2022-08-31
Il Pd ha affossato il piano di un gasdotto per unire Algeria, Toscana e Sardegna
Nel 2014 i dem, che oggi vogliono dare lezioni al centrodestra, fecero saltare il Galsi mentre stringevano accordi con Mosca.C’era una volta un gasdotto mai nato. Che dimostra come il Pd oggi pretenda di risolvere i problemi del gas che ha contribuito a creare. Ma anche come sia esilarante vedere i dem accusare il centrodestra di tifare per Vladimir Putin quando meno di dieci anni fa correvano a baciargli la pantofola. Ma torniamo al gasdotto. O meglio, al progetto Galsi (Gasdotto Algeria-Sardegna-Italia) che avrebbe dovuto portare il gas algerino in Europa passando per la Sardegna e realizzando una condotta sottomarina di 284 chilometri con una profondità massima di ben 2.880 metri. Dal porto di Koudiet Draouche, nel Nord Est dell’Algeria, il condotto sarebbe dovuto giungere a Porto Botte, nel comune di Giba, per poi attraversare tutta l’isola fino ad Olbia. Infine, da Olbia sarebbe dovuto partire un altro metanodotto sottomarino fino a Piombino, dove sarebbe avvenuto il collegamento con la rete nazionale italiana per consentire a regime l’importazione di circa 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno.Usiamo il condizionale, perché il gasdotto non è stato mai completato come ricostruisce in un interessante articolo del 4 marzo il sito sardo Cagliaripad. Il motivo? Colpa dell’offensiva del colosso Gazprom che voleva mantenere le quote di gas russo in Europa, secondo l’economista algerino Abderrahmane Mebtoul intervistato dalla agenzia di stampa Nova. Dopo l’invasione dell’Ucraina, a fine febbraio, il sito d’informazione algerino Algérie Patriotique aveva scommesso, citando fonti italiane, su un possibile rilancio del progetto anche «per sostenere in modo sostanziale e significativo i rapporti bilaterali con l’Italia». Venivano anche ricordate le lettere di intenti siglate nel marzo 2005 a Milano con l’obiettivo di finalizzare gli accordi per l’avvio dei lavori del gasdotto. Una di queste, firmata dall’allora presidente della Regione sarda Renato Soru, faceva riferimento a una quantità «sino a 2 miliardi di metri cubi» di gas da utilizzare nell’isola. Le condizioni di vendita avrebbero dovuto essere negoziate in un contratto successivo che avrebbe fissato la durata, il prezzo di vendita, le quantità annuali, la pressione e le forniture orarie del gas, insieme alle altre clausole di un accordo. Era stato anche costituito un consorzio societario, con un capitale di 10 milioni, composto da Sonatrach (Algeria), Edison, Enel, la finanziaria Sfirs controllata dalla Regione Sardegna e il gruppo Hera. Tutto sembrava cosa fatta e anche l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy aveva annunciato l’impegno della Francia a collegare la Corsica al gasdotto Galsi. Nel 2014, però, viene sospeso «sine die». Il 13 maggio di otto anni fa la giunta della Regione Sardegna, guidata al tempo dal governatore Francesco Pigliaru del Pd (eletto a metà febbraio), delibera l’uscita dalla finanziaria regionale Sfirs e dunque anche dal consorzio Galsi mettendo una pietra sopra al gasdotto. E ipotizzando soluzioni alternative finora, però, mai realizzate. Presidente del Consiglio, in quei giorni, è Matteo Renzi, arrivato a Palazzo Chigi il 22 febbraio del 2014 al posto di Enrico Letta, e nello stesso periodo anche segretario del Partito democratico. All’attuale leader di Italia viva va riconosciuto che è stato uno dei pochi ad aver fatto una battaglia sulle trivelle, condotta però quando era già fuori dal Nazareno. Va, inoltre, ricordato che il 23 maggio 2014 (dunque dieci giorni dopo lo stop della giunta sarda al Galsi) l’ad di Gazprom, Alexey Miller, e quello dell’Eni, Claudio Descalzi, firmano un accordo sulla revisione dei contratti di approvvigionamento del gas i cui termini si applicavano retroattivamente dall’inizio del 2014.Altra parentesi: l’8 febbraio del 2014 Enrico Letta, al tempo presidente del Consiglio, prima di ricevere lo #staisereno di Renzi, vola a Sochi dove i Giochi invernali aperti da Putin diventano anche l’occasione per consolidare il progetto olimpico italiano per il 2024. L’inaugurazione registra la defezione dei principali leader occidentali - come Barack Obama, François Hollande, Angela Merkel e David Cameron - per protestare contro una politica russa repressiva nei confronti degli omosessuali. Ma Letta c’è. Poche settimane dopo, il 20 febbraio 2014, il Cremlino occupa la Crimea. Eppure l’Italia non comincia a ridurre la dipendenza energetica da Mosca, anzi l’aumenta (lo ha trovato «incredibile» lo stesso Mario Draghi) con i risultati che si vedono oggi. In quei mesi del 2014 che seguono l’invasione russa nel risiko geopolitico l’Italia assume una posizione intermedia. Palazzo Chigi solidarizza con gli Usa e con la Nato, di cui è parte integrante, partecipa al dibattito europeo, sposando le tesi moderate di Berlino, ma tiene aperto un canale di dialogo con la Russia anche attraverso l’Eni. Certo, era un altro mondo. Ma se oggi siamo in queste condizioni è anche per una serie di problemi creati dal Pd. Per altro, sempre sotto l’occhio benaugurante di Romano Prodi, che con Putin a quei tempi aveva un’intesa speciale. Lo stesso Pd che ha bloccato il gasdotto Galsi in Sardegna, che a livello toscano ora temporeggia su Piombino (dopo aver già fatto danni sull’acciaieria) e chiede che il rigassificatore sia sottoposto a una valutazione di impatto ambientale passando dall’agenda Draghi all’agenda Fratoianni-Bonelli. E che oggi con il solito Letta dà lezioni sul gas. Il copyright è di Daniele Capezzone, ma per chiudere gli rubiamo la battuta che ci sembra calzante: hanno la faccia come il Tap.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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