2020-10-04
Il Pd in piazza tifa il processo all’opposizione
Da sinistra, Antonio Tajani, Giorgia Meloni e Matteo Salvini (Ansa)
Sono al governo e si lamentano della Bielorussia, poi manifestano davanti al tribunale contro il rivale politico. La sinistra resta giustizialista e si aggrappa a un procedimento originato da un voto d'aula. Ma non funziona più: ai cortei erano in pochi.Il fattore G alla riscossa. Nella sinistra italiana l'opzione giudiziaria è come la cavalleria di Napoleone, nascosta nel bosco in attesa del momento giusto per colpire. Fu così per Bettino Craxi, è stato così per Silvio Berlusconi. E poiché sistema che vince non si cambia, Catania diventa il teatro dell'ennesima rappresentazione con Matteo Salvini bersaglio da eliminare a colpi di sentenze. È un giorno triste per la politica del nostro Paese, emarginata dall'estremismo così ben sintetizzato dal conduttore-comico Claudio Sabelli Fioretti durante Stasera Italia su Retequattro: «Io Salvini lo processerei e lo condannerei sempre. Qualunque cosa dica o faccia». Una volta si chiamava giustizia sommaria, adesso per i titani del pensiero progressista (da Michele Serra a Gianrico Carofiglio passando per Sandro Veronesi e Vauro) va considerata «giustizia poetica». L'importante non è il capo d'imputazione surreale ma il godimento nel veder annientare un leader che non si riesce a vincere per via elettorale, l'unica prevista da un sistema democratico. E allora va bene pure il Cessna noleggiato che sorvola Catania con dietro lo striscione: «Ti aspettiamo a celle aperte». La sinistra giustizialista ha anche l'aviazione.La rappresentazione più disarmante va in scena davanti al tribunale, dove la sezione catanese del Pd decide di partecipare alle manifestazioni contro l'imputato - una recita che non si vede più neanche nei film carcerari di Hollywood - con la contraddittoria motivazione di voler «sostenere i diritti umani». I rappresentanti locali del partito più strutturato al governo sono in prima fila e fanno un tifo da curva per far condannare il capo dell'opposizione. In Bielorussia avrebbero molto da imparare. Poco importa se i solitamente loquaci Nicola Zingaretti, Andrea Orlando e il Comitato centrale al completo tacciono. È lampante il desiderio represso di raccogliere il dividendo politico del gioco al massacro. L'unico a uscire allo scoperto è Peppe Provenzano, ministro per il Sud, infastidito dalla presenza in Sicilia dei leader del centrodestra: «La destra si è riunita a Catania per far pressione sui giudici». Gli stessi che avrebbero archiviato da mesi se lui e il suo partito non avessero votato una surreale autorizzazione a procedere. Dopo la decisione del gup di coinvolgere come testi anche Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Danilo Toninelli, l'imbarazzo del Pd dovrebbe essere perfino maggiore. Ora sono alleati di ferro e prenderne eventualmente le distanze diventerebbe un boomerang. Questo è un procedimento rimasto senza padri, con solo risvolti politici e nessuno giudiziario; sono proprio i pm a desiderare ardentemente di starne alla larga. Così l'udienza si celebra per strada dove ben quattro manifestazioni della sinistra - da quella della Cgil a quella delle femministe passando per centri sociali e sfaccendati libertari a senso unico - si susseguono per provare a dare un senso di piazza a ciò che non ne ha per i codici. «Alla fine il colpo è riuscito con Berlusconi, vuoi vedere che va bene un'altra volta?». La donna che butta lì la frase è scatenata in prima fila e scandisce: «Salvini merda, è la nostra sentenza». «I soli confini da difendere sono quelli dell'umanità». I buoni parlano sempre in punta di diritto mentre sventolano le bandiere rosse e quelle del Venezuela. Sono quattro gatti, che moltiplicati per quattro cortei fanno sedici. Diventano tanti solo nella distorta bolla dei social. Li chiamano antagonisti, in realtà sono la guardia repubblicana del Pd. Alcuni di loro si staccano e vanno a polemizzare con i supporter di Salvini, arrivati in delegazione da molte città d'Italia; si rischia la scintilla, ma nessuno vuole assumersi la responsabilità della prima sberla. Prima dell'�udienza in Tribunale, il leader leghista ha incassato anche il sostegno e la solidarietà di Giorgia Meloni e Antonio Tajani, giunti a Catania a dimostrare l'unità del centrodestra.Non sempre, comunque, il fattore G funziona, prima o poi si finisce a Waterloo. E i cittadini non hanno l'anello al naso. «Catania provincia di Pontida», scrive il Corriere della Sera che non può essere sospettato di sovranismo. Sono in tanti a sostenere l'imputato nordista. «Matteo voleva liberarci, lasciatelo libero», è il mantra dell'uomo della strada che i talk show non intervistano mai. Il Cara di Mineo è poco distante, qui lo scempio sociale dell'immigrazione incontrollata è un dramma che porta paura e violenza. Qui non c'è neppure il miraggio delle prebende governative perché le associazioni cattoliche e le cooperative rosse che campano sul business dell'immigrato sono al nord e al centro Italia. E il «Processate anche me» che i leghisti in trasferta scandiscono per il loro leader è condiviso dalla maggioranza silenziosa di una città stanca di vedere i problemi veri (disoccupazione, degrado delle periferie, mafia strisciante ma pervasiva) derubricati a folclore per lasciare spazio al circo del migrante. Il silenzio pirandelliano del Pd vale poco perché la pièce teatrale di Catania ha un autore, il parlamento a maggioranza. E se il comportamento dei neofiti grillini può essere derubricato a infantilismo poco responsabile, la volontà di eliminare per via giudiziaria il principale avversario politico è ancora una volta una caratteristica fondante del Pd della cupa sinistra dem composta da intellettuali, giornalisti e comici ancora fermi davanti alla porta della Lubianka. Con un campione assoluto, Matteo Renzi, piccolo Berija con la pretesa di guidare il centro moderato liberale titillando la pancia di Erinni invecchiate male, centri sociali e Carc. Non a caso è mister tre per cento.
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)
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Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)