2021-08-24
Il Pd frigna ma non può smentire i brogli
Per il senatore Stefano Vaccari si tratta solo di una strumentalizzazione degli avversari. Nessuna contestazione nel merito dei fatti, peròDobbiamo riconoscere ai dirigenti del Partito democratico una grande padronanza dell'arte di smentire senza smentire, figlia di una antica abitudine a imporre forzatamente il silenzio sulle verità sgradite. Dopo le nostre rivelazioni su quanto accaduto in provincia di Bologna durante le primarie del 2019 la base democratica è andata in subbuglio, i dirigenti locali hanno dato il via a un frenetico giro di chiamate, gli ex militanti hanno trovato conferma ai vecchi sospetti. Come ampiamente prevedibile, i vertici nazionali del partito hanno scelto di tacere finché è stato possibile, contando sul supporto della «grande stampa» che ha per lo più trascurato la notizia (se la stessa cosa avesse riguardato la destra oggi sarebbe su tutte le prime pagine). I capi hanno evitato il problema per un paio di giorni poi sono stati costretti ad affrontarlo. Ieri, durante la presentazione della Festa dell'Unità di Bologna, i dem hanno dovuto replicare agli attacchi provenienti da Fratelli d'Italia e dalla Lega. E lo hanno fatto esibendo la consueta arroganza.«Non abbiamo niente da nascondere così come niente da temere», ha detto il responsabile Organizzazione della segreteria nazionale Pd, Stefano Vaccari.«Si tratta di una strumentalizzazione che la destra ha voluto tirare in ballo perché è povera di idee. Chiediamo alla destra di Bologna e alla destra del Paese di occuparsi dei programmi e di confrontarsi con i cittadini su quello e non di primarie che sono state trasparenti e largamente partecipate: un milione e 600.000 persone sono andate ai gazebo e hanno scelto quale doveva essere il segretario del partito». Secondo Vaccari, il Pd avrebbe «dimostrato con quell'esperienza e con quelle che sono venute dopo che i nostri sono processi partecipativi chiari, trasparenti e regolari».Ecco, questo si chiama smentire senza smentire. Il punto è: il Pd è in grado di dimostrare la falsità di ciò che abbiamo pubblicato? Non ci sono chiacchiere da fare o presunte strumentalizzazioni da tirare in ballo. C'è una notizia, e può essere vera o falsa. Il Pd sostiene che sia falsa? Non sembra. Anche perché nessuno si è premurato di entrare nei dettagli della vicenda da noi svelata. Nessuno ha fornito prove dell'inesistenza dei brogli. Noi, al contrario, abbiamo citato nomi, date e fatti. Abbiamo spiegato che esistono più registrazioni di quanto avvenuto il 3 marzo 2019 ad Argelato, in provincia di Bologna. Registrazioni che sono circolate in ambiente Pd per parecchio tempo, e sono emerse ora che la città si avvia verso il voto. Abbiamo avuto modo di accedere al contenuto di quelle registrazioni e possiamo sunteggiarne il contenuto. I protagonisti sono i segretari dei circoli interessati Manuela Bulla (Argelato-Funo) e Laura Zoboli (Argelato), il sindaco del Comune di Argelato, Claudia Muzic e il suo compagno Matteo Meogrossi, coordinatore della segreteria provinciale del Pd di Bologna. Meogrossi si rivolge alla Bulla chiedendo di fare lievitare i numeri dei votanti alle primarie. Non bisogna sfigurare rispetto alle votazioni precedenti: poiché in passato furono aggiunti voti, bisogna rifarlo di nuovo. Nella contrattazione viene inserita anche Claudia Muzic, la quale fa presenti le difficoltà tecniche. Sul posto sono presenti alcuni vecchi militanti, indicati per nome. A costoro non si può giustificare la necessità di intervenire sulle schede: non capirebbero. E di certo non lo si può invitare a uscire con l'inganno. Meogrossi però sembra sicuro: se i segretari dei due circoli locali troveranno un accordo, dividendo equamente i voti artefatti tra Martina e Zingaretti, la cosa andrà liscia. Si discute di percentuali: 65-35, poi 70-30 a favore di Zingaretti. Martina è destinato a perdere, si conviene, mentre Giachetti non merita nemmeno di essere calcolato viste le basse percentuali di consenso a livello nazionale. Ci sono ancora un po' di resistenze, si cerca di attendere. Ma alla fine pare che la quadra si trovi. In una registrazione, si parla di 120 schede aggiunte, che si provvederà a firmare dopo il conteggio dei voti. Procedere al taroccamento, si fa presente, non è facile: sul posto ci sono ancora un militante e sua madre, bisogna stare attenti, l'operazione richiede un maneggio complicato. Però sembra proprio andare in porto, proprio come le altre volte. Abbiamo interrogato i protagonisti della edificante scenetta, e costoro chiaramente hanno negato. Ma hanno insistito soprattutto sul fatto di non aver mai autorizzato alcuna registrazione, hanno ribadito che pubblicare conversazioni sarebbe un reato. Il punto, però, è chiarire se la manipolazione sia avvenuta, non preoccuparsi se sia possibile o meno far emergere le prove. E su questo il Pd è per lo meno reticente. Il motivo si comprende. È vero che l'episodio è locale, ma getta un'ombra sul voto a livello nazionale, e pure sui voti precedenti e futuri. Qualcuno si è chiesto: perché i dirigenti locali avrebbero dovuto correre un rischio per così poco? Beh, stando a ciò che emerge sembrerebbe un rischio molto calcolato, una cosa da gestire in famiglia. Ed è evidente che non fosse opportuno ottenere dati più bassi di quelli delle primarie 2017. Allora era coinvolto Matteo Renzi, esibire minore affluenza due anni dopo avrebbe portato acqua al mulino dell'odiato ex segretario.No, non si può liquidare tutto come una faccenda di piccolo cabotaggio. Se i vertici del Pd vogliono smentire, lo facciano chiaramente, sostenendo e provando l'inesistenza di irregolarità. Dimostrando che le persone tirate in ballo non erano davvero coinvolte. Si potrebbero persino ricontrollare i voti e le firme, giusto per essere trasparenti. Non basta dire che è una storia vecchia. Non basta dichiarare di non avere nulla da nascondere, visto che poi le cose si nascondono eccome. I dem non lo devono a noi, ma prima di tutto ai loro elettori, quelli che hanno votato alle primarie. Lo devono ai loro iscritti, magari proprio a qui vecchi militanti che erano sul posto ad Argelato, e la cui presenza ostacolava i maneggi. Già: chissà che ne pensano, quei vecchi, dei dirigenti più giovani che hanno agito alle loro spalle.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)