Calcio biliardo, sulle moto o sul sapone: il pallone che non ti aspetti
True
iStock
Esistono molteplici, e poco conosciute, varianti del gioco più popolare al mondo. Attirano migliaia di appassionati, ce n'è per tutti i gusti e non servono nemmeno i tacchetti.
Nel motoball si segna sgasando sulle due ruote a colpi di derapate e sgommate.
La commistione tra calcio e motori offre anche l'autobol. Nel 2014 l'Italia vinse i mondiali contro la Germania, proprio come la Nazionale del 2006.
Per chi vuole divertirsi mandando i palloni in buca sul tavolo verde, ecco il soccerpool.
Negli anni Ottanta a Spilamberto, in provincia di Modena, fu inventato il «blisghetto», ovvero il calcio saponato.
Lo speciale contiene cinque articoli.
Chi ha detto che il calcio è solo 11 atleti contro altri 11 che si sfidano su un campo rettangolare e con due porte all'interno del quale serve fare più gol dell'altra squadra per uscire vincitori dalla partita? Oltre a questo, ci sono tante altre varianti di quello che è considerato nella maggior parte dei Paesi del mondo lo sport più popolare e che coinvolge migliaia di appassionati ovunque. Decine di discipline mescolate al calcio che rispondono all'esigenza di voler sperimentare esperienze ludico sportive nuove, unendo due passioni e con un divertimento assicurato.
Dall'abbinamento con i motori alla rivisitazione sul tavolo da biliardo o su un materasso gonfiabile, alla base di tutto c'è sempre il pallone. Nella rassegna delle diverse versioni del calcio ne approfondiamo quattro: il motoball, dove i giocatori, fatta eccezione per il portiere, si sfidano in sella alle proprie moto da enduro a colpi di derapate e sgommate con l'obiettivo finale di segnare più gol dell'altra squadra per vincere la partita; l'autobol, dove a differenza delle moto anche il portiere gioca a bordo della proprio auto (solitamente si usano i taxi per il basso costo di manutenzione, considerati i danni e le ammaccature che le vetture possono subire durante le partite); il soccerpool, dove viene riprodotto il campo da calcio su un tavolo da biliardo con le buche al posto delle porte e i palloni numerati e colorati al posto delle palline; e, infine, il «blisghetto», termine con il quale è stato inventato il calcio saponato a Spilamberto, in provincia di Modena. Discipline che per molti appassionati rappresentano un passatempo o uno svago, ma che in molte circostanze diventano dei veri e propri sport praticati da atleti che si confrontano e gareggiano in tornei ufficiali e competizioni mondiali.
Motoball, il calcio in moto
Tra le varianti più interessanti e accattivanti del gioco del pallone c'è sicuramente il motoball, ovvero il calcio giocato a bordo delle moto, più specificatamente moto da enduro dalla cilindrata massima di 250 centimetri cubi e che hanno soltanto due marce. Le sue origini risalgono all'inizio del Novecento, quando in Francia si pensò bene di unire due sport tanto distanti tra loro e che ben poco hanno in comune. Questo sport si diffuse poi anche nel resto d'Europa, soprattutto in Germania, Olanda, Inghilterra e nei Paesi dell'Est, con Russia e Ucraina a far da traino. La Fim Europa (l'organizzazione affiliata alla Fim, responsabile dello sport motociclistico in Europa) ha anche riconosciuto ufficialmente questa disciplina al punto da organizzare dei campionati.
Le regole sono quelle del calcio, seppur adattate: ogni partite dura 80 minuti ed è suddivisa in quattro tempi, le squadre sono composte da cinque giocatori ciascuna, quattro dei quali in sella a una moto più il portiere, unico a piedi. Le dimensioni del campo sono le stesse del calcio (100x50 centimetri), quel che cambia è il fondo, nella maggior parte dei casi in asfalto oppure in terra battuta, anche se esistono anche campi in erba artificiale. Per quanto riguarda invece il pallone, quello usato durante le partite di motoball è notevolmente di dimensioni più grandi per consentire un migliore impatto con le ruote ed evitare di rimanere incastrato sotto i telai delle moto. Si può variare dai 119 ai 126 centimetri e dai 90 ai 100 grammi. In panchina, oltre all'allenatore, ci sono anche due meccanici nel caso ci fosse necessità di intervenire su dei guasti alle moto. Un po' come i massaggiatori nel calcio vero e proprio. Poi, c'è l'aspetto della sicurezza dei giocatori: per evitare infortuni causati dai contrasti durante la partita, le parti più esposte della moto, quindi ruote, motore e freni, vengono rivestite con delle barre metalliche.
Autobol, il calcio in macchina
Simile al motoball, ma con le auto al posto delle moto. L'autocalcio, dal portoghese autobol, è stato inventato nel 1970 in Brasile. Si narra che un medico di nome Mario Marques Tourinho mentre era alla guida della sua auto per le strade di Copacapana vide un pallone finire sul muso della macchina e fu incuriosito dal rimbalzo che la sfera ottenne a tal punto di ideare uno sport che mescolasse pallone e automobili. Fu così che il 19 settembre del 1970 andò in scena la prima partita della storia di autobol con 10 automobili che si sfidarono a scopo dimostrativo durante l'intervallo di un match del campionato di calcio brasiliano tra Flamengo e Madureira. Tre anni più tardi, nel 1973, fu organizzato il primo campionato statale a cui parteciparono i quattro club di Rio de Janeiro, Flamengo, Fluminense, Vasco da Gama e América, i quali decisero non solo di sponsorizzare le partite, ma anche di prestare alle rispettive squadre i propri loghi e colori sociali, applicasti sulle carrozzerie delle auto.
Anche qui, come nel motoball, le regole sono molto simili a quelle classiche del calcio, ma con più differenze. Per esempio, nell'autobol i giocatori non possono passare la palla indietro una volta che l'hanno recuperata. A seconda delle dimensioni del campo ogni squadra può schierare da tre a sei macchine, non sono contemplati i calci di rigore e i corner e i portieri non possono utilizzare le fiancate per parare i tiri avversari. Rispetto alle moto il pallone, che è fatto con il cuoio di bufalo, è ancora più grande e pesante: un metro e mezzo di diametro, per far sì che superi in altezza i cofani delle macchine, e 12 chilogrammi di peso che ne controllano e rallentano il rimbalzo.
Proprio come nel calcio, ogni 4 anni si disputano i mondiali: nel 2014 l'Italia batté la Germania, proprio come fece la Nazionale di calcio nel 2006.
Soccerpool, il calcio biliardo
Si può chiamare soccerpool, snook ball o più semplicemente calcio biliardo. È una combinazione tra due sport che in comune hanno pochissimo, anzi niente. Come fare quindi a divertirsi senza rinunciare a nessuna delle due passioni? Si sale sul tavolo verde e al posto delle stecche si usano i piedi per mandare le palle in buca.
Il tavolo da biliardo, ovviamente, non è quello classico su cui si va a giocare nelle sale con le stecche. Per giocare a soccerpool serve, infatti, un tavolo dalle dimensioni più grandi, in grado di reggere il peso dei giocatori, con palline più grandi e di conseguenza buche più grandi. Nello specifico, i tavoli da snook ball, costruiti utilizzando legno marino e abete con un rotolo di erba sintetica in superficie, sono lunghi 6,60 metri e larghi 3,30 metri, hanno buche perimetrali agli angoli e ai lati, mentre per quanto riguarda le palline, in questo caso i palloni della misura 3 o 4 e fatti in polivinilcloruro (il pvc) e poliuretano, sono 16 di cui 8 a colori pieni, 7 a strisce e una bianca.
Si gioca seguendo le regole del biliardo classico e quindi tutte i palloni posizionati all'interno del triangolo, si «spacca», come si suol dire in gergo, con la pallina bianca e si decide quale giocatore dovrà imbucare i palloni pieni e chi quelle a strisce. Vince chi le imbuca tutte per prime, ma occhio alla 8 nera. Quella va imbucata per ultima.
Blisghetto, il calcio saponato
Il blisghetto è un'invenzione del tutto italiana. Introdotto negli anni Ottanta, il termine, che deriva dal dialetto modenese (blisghér, scivolare), indica più comunemente il calcio saponato. Si tratta di una variante del calcetto a 5, con le stesse e identiche regole, ma giocato su un materasso gonfiabile di gomma cosparso di acqua e sapone. A differenza del calcetto classico, si possono utilizzare i bordi del campo come sponde e la rimessa laterale è prevista solo se il pallone esce completamente dal gonfiabile. Rimesse laterale che si battono con i piedi, mentre i calci d'angolo con le mani. Ogni partita è strutturata su due tempi da 12 minuti ciascuno. Si gioca in costume da bagno, con una casacca per identificare le due squadre, scalzi e con un casco protettivo in gomma morbida.
Spesso identificato come passatempo e attività ludica durante i periodi estivi, è famosissimo il torneo organizzato a Spilamberto, comune in provincia di Modena, dove a metà anni Ottanta prese piede questa disciplina. Da allora, ogni anni viene organizzato il tradizionale torneo che vede sempre più squadre, maschili e femminili, parteciparvi.
Esistono molteplici, e poco conosciute, varianti del gioco più popolare al mondo. Attirano migliaia di appassionati, ce n'è per tutti i gusti e non servono nemmeno i tacchetti.Nel motoball si segna sgasando sulle due ruote a colpi di derapate e sgommate.La commistione tra calcio e motori offre anche l'autobol. Nel 2014 l'Italia vinse i mondiali contro la Germania, proprio come la Nazionale del 2006.Per chi vuole divertirsi mandando i palloni in buca sul tavolo verde, ecco il soccerpool.Negli anni Ottanta a Spilamberto, in provincia di Modena, fu inventato il «blisghetto», ovvero il calcio saponato.Lo speciale contiene cinque articoli.Chi ha detto che il calcio è solo 11 atleti contro altri 11 che si sfidano su un campo rettangolare e con due porte all'interno del quale serve fare più gol dell'altra squadra per uscire vincitori dalla partita? Oltre a questo, ci sono tante altre varianti di quello che è considerato nella maggior parte dei Paesi del mondo lo sport più popolare e che coinvolge migliaia di appassionati ovunque. Decine di discipline mescolate al calcio che rispondono all'esigenza di voler sperimentare esperienze ludico sportive nuove, unendo due passioni e con un divertimento assicurato.Dall'abbinamento con i motori alla rivisitazione sul tavolo da biliardo o su un materasso gonfiabile, alla base di tutto c'è sempre il pallone. Nella rassegna delle diverse versioni del calcio ne approfondiamo quattro: il motoball, dove i giocatori, fatta eccezione per il portiere, si sfidano in sella alle proprie moto da enduro a colpi di derapate e sgommate con l'obiettivo finale di segnare più gol dell'altra squadra per vincere la partita; l'autobol, dove a differenza delle moto anche il portiere gioca a bordo della proprio auto (solitamente si usano i taxi per il basso costo di manutenzione, considerati i danni e le ammaccature che le vetture possono subire durante le partite); il soccerpool, dove viene riprodotto il campo da calcio su un tavolo da biliardo con le buche al posto delle porte e i palloni numerati e colorati al posto delle palline; e, infine, il «blisghetto», termine con il quale è stato inventato il calcio saponato a Spilamberto, in provincia di Modena. Discipline che per molti appassionati rappresentano un passatempo o uno svago, ma che in molte circostanze diventano dei veri e propri sport praticati da atleti che si confrontano e gareggiano in tornei ufficiali e competizioni mondiali.<div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-pallone-che-non-ti-aspetti-dal-calcio-biliardo-al-motoball-2647624015.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="motoball-il-calcio-in-moto" data-post-id="2647624015" data-published-at="1600050519" data-use-pagination="False"> Motoball, il calcio in moto Tra le varianti più interessanti e accattivanti del gioco del pallone c'è sicuramente il motoball, ovvero il calcio giocato a bordo delle moto, più specificatamente moto da enduro dalla cilindrata massima di 250 centimetri cubi e che hanno soltanto due marce. Le sue origini risalgono all'inizio del Novecento, quando in Francia si pensò bene di unire due sport tanto distanti tra loro e che ben poco hanno in comune. Questo sport si diffuse poi anche nel resto d'Europa, soprattutto in Germania, Olanda, Inghilterra e nei Paesi dell'Est, con Russia e Ucraina a far da traino. La Fim Europa (l'organizzazione affiliata alla Fim, responsabile dello sport motociclistico in Europa) ha anche riconosciuto ufficialmente questa disciplina al punto da organizzare dei campionati.Le regole sono quelle del calcio, seppur adattate: ogni partite dura 80 minuti ed è suddivisa in quattro tempi, le squadre sono composte da cinque giocatori ciascuna, quattro dei quali in sella a una moto più il portiere, unico a piedi. Le dimensioni del campo sono le stesse del calcio (100x50 centimetri), quel che cambia è il fondo, nella maggior parte dei casi in asfalto oppure in terra battuta, anche se esistono anche campi in erba artificiale. Per quanto riguarda invece il pallone, quello usato durante le partite di motoball è notevolmente di dimensioni più grandi per consentire un migliore impatto con le ruote ed evitare di rimanere incastrato sotto i telai delle moto. Si può variare dai 119 ai 126 centimetri e dai 90 ai 100 grammi. In panchina, oltre all'allenatore, ci sono anche due meccanici nel caso ci fosse necessità di intervenire su dei guasti alle moto. Un po' come i massaggiatori nel calcio vero e proprio. Poi, c'è l'aspetto della sicurezza dei giocatori: per evitare infortuni causati dai contrasti durante la partita, le parti più esposte della moto, quindi ruote, motore e freni, vengono rivestite con delle barre metalliche. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-pallone-che-non-ti-aspetti-dal-calcio-biliardo-al-motoball-2647624015.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="autobol-il-calcio-in-macchina" data-post-id="2647624015" data-published-at="1600050519" data-use-pagination="False"> Autobol, il calcio in macchina Simile al motoball, ma con le auto al posto delle moto. L'autocalcio, dal portoghese autobol, è stato inventato nel 1970 in Brasile. Si narra che un medico di nome Mario Marques Tourinho mentre era alla guida della sua auto per le strade di Copacapana vide un pallone finire sul muso della macchina e fu incuriosito dal rimbalzo che la sfera ottenne a tal punto di ideare uno sport che mescolasse pallone e automobili. Fu così che il 19 settembre del 1970 andò in scena la prima partita della storia di autobol con 10 automobili che si sfidarono a scopo dimostrativo durante l'intervallo di un match del campionato di calcio brasiliano tra Flamengo e Madureira. Tre anni più tardi, nel 1973, fu organizzato il primo campionato statale a cui parteciparono i quattro club di Rio de Janeiro, Flamengo, Fluminense, Vasco da Gama e América, i quali decisero non solo di sponsorizzare le partite, ma anche di prestare alle rispettive squadre i propri loghi e colori sociali, applicasti sulle carrozzerie delle auto.Anche qui, come nel motoball, le regole sono molto simili a quelle classiche del calcio, ma con più differenze. Per esempio, nell'autobol i giocatori non possono passare la palla indietro una volta che l'hanno recuperata. A seconda delle dimensioni del campo ogni squadra può schierare da tre a sei macchine, non sono contemplati i calci di rigore e i corner e i portieri non possono utilizzare le fiancate per parare i tiri avversari. Rispetto alle moto il pallone, che è fatto con il cuoio di bufalo, è ancora più grande e pesante: un metro e mezzo di diametro, per far sì che superi in altezza i cofani delle macchine, e 12 chilogrammi di peso che ne controllano e rallentano il rimbalzo.Proprio come nel calcio, ogni 4 anni si disputano i mondiali: nel 2014 l'Italia batté la Germania, proprio come fece la Nazionale di calcio nel 2006. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-pallone-che-non-ti-aspetti-dal-calcio-biliardo-al-motoball-2647624015.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="soccerpool-il-calcio-biliardo" data-post-id="2647624015" data-published-at="1600050519" data-use-pagination="False"> Soccerpool, il calcio biliardo Si può chiamare soccerpool, snook ball o più semplicemente calcio biliardo. È una combinazione tra due sport che in comune hanno pochissimo, anzi niente. Come fare quindi a divertirsi senza rinunciare a nessuna delle due passioni? Si sale sul tavolo verde e al posto delle stecche si usano i piedi per mandare le palle in buca.Il tavolo da biliardo, ovviamente, non è quello classico su cui si va a giocare nelle sale con le stecche. Per giocare a soccerpool serve, infatti, un tavolo dalle dimensioni più grandi, in grado di reggere il peso dei giocatori, con palline più grandi e di conseguenza buche più grandi. Nello specifico, i tavoli da snook ball, costruiti utilizzando legno marino e abete con un rotolo di erba sintetica in superficie, sono lunghi 6,60 metri e larghi 3,30 metri, hanno buche perimetrali agli angoli e ai lati, mentre per quanto riguarda le palline, in questo caso i palloni della misura 3 o 4 e fatti in polivinilcloruro (il pvc) e poliuretano, sono 16 di cui 8 a colori pieni, 7 a strisce e una bianca.Si gioca seguendo le regole del biliardo classico e quindi tutte i palloni posizionati all'interno del triangolo, si «spacca», come si suol dire in gergo, con la pallina bianca e si decide quale giocatore dovrà imbucare i palloni pieni e chi quelle a strisce. Vince chi le imbuca tutte per prime, ma occhio alla 8 nera. Quella va imbucata per ultima. <div class="rebellt-item col2" id="rebelltitem4" data-id="4" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-pallone-che-non-ti-aspetti-dal-calcio-biliardo-al-motoball-2647624015.html?rebelltitem=4#rebelltitem4" data-basename="blisghetto-il-calcio-saponato" data-post-id="2647624015" data-published-at="1600050519" data-use-pagination="False"> Blisghetto, il calcio saponato Il blisghetto è un'invenzione del tutto italiana. Introdotto negli anni Ottanta, il termine, che deriva dal dialetto modenese (blisghér, scivolare), indica più comunemente il calcio saponato. Si tratta di una variante del calcetto a 5, con le stesse e identiche regole, ma giocato su un materasso gonfiabile di gomma cosparso di acqua e sapone. A differenza del calcetto classico, si possono utilizzare i bordi del campo come sponde e la rimessa laterale è prevista solo se il pallone esce completamente dal gonfiabile. Rimesse laterale che si battono con i piedi, mentre i calci d'angolo con le mani. Ogni partita è strutturata su due tempi da 12 minuti ciascuno. Si gioca in costume da bagno, con una casacca per identificare le due squadre, scalzi e con un casco protettivo in gomma morbida.Spesso identificato come passatempo e attività ludica durante i periodi estivi, è famosissimo il torneo organizzato a Spilamberto, comune in provincia di Modena, dove a metà anni Ottanta prese piede questa disciplina. Da allora, ogni anni viene organizzato il tradizionale torneo che vede sempre più squadre, maschili e femminili, parteciparvi.
L’Alto rappresentante di Bruxelles prosegue sulla linea dura, smentita persino da Kiev.
«Il problema per la pace è la Russia. Anche se l’Ucraina ricevesse garanzie di sicurezza, ma non ci fossero concessioni da parte russa, avremmo altre guerre, magari non in Ucraina ma altrove». Inizia così l’intervista di ieri al Corriere della sera dell’Alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza dell’Ue, l’estone Kaja Kallas. La rappresentante della diplomazia di Bruxelles, in pratica, agita ancora lo spauracchio di una Russia pronta ad aggredire l’Europa non appena conclusa in qualche modo la guerra in Ucraina. Del resto, la minaccia russa serve proprio a giustificare una serie di grandi manovre in corso tra Bruxelles e le capitali europee, tra riarmo a tappe forzate, ritorno della leva e tentativi di utilizzo degli asset russi congelati in Europa.
Kallas è il falco della Commissione, quando si tratta di Russia, e tiene a rimarcarlo. A proposito dei fondi russi depositati presso Euroclear, l’estone dice nell’intervista che il Belgio non deve temere una eventuale azione di responsabilità da parte della Russia, perché «se davvero la Russia ricorresse in tribunale per ottenere il rilascio di questi asset o per affermare che la decisione non è conforme al diritto internazionale, allora dovrebbe rivolgersi all’Ue, quindi tutti condivideremmo l’onere».
In pratica, cioè, l’interpretazione piuttosto avventurosa di Kallas è che tutti gli Stati membri sarebbero responsabili in solido con il Belgio se Mosca dovesse ottenere ragione da qualche tribunale sul sequestro e l’utilizzo dei suoi fondi.
Tribunale sui cui l’intervistata è scettica: «A quale tribunale si rivolgerebbe (Putin, ndr)? E quale tribunale deciderebbe, dopo le distruzioni causate in Ucraina, che i soldi debbano essere restituiti alla Russia senza che abbia pagato le riparazioni?». Qui l’alto rappresentante prefigura uno scenario, quello del pagamento delle riparazioni di guerra, che non ha molte chance di vedere realizzato.
All’intervistatore che chiede perché per finanziare la guerra non si usino gli eurobond, cioè un debito comune europeo, Kallas risponde: «Io ho sostenuto gli eurobond, ma c’è stato un chiaro blocco da parte dei Paesi Frugali, che hanno detto che non possono farlo approvare dai loro Parlamenti». È ovvio. La Germania e i suoi satelliti del Nord Europa non vogliano cedere su una questione sulla quale non hanno mai ceduto e per la quale, peraltro, occorre una modifica dei trattati su cui serve l’unanimità e la ratifica poi di tutti i parlamenti. Con il vento politico di destra che soffia in tutta Europa, con Afd oltre il 25% in Germania, è una opzione politicamente impraticabile. Dire eurobond significa gettare la palla in tribuna.
In merito all’adesione dell’Ucraina all’Unione europea già nel 2027, come vorrebbe il piano di pace americano, Kallas se la cava con lunghe perifrasi evitando di prendere posizione. Secondo l’estone, l’adesione all’Ue è una questione di merito e devono decidere gli Stati membri. Ma nel piano questo punto è importante e sembra difficile che venga accantonato.
Kallas poi reclama a gran voce un posto per l’Unione al tavolo della pace: «Il piano deve essere tra Russia e Ucraina. E quando si tratta dell’architettura di sicurezza europea, noi dobbiamo avere voce in capitolo. I confini non possono essere cambiati con la forza. Non ci dovrebbero essere concessioni territoriali né riconoscimento dell’occupazione». Ma lo stesso Zelensky sembra ormai convinto che almeno un referendum sulla questione del Donbass sia possibile. Insomma, Kallas resta oltranzista ma i fatti l’hanno già superata.
Carlo Messina all'inaugurazione dell'Anno Accademico della Luiss (Ansa)
Messina, numero uno di Intesa, parla agli studenti: «Se il conflitto diventa l’unico tema si perde il contatto con la realtà. Invece in Europa i rischi veri arrivano da povertà e disuguaglianza, non da un evento bellico che è una minaccia solo potenziale».
«Se la guerra diventa l’unico tema si perde il contatto con la realtà». Parla agli studenti e pensa all’Europa, Carlo Messina all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Luiss a Roma. Davanti alla classe dirigente del futuro, il ceo di Banca Intesa decide di abbandonare grafici e coefficienti, di tenersi in tasca proiezioni e citazioni da banker stile Wall Street per mettere il dito nella piaga di un’Unione Europea votata ottusamente al riarmo fine a se stesso. «La difesa è indispensabile, ma è possibile che la priorità di quelli che ci governano sia affrontare tutti i giorni il tema di come reagire alla minaccia di una guerra?».
La domanda è retorica, provocatoria e risuona in aula magna come un monito ad alzare lo sguardo, a non limitarsi a contare i droni e limare i mirini, perché la risposta è un’altra. «In Europa abbiamo più poveri e disuguaglianza di quelli che sono i rischi potenziali che derivano da una minaccia reale, e non percepita o teorica, di una guerra». Un discorso ecumenico, realistico, che evoca l’immagine dell’esercito più dolente e sfinito, quello di chi lotta per uscire dalla povertà. «Perché è vero che riguardo a welfare e democrazia non c’è al mondo luogo comparabile all’Europa, ma siamo deboli se investiamo sulla difesa e non contro la povertà e le disuguaglianze».
Le parole non scivolano via ma si fermano a suggerire riflessioni. Perché è importante che un finanziere - anzi colui che per il 2024 è stato premiato come banchiere europeo dell’anno - abbia un approccio sociale più solido e lungimirante delle istituzioni sovranazionali deputate. E lo dimostri proprio nelle settimane in cui sentiamo avvicinarsi i tamburi di Bruxelles con uscite guerrafondaie come «resisteremo più di Putin», «per la guerra non abbiamo fatto abbastanza» (Kaja Kallas, Alto rappresentante per la politica estera) o «se vogliamo evitare la guerra dobbiamo preparaci alla guerra», «dobbiamo produrre più armi, come abbiamo fatto con i vaccini» (Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea).
Una divergenza formidabile. La conferma plastica che l’Europa dei diritti, nella quale ogni minoranza possibile viene tutelata, si sta dimenticando di salvaguardare quelli dei cittadini comuni che alzandosi al mattino non hanno come priorità la misura dell’elmetto rispetto alla circonferenza cranica, ma il lavoro, la famiglia, il destino dei figli e la difesa dei valori primari. Il ceo di Banca Intesa ricorda che il suo gruppo ha destinato 1,5 miliardi per combattere la povertà, sottolinea che la grande forza del nostro Paese sta «nel formidabile mondo delle imprese e nel risparmio delle famiglie, senza eguali in Europa». E sprona le altre grandi aziende: «In Italia non possiamo aspettarci che faccia tutto il governo, se ci sono aziende che fanno utili potrebbero destinarne una parte per intervenire sulle disuguaglianze. Ogni azienda dovrebbe anche lavorare perché i salari vengano aumentati. Sono uno dei punti di debolezza del nostro Paese e aumentarli è una priorità strategica».
Con l’Europa Carlo Messina non ha finito. Parlando di imprenditoria e di catene di comando, coglie l’occasione per toccare in altro nervo scoperto, perfino più strutturale dell’innamoramento bellicista. «Se un’azienda fosse condotta con meccanismi di governance come quelli dell’Unione Europea fallirebbe». Un autentico missile Tomahawk diretto alla burocrazia continentale, a quei «nani di Zurigo» (copyright Woodrow Wilson) trasferitisi a Bruxelles. La spiegazione è evidente. «Per competere in un contesto globale serve un cambio di passo. Quella europea è una governance che non si vede in nessun Paese del mondo e in nessuna azienda. Perché è incapace di prendere decisioni rapide e quando le prende c’è lentezza nella realizzazione. Oppure non incidono realmente sulle cose che servono all’Europa».
Il banchiere è favorevole a un ministero dell’Economia unico e ritiene che il vincolo dell’unanimità debba essere tolto. «Abbiamo creato una banca centrale che gestisce la moneta di Paesi che devono decidere all’unanimità. Questo è uno degli aspetti drammatici». Ma per uno Stato sovrano che aderisce al club dei 27 è anche l’unica garanzia di non dover sottostare all’arroganza (già ampiamente sperimentata) di Francia e Germania, che trarrebbero vantaggi ancora più consistenti senza quel freno procedurale.
Il richiamo a efficienza e rapidità riguarda anche l’inadeguatezza del burosauro e riecheggia la famosa battuta di Franz Joseph Strauss: «I 10 comandamenti contengono 279 parole, la dichiarazione americana d’indipendenza 300, la disposizione Ue sull’importazione di caramelle esattamente 25.911». Un esempio di questa settimana. A causa della superfetazione di tavoli e di passaggi, l’accordo del Consiglio Affari interni Ue sui rimpatri dei migranti irregolari e sulla liceità degli hub in Paesi terzi (recepito anche dal Consiglio d’Europa) entrerà in vigore non fra 60 giorni o 6 mesi, ma se va bene fra un anno e mezzo. Campa cavallo.
Luca Casarini. Nel riquadro, il manifesto abusivo comparso a Milano (Ansa)
Il dissidente diventato credente sbotta contro il fermo dell’Ong Humanity 1: «Faremo fuggire gli innocenti che tenete prigionieri». A Milano invece spuntano dei manifesti anonimi con un vademecum in più lingue per gli irregolari per evitare che finiscano nei cpr.
Da tempo, Luca Casarini preferisce il mare alla terra ferma. Tolta la tuta bianca che lo aveva reso famoso, ha iniziato a indossare il salvagente e a navigare attorno alle coste della Libia alla disperata ricerca di migranti da salvare. Da disobbediente è diventato credente, anche se solo in ciò che gli fa comodo, imbarcando un don Chichì, per dirla con Giovannino Guareschi, come Mattia Ferrari.
Quando non è tra le onde, Casarini è nel mare di Internet, dove twitta. E pure parecchio. Dice la sua su qualsiasi cosa. Condivide i post dell’Osservatore romano e quelli di Ilaria Salis (del resto, tra i due, è difficile trovare delle differenze, a volte). Ma, soprattutto, attacca le norme del governo e dell’Unione europea in materia di immigrazione. Si sente Davide contro Golia. E lotta, invitando anche ad andare contro la legge. Quando, qualche giorno fa, è stata fermata la nave Humanity 1 (poi rimessa subito in mare dal tribunale di Agrigento) Casarini ha scritto: «Abbatteremo i vostri muri, taglieremo i fili spinati dei vostri campi di concentramento. Faremo fuggire gli innocenti che tenete prigionieri. È già successo nella Storia, succederà ancora. In mare come in terra. La disumanità non vincerà. Fatevene una ragione». Questa volta si sentiva Oskar Schindler, anche se poi va nei cortei pro Pal che inneggiano alla distruzione dello Stato di Israele.
Chi volesse approfondire il suo pensiero, poi, potrebbe andare a leggersi L’Unità del 10 dicembre scorso, il cui titolo è già un programma: Per salvare i migranti dobbiamo forzare le leggi. Nel testo, che risparmiamo al lettore, spiega come l’Ue si sia piegata a Giorgia Meloni e a Donald Trump in materia di immigrazione. I sovranisti (da quanto tempo non sentivamo più questo termine) stanno vincendo. Bisogna fare qualcosa. Bisogna reagire. Ribellarsi. Anche alle leggi. Il nostro, sempre attento ad essere politicamente corretto, se la prende pure con gli albanesi che vivono in un Paese «a metà tra un narcostato e un hub di riciclaggio delle mafie di mezzo mondo, retto da un “dandy” come Rama, più simile al Dandy della banda della Magliana che a quel G.B. Brummel che diede origine al termine». Casarini parla poi di «squadracce» che fanno sparire i migranti e di presunte «soluzioni finali» per questi ultimi. E auspica un modello alternativo, che crei «reti di protezione di migranti e rifugiati, per sottrarli alle future retate che peraltro avverranno in primis nei luoghi di “non accoglienza”, così scientificamente creati nelle nostre città da un programma di smantellamento dei servizi sociali, educativi e sanitari, che mostra oggi i suoi risultati nelle sacche di marginalità in aumento».
Detto, fatto. Qualcuno, in piazzale Cuoco a Milano, ha infatti pensato bene di affiggere dei manifesti anonimi con le indicazioni, per i migranti irregolari, su cosa fare per evitare di finire nei centri di permanenza per i rimpatri, i cosiddetti di Cpr. Nessuna sigla. Nessun contatto. Solo diverse lingue per diffondere il vademecum: l’italiano, certo, ma anche l’arabo e il bengalese in modo che chiunque passi di lì posa capire il messaggio e sfuggire alla legge. Ti bloccano per strada? Non far vedere il passaporto. Devi andare in questura? Presentati con un avvocato. Ti danno un documento di espulsione? Ci sono avvocati gratis (che in realtà pagano gli italiani con le loro tasse). E poi informazioni nel caso in cui qualcuno dovesse finire in un cpr: avrai un telefono, a volte senza videocamera. E ancora: «Se non hai il passaporto del tuo Paese prima di deportarti l’ambasciata ti deve riconoscere. Quindi se non capisci la lingua in cui ti parla non ti deportano. Se ti deportano la polizia italiana ti deve lasciare un foglio che spiega perché ti hanno deportato e quanto tempo deve passare prima di poter ritornare in Europa. È importante informarci e organizzarci insieme per resistere!».
Per Sara Kelany (Fdi), «dire che i Cpr sono “campi di deportazione” e “prigioni per persone senza documenti” è una mistificazione che non serve a tutelare i diritti ma a sostenere e incentivare l’immigrazione irregolare con tutti i rischi che ne conseguono. Nei Cpr vengono trattenuti migranti irregolari socialmente pericolosi, che hanno all’attivo condanne per reati anche molto gravi. Potrà dispiacere a qualche esponente della sinistra o a qualche attivista delle Ong - ogni riferimento a Casarini non è casuale - ma in Italia si rispettano le nostre leggi e non consentiamo a nessuno di aggirarle». Per Francesco Rocca (Fdi), si tratta di «un’affissione abusiva dallo sgradevole odore eversivo».
Casarini, da convertito, diffonde il verbo. Che non è quello che si è incarnato, ma quello che tutela l’immigrato.
Bruxelles si arrovella per aggirare le regole e dare agli ucraini i 90 miliardi confiscati. Un’elasticità mai dimostrata sul welfare.
È noto da tempo che le regole Ue, dai Trattati in giù, siano dotate di eccezionale flessibilità, in modo da essere applicate ai nemici e interpretate per gli amici. Ma ciò che sta accadendo pur di erogare un prestito (di fatto un sussidio) all’Ucraina rischia davvero di superare ogni limite di fantasia legale e finanziaria.
Il primo ostacolo era la procedura in forma scritta per prorogare a tempo indeterminato la sanzione del sequestro degli asset russi (circa 210 miliardi di euro immobilizzati e detenuti in gran parte presso il depositario belga Euroclear). Proprio ieri, è arrivata l’adozione a maggioranza qualificata da parte del Consiglio della proposta basata sull’articolo 122 del Tfue, che permette di agire in caso di emergenze economiche gravi, senza richiedere l’unanimità. Come prevedibile, l’Ungheria ha già annunciato ricorso alla Corte di Giustizia Ue, definendo la mossa «illegale».
Su questo punto, si sprecano i dubbi dei giuristi - da ultimo Marina Castellaneta sul Sole 24 Ore di ieri - sulla legittimità di questa scelta.
Ma il peggio, se possibile, è ancora davanti a noi. Perché si sta preparando, sempre che la Bce accetti di «fare il palo», un’operazione di finanziamento monetario degli Stati membri, vietata dai Trattati. In questo senso, una spia di allarme si era già accesa mercoledì scorso, leggendo l’intervista dell’amministratore delegato di Euroclear, Valerie Urbain, sul Corriere della Sera.
Il timore della Urbain è che se la Ue costringesse Euroclear a cedere la liquidità (e non anche altre attività finanziarie, si badi bene) dei russi immobilizzata nei loro conti, contro un «pagherò» firmato dalla Commissione improduttivo di interessi, si realizzerebbe una confisca di quei beni russi con tutte le conseguenze sulla stabilità finanziaria e sull’affidabilità del mercato dei capitali europeo.
Accadrebbe infatti che, qualora i russi vedessero riconosciuto il loro diritto a vedersi restituire quelle somme, Euroclear non avrebbe più un centesimo in cassa, ma solo un inservibile «pagherò» della Ue. Che la Ue potrebbe onorare soltanto se e quando la Russia pagasse i danni di guerra all’Ucraina, in modo da permettere a quest’ultima di rimborsare Bruxelles. Roba da fantapolitica. È quindi necessario che Euroclear abbia la liquidità necessaria per restituire i soldi ai russi e c’è solo una banca in grado di prendere il «pezzo di carta» della Commissione in garanzia per erogare un prestito di liquidità al depositario belga: la Bce. Ed è proprio lo scenario ipotizzato nell’intervista, quando la Urbain ha risposto che se la Commissione offrisse un titolo di credito «che dia interessi e che dunque la Bce accetti», si andrebbe «in una direzione migliore: sarebbe uno strumento rivendibile in cui possiamo investire».
Da qui si può dedurre - perché se la Bce fosse stata contraria, la Urbain avrebbe dovuto dirlo - che lo spazio a Francoforte c’è. Tanto è vero che la domanda se avesse parlato di questo a Ursula von der Leyen ha ricevuto una risposta possibilista (Be’, stiamo discutendo…).
Quindi è uno scenario concreto che la Bce - pur di non vedere Euroclear diventare insolvente davanti al rimborso dei fondi ai russi, come espressamente ammesso dalla Urbain - crei liquidità dal nulla per fornire un prestito a Euroclear, e accetti come garanzia dai belgi il «pagherò» della Ue, munito delle garanzie pro-quota di tutti gli Stati membri e del bilancio Ue.
È notizia di ieri pomeriggio che la Banca Centrale russa ha citato in giudizio Euroclear davanti al tribunale di Mosca accusando l’istituzione belga di aver reso inaccessibili fondi e titoli con azioni illegali e chiedendo danni pari al valore dei fondi, dei titoli e dei mancati guadagni. La Russia promette di contestare la misura in ogni tribunale internazionale e minaccia ritorsioni, tra cui il sequestro di 17 miliardi di Euroclear detenuti in Russia e possibili nazionalizzazioni.
E qui si concretizza lo scenario del finanziamento monetario. Perché se la Russia non pagasse i danni di guerra o, ancora prima, vedesse riconosciuto il suo diritto al rimborso di quei fondi sequestrati in Belgio, chi rimarrà col cerino in mano sarà Christine Lagarde.
Infatti, a cascata, l’Ucraina non rimborserà il prestito alla Ue, la Ue non rimborserà Euroclear e quest’ultima utilizzerà il prestito Bce per rimborsare i russi, lasciando la garanzia in mano alla Bce. Così a Francoforte si vedranno costretti a chiedere alla Commissione di onorare il «pagherò» ed escutere le garanzie degli Stati membri, a meno di non voler subire una perdita patrimoniale comunque priva di effetti concreti, perché la Bce non potrà mai essere insolvente in euro.
Una versione più raffinata di questa struttura è stata ipotizzata sul Financial Times il 7 dicembre, sempre terminante col cerino in mano alla Bce e in cui si ammette che l’alternativa, costituita dall’emissione di debito comune, non esiste, perché la «capacità di indebitamento della Ue e degli Stati membri è limitata».
Di fronte a tale marchingegno finanziario e legale, la memoria va immediatamente ai tanti «non si può… non ci sono i soldi… è vietato dai Trattati, ecc…» che ascoltiamo in modo ricorrente quando si respingono richieste di fondi per la sanità, l’istruzione, le pensioni o per un taglio di tasse.
Qui sono al lavoro da settimane per tirare come una molla tutte le regole e permettere alla Bce di stampare 90 miliardi con un click e farli partire, via Euroclear e Ue, verso Kiev. Il 18 dicembre ci sarà la decisione finale del Consiglio Europeo e il trucco di questo gioco delle tre carte sarà svelato.