2018-04-14
La Procura mette il Pd con le spalle al muro:
ora spieghi i suoi rapporti con l’islam
I pm milanesi chiedono l'archiviazione di Matteo Forte e Maryan Ismail, che erano stati querelati dai dem perché avevano parlato di legami con movimenti discussi. «Nel Milanese la vicinanza di alcuni esponenti del partito a organizzazioni legate ai Fratelli musulmani è una realtà. E i cittadini hanno diritto di sapere». Un paio di giorni fa, la consigliera milanese del Partito democratico, Sumaya Abdel Qader, ha pubblicato su Facebook una foto che la ritrae comodamente sul divano, intenta a leggere un libro mentre suo marito stira. Sul social network, a commento dell'immagine, la signora ha scritto: «Isoardi prendi appunti». La provocazione era ovviamente rivolta a Elisa Isoardi, compagna di Matteo Salvini, rea di essersi fatta ritrarre con il ferro da stiro in mano, alle prese con una camicia. Un siparietto molto simpatico. Ora, però, è il momento di parlare delle cose serie, e toccherà alla velatissima esponente del Partito democratico prendere qualche appunto. A lei e a tutti i suoi colleghi di Milano. Converrebbe che segnassero sul taccuino ciò che ha scritto il pubblico ministero di Milano nella richiesta d'archiviazione (accolta dal gip) del procedimento a carico di Matteo Forte, consigliere comunale (di Milano popolare e Maryan Ismail, storica esponente dei musulmani somali, già membro del Tavolo nazionale delle comunità islamiche presso il Viminale. L'anno scorso, costoro si sono visti recapitare dal Partito democratico di Milano una querela per diffamazione a mezzo stampa. Motivo? Hanno avuto l'ardire di esprimersi a proposito dei rapporti fra la dirigenza dei democratici e il cosiddetto «islam politico», cioè quello che mira a diffondere la sharia ovunque possibile in Occidente. Il Pd, dopo qualche tempo e numerose polemiche sui giornali, ha ritirato la querela. Ma, circa un mese prima che ciò avvenisse, il pubblico ministero milanese aveva già presentato la richiesta di archiviazione, il cui contenuto è stato illustrato ieri per la prima volta da Forte e dalla Ismail nel corso di una conferenza stampa. «Appare pacifico», scrive il pubblico ministero, «che, quantomeno in ambito territoriale milanese, vi fosse l'interesse dei cittadini a conoscere i rapporti che il partito di maggioranza relativa che governa il Comune intrattiene con alcune associazioni e con i membri delle stesse». Poi, aggiunge che le osservazione della Ismail e Forte rientravano «nell'espressione costituzionalmente garantita del diritto di critica politica». I due hanno esercitato un loro diritto: quello di «interrogarsi in modo critico su alcune scelte, oggettivamente avvenute, effettuate dal Pd milanese». Insomma, è lecito farsi domande sull'operato delle associazioni musulmane presenti sul nostro territorio, e sui rapporti che il Pd (al governo di Milano) intrattiene con esse. Perché la questione interessa tutti i cittadini.Vediamo però di riavvolgere il filo. L'11 gennaio del 2017, nel corso di un incontro con i giornalisti intitolato Pd e islamismo politico: un rapporto non occasionale, Matteo Forte spiegò che «il Pd milanese si porta in pancia l'islamismo politico. E ciò aumenta la soglia d'allarme, perché è nato un brodo di cultura, un network, un clima pericoloso».Il concetto fu approfonditi da Maryan Ismail, una che conosce molto bene sia l'islam politico che il Pd. È, come dicevamo, musulmana (sufi) e da parecchio tempo si batte contro gli estremisti religiosi, la cui violenza ha segnato in profondità la sua vita (suo fratello è stato ucciso dai jihadisti somali). Inoltre, per parecchi anni ha fatto parte del Pd milanese, con ruoli di un certo prestigio. Il rapporto si è rotto quando il Pd ha candidato alle elezioni amministrative Sumaya Abdel Qader, già esponente del Coordinamento delle associazioni musulmane di Milano (Caim), che è poi divenuta la prima consigliera comunale in Italia ad essere velata dalla testa ai piedi. Sostenere lei e non la Ismail indicava una volontà politica precisa: quella di emarginare un certo tipo di islam per appoggiarne un altro, decisamente più coriaceo. Il pm di Milano, nella richiesta d'archiviazione, dichiara che le notizie fornite da Forte e Ismail nel corso della conferenza stampa del 2017 «appaiono veritiere o quantomeno sono state tratte da fonti Web e giornalistiche da ritenersi affidabili o addirittura confermate dalle fotografie degli incontri». Riguardo a Sumaya Abdel Qader, ricostruisce il pm, i due spiegarono che fu «responsabile delle attività culturali del Caim» e che «ha ricoperto ruoli di rilievo nella Fioe, organizzazione già indicata dal sito Global muslim brotherhood daily come legata ai Fratelli musulmani». Su questo legame della consigliera con la Fratellanza, però, il Pd ha sempre allegramente sorvolato. Sumaya, dal canto suo, ha ribadito più volte che «affermare di non appartenere ai Fratelli musulmani è per me un semplice atto di onestà». Ma il pm di Milano continua, e racconta che Forte e la Ismail documentarono «la presenza all'interno dell'associazione Segnali - promossa dal segretario metropolitano del Pd (Pietro Bussolati, ndr) - di tale Ahmed Abdel Aziz, già vicepresidente dei Giovani musulmani d'Italia, che ha apertamente sostenuto posizioni di adesione al partito egiziano dei Fratelli musulmani, e il ruolo del fratello di Ahmed, Omar Abdel Aziz, indicato nel sito Global muslim brotherhood daily come estremista e antisemita. Ancora», prosegue il pm, «sono state documentate le parentele “imbarazzanti" e le dichiarazioni pubbliche più volte effettuate da altre due esponenti della associazione Segnali, Sara Amzil e Nura Ghrewati». Per farla breve: Forte e la Ismail hanno mostrato che il Pd si è legato a doppio filo con la fetta del mondo islamico che gravita nell'orbita dei Fratelli musulmani, non certo un gruppo di ricreazione per signorine. Motivo per cui è giunto il momento che i democratici chiariscano una volta per tutte le ragioni di tale alleanza, che pone problemi piuttosto seri. Sia per i cittadini (milanesi e non) sia per gli stessi musulmani che non sono politicamente vicini alla Fratellanza. Perché il Pd ha scelto il Caim come interlocutore privilegiato?La questione è di grande importanza per via di alcune vicende di stretta attualità. La prima riguarda l'Atm, l'azienda dei trasporti milanesi. In occasione dell'8 marzo, l'Atm ha organizzato un'iniziativa utile a sostenere il «progetto Aisha» promosso dal Caim (e molto sponsorizzato da Sumaya). L'azienda dei trasporti si è impegnata a donare ad Aisha 5 euro per ciascuno dei primi cento utenti che avessero noleggiato una bicicletta tramite Bikemi, il servizio di bike sharing comunale. Lo scopo di Aisha sarebbe quello di combattere «la violenza sulle donne e la discriminazione di genere». Ma, come nota Matteo Forte, «dal settembre 2015 il Caim ha attivato borse di studio per un ciclo di studi finalizzato ad ottenere il titolo di imam in collaborazione con Diyanet, l'agenzia per gli affari religiosi del governo di Ankara, che proprio qualche mese fa si è pronunciata favorevolmente rispetto alla possibilità di contrarre matrimonio con ragazzine in età addirittura preadolescenziale». Perché il Pd e il Comune di Milano appoggiano associazioni del genere?Sempre alla Turchia è legata l'associazione Milli Gorus (il cui presidente, Osman Duran, da alcuni mesi è anche al vertice del Caim). Tale organizzazione gestisce, dal 2013, un centro culturale in via Maderna a Milano, e ha portato avanti piuttosto a lungo lavori di ristrutturazione un po' sospetti. Sul tetto di quello che era un magazzino industriale, per dire, è comparsa una cupola bianca. Peccato che non ci fossero le autorizzazioni per edificare una moschea. A metà marzo, i lavori sono stati finalmente bloccati dalla giunta milanese, ma la faccenda non è affatto chiusa.Su tutto questo, il Pd ci deve parecchie spiegazioni. Noi siamo qui, pronti ad ascoltare. E a prendere appunti.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)