento di almeno il 20% mensile della somma che ricevono».Tutt'ora il Partito democratico prevede a livello territoriale il versamento di un obolo da parte degli iscritti. Il sistema costruito negli anni dagli ex tesorieri, tra cui Francesco Bonifazi rinviato a giudizio per finanziamento illecito, è complesso. Nello statuto nazionale, infatti, si parla di finanziamento tramite «erogazioni liberali degli eletti e […] provenienti dalle campagne di autofinanziamento». Poi si demanda tutto alle segreterie regionali e provinciali che «hanno una propria autonomia patrimoniale». A livello regionale però l'erogazione non è più così libera. Nello statuto del Pd laziale si legge: «Gli eletti a tutti i livelli sono tenuti a contribuire al finanziamento del Partito secondo le disposizioni ed i regolamenti vigenti o che saranno assunti dai corrispondenti livelli di direzione politica. L'eventuale inadempimento a tale obbligo preclude la possibilità di ricandidare l'eletto a qualsiasi carica istituzionale o di partito». Così come nello statuto del Pd di Roma dove l'articolo 29 aggiunge anche: «Il mancato versamento dei contributi per tre mesi consecutivi comporterà la decadenza da ogni organo di partito». Scendendo ancora di più a livello locale le richieste sono ancora più specifiche. E chiariscono che a versare i contributi debba essere anche chi viene nominato in organismi, quindi società a partecipazione pubblica. Nel regolamento finanziario del Pd di Cremona, per esempio, articolo 7, si legge: «[…] In particolare i parlamentari nazionali, europei ed i consiglieri e/o assessori regionali, il sindaco e gli assessori del Comune capoluogo, il presidente della Provincia, gli assessori ed i consiglieri provinciali iscritti al Partito democratico, nonché gli aderenti nominati in altri organismi, contribuiscono alla vita ed alla attività della struttura provinciale del Pd di Cremona. La percentuale di versamento viene fissata nella misura del 15% netto». Il Pd quindi prevede in un proprio regolamento la quota del 15% per chi viene eletto o nominato, una tassa che invece non è prevista né dallo statuto della vecchia Lega Nord né da quello della Lega Salvini premier. In Lombardia è scoppiata una polemica tra il Movimento 5 stelle regionale e il Pd sul tema. I dem sono cauti sulle polemiche legate al 15% della Lega pubblicate sul Fatto Quotidiano. Marco Degli Angeli, consigliere M5s, si domanda infatti se «i nominati nelle società pubbliche che dovrebbero svolgere un'attività di natura tecnica e dare un servizio pubblico sono scelti in base a quanto versano nelle casse del partito o in base alla competenza? Decine di regolamenti provinciali del Pd raccontano la stessa cosa. Se vieni nominato, sei gentilmente «invitato» a versare una quota mensile... 10, 15% poco cambia. Queste finte donazioni sono, in realtà, un vero e proprio finanziamento pubblico al partito, scritto e sottoscritto nero su bianco, a spese del contribuente». Eppure ci sarebbe da discutere anche sul metodo di finanziamento dei grillini, dal momento che il Movimento è iscritto al registro dei partiti ed ha un bilancio praticamente inesistente. Mentre le attività di Rousseau, le varie manifestazioni e le campagne elettorali hanno dei costi e qualcuno li dovrà pure sostenere e, teoricamente, rendicontare.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)