2019-10-29
Il Pd è allo sbando. Zingaretti si rimangia l’inciucio di agosto: «Io ve l’avevo detto»
Il segretario ha stretto il patto con M5s però, ora che è arrivata la mazzata, ricorda a tutti che lui era contrario. Ma non dà idee.Il Bullo vola negli Usa a fare conferenze e gongola: «Chi dà sempre colpe a me sbaglia».Lo speciale contiene due articoli. Nicola Zingaretti, il giorno dopo il crollo dell'alleanza giallorossa in Umbria, ha l'ingrato compito di cercare di tenere unito ciò che unito non è, ovvero quel che resta del Pd, di cui è segretario. Mai così sinistrati, i big o presunti tali del partito tornano a dividersi: c'è chi - come Dario Franceschini e Francesco Boccia - non mette in discussione l'alleanza con il fu M5s; altri, come Andrea Marcucci, capogruppo al Senato, sono invece dell'idea che bisogna metterci una pietra sopra. Lui, Zingaretti, alterna acrobaticamente riflessioni ottimiste a considerazioni critiche, attaccando prima Matteo Renzi e poi Luigi Di Maio. Ieri mattina, Zingaretti su Facebook ha pubblicato un post che dice tutto e niente, scaricando la colpa della sconfitta sull'avversario numero uno: Renzi. «In Umbria», scrive il segretario del Partito democratico, «abbiamo subìto una sconfitta ed esce confermata la forza dell'alleanza della destra italiana radicata nel sentimento popolare. Il Partito democratico si attesta al 22.3%, dopo una scissione e, considerando la presenza alle europee di altre forze politiche, ritengo questo come un risultato di tenuta. Lo affermo», aggiunge Zingaretti, «non per scaricare responsabilità su qualcuno, ma per comprendere cosa è avvenuto. Da qui si riparte. Questo dato conferma il Pd come l'unico credibile pilastro di un'alternativa alle destre». E ancora: «Anche il rapporto con il M5s», precisa Zingaretti, che ha sentito al telefono Luigi Di Maio e Giuseppe Conte, «con il quale governiamo, va inserito in questo schema di confronto, non per esaltare le differenze ma per trovare sintesi vere e verificando, territorio per territorio, la possibilità di convergenze, senza imporre nulla». Convergenze parallele con il M5s? Zingaretti ricorda che, fosse stato per lui, il governo giallorosso non sarebbe mai nato, ammettendo quindi implicitamente che, visto che è nato, sarà pure il segretario del Pd ma la sua opinione conta poco: «Ad agosto», ricorda Zingaretti, «avevo sollevato perplessità sulla percorribilità di un'alleanza di governo con il M5s. Abbiamo poi costruito una linea unitaria, difficile, di cui ovviamente mi assumo oggi tutte le responsabilità. Ma è ovvio che occorre voltare pagina. Mi auguro una nuova solidarietà nella coalizione e nella compagine del governo Conte che non può essere un campo di battaglia quotidiana. Una maggioranza non può esistere per paura di Salvini, per evitare il voto dei cittadini o aspettare le nomine degli enti per occupare poltrone», sottolinea, con la prima stoccata a Renzi. «Dobbiamo costruire speranze», monita il segretario del Pd, «non alimentare polemiche. Non si può governare tra avversari e nemici. Nessun membro dell'alleanza può augurarsi o lavorare per la distruzione dell'altro. L'alleanza», sottolinea Zingaretti, «ha senso solo ed esclusivamente se vive in questo comune sentire delle forze politiche che ne fanno parte, altrimenti la sua esistenza è inutile e sarà meglio trarne le conseguenze».In serata, da Frosinone, Zingaretti fa la voce grossa con Luigi Di Maio, come riporta Ciociaria Oggi :«Se Di Maio», attacca il segretario dei democratici, «vuole andare avanti da solo con l'8%, con le destre che raggiungono il 48%, può farlo senz'altro. Nel caso cosa dirgli, auguri!».Un colpo di qua, uno di là: Zingaretti deve fare i conti con un partito lacerato. Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato, alimenta il sospetto di essere rimasto nel partito solo per rompere le scatole dall'interno, facendo il gioco del suo grande amico Matteo Renzi: «È una sconfitta evidente», sottolinea Marcucci, «che non avrà conseguenze sul governo, ma impone una riflessione ben più approfondita sulle alleanze. Il matrimonio tra Pd e M5s in Umbria mette in evidenza tutti i limiti di alleanze costruite all'ultimo minuto e senza contenuti. Mi auguro che in vista delle prossime regionali», aggiunge Marcucci, «il Pd discuta meglio con i territori se sia o meno il caso di presentarsi in coalizione. Meglio misurare il rapporto col M5s al governo e solo dopo decidere cosa fare».Per Marcucci, quindi, mai più alleanze col M5s. Di parere totalmente opposto Dario Franceschini, ministro dei beni culturali e sponsor numero uno del patto giallorosso: «Non mi sembra particolarmente acuta», scrive Franceschini su Twitter, «l'idea che poiché anche presentandoci insieme abbiamo perso l'Umbria, è meglio andare divisi alle prossime regionali. L'onda di destra si ferma con il buon governo e con l'allargamento e l'apertura delle alleanze, non di certo ridividendoci». «Esorto tutti, Di Maio compreso», sottolinea il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, «ad avere coraggio e andare avanti perché il Paese ha bisogno di un fronte alternativo. Io sono convinto di questo, dobbiamo andare avanti». Fino a quando? Come anticipato dalla Verità, il progetto di Zingaretti è far cadere il governo subito dopo la manovra, al più tardi dopo le elezioni regionali di gennaio in Emilia Romagna. Il superflop dell'Umbria ha rafforzato questa prospettiva. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-pd-e-allo-sbando-zingaretti-si-rimangia-linciucio-di-agosto-io-ve-lavevo-detto-2641140827.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="renzi-non-ha-aiutato-i-suoi-alleati-e-ora-li-sfotte-perche-hanno-perso" data-post-id="2641140827" data-published-at="1757808109" data-use-pagination="False"> Renzi non ha aiutato i suoi alleati e ora li sfotte perché hanno perso Forse è una coincidenza, forse no. Resta il fatto che, stavolta, la formula di saluto «Un sorriso, Matteo», con cui Renzi ha chiuso la sua newsletter dedicata al naufragio dei giallorossi in Umbria, sembra quasi una beffa. Lo immaginiamo infatti il «sorriso» dell'ex premier alla notizia dello schianto del Pd e del M5s alle regionali di domenica. Lui che è stato attentissimo a tenersi fuori dall'ammucchiata celebrata con la foto di Narni. Una immagine che, spiega l'ex Rottamatore, «non ha aiutato a vincere». Semmai il contrario. Anche perché, secondo Renzi, l'affermazione del centrodestra in Umbria era un risultato «previsto». Dunque, Matteo ha deliberatamente lasciato che i suoi alleati di governo andassero a finire contro un muro senza provare minimamente imbarazzo. Salendo per di più in cattedra a ricordarglielo, il giorno dopo lo scontro. «Credo sia stato un errore politico drammatizzare il voto di questa pur bellissima regione», ha scritto mentre svolazzava per il mondo a far conferenze - prima New York poi gli Emirati Arabi - sul sito www.matteorenzi.it , «errore compiuto sia rivendicando l'alleanza strategica fra Pd e M5s, sia impegnando il capo del governo nella chiusura della campagna elettorale». Il flop umbro gli ha offerto l'occasione per ribadire il concetto fondante del suo nuovo partitino bonsai, Italia viva: opzionare il Colle con un nome di suo gradimento. «Nei prossimi mesi ci presenteremo alle regionali, a cominciare dalla Toscana, ma il nostro orizzonte continua a essere quello di andare in doppia cifra alle politiche. Che per noi si terranno nel 2023 e comunque dopo l'elezione del nuovo presidente della Repubblica». Concetto espresso anche nel corso dell'ultima Leopolda. Ovviamente, l'opportunità di prendere le distanze dalla inedita maggioranza di governo, alla prova delle urne, è stata ghiotta per un po' di sano vittimismo. «Leggo sui giornali che qualcuno attribuisce la colpa a me persino della sconfitta in Umbria», si è lamentato. Sottolineando: «Mi spiace che si possa arrivare a tanto. Questo odio nei miei confronti ha qualcosa di inspiegabile». Per rendere il discorso ancor più coinvolgente, Renzi ha allegato per i suoi lettori un link a un video di Paolo Mieli in cui l'ex direttore del Corriere della Sera ragiona «sul fuoco amico contro di me». Come per dire: ho anche i testimoni di quel che affermo. Infine, il momento della mozione dei ricordi che, nel caso di Renzi, hanno il colore rosa della nostalgia. «La verità è che quando ho lasciato la guida del Pd governavamo 17 regioni su 20. Adesso il Pd governa in 7 regioni su 20». Dunque, «l'idea di dire che è sempre tutta colpa mia non mi sembra geniale. Ma se serve a qualcuno per mettersi il cuore in pace, non replico, evito le polemiche e invito tutti a lavorare». Possibilmente senza dare fastidio al manovratore (lui). «Penso che il governo debba preoccuparsi solo di governare, e di cercare di farlo bene. Noi stiamo dando una mano e continueremo a farlo: nei prossimi mesi continueremo con le nostre proposte su fisco e infrastrutture». Adesso scalare l'esecutivo si dice «dare una mano».