2020-08-04
Il nuovo ponte di Genova rovinato da autostrade in tilt e dai Benetton
Il ponte di Genova (Andrea Diodato/NurPhoto via Getty Images)
Inaugurato il viadotto sorto sulle macerie del Morandi. Affidato ad Aspi perché in due anni il governo non ha trovato soluzioni. Le trattative con Cdp rallentate da Atlantia, fermi tutti gli investimenti sulla rete.Al di là della eccessiva retorica un po' bavosa che ci ha accompagnati alla cerimonia di inaugurazione del nuovo ponte di Genova, bisogna ammettere che la struttura non è per niente male. È vero, in molti già la soprannominano «Piano» non dal nome dell'architetto ma per via dei limiti di velocità bassissimi imposti dallo schema di progettazione, però non si può non riconoscere che nel complesso il nuovo viadotto Genova San Giorgio sia un simbolo di pervicacia e di ostinazione. Dopo il crollo avvenuto il 14 agosto del 2018, il ponte è stato demolito a giugno dello scorso anno. Progettato in breve tempo alla fine del 2018, appaltato a Fincantieri e Salini Impregilo, ha imposto agli ingegneri che l'hanno dovuto trasformare da disegno a realtà impegnativi colpi di genio. Issare campate prefabbricate e doverle saldare a 45 metri di altezza, con il vento o la pioggia, è stato un azzardo riuscito. I cantieri sono stati anche travolti dal Covid ma non si sono arrestati (segno che il lockdown per molte imprese era evitabile, ma questo è un altro discorso). Insomma, il nuovo ponte celebrato ieri anche da Sergio Mattarella dimostra che gli italiani nelle situazioni di emergenza hanno una marcia in più. Anzi, sono i migliori al mondo. Purtroppo, però, il viadotto illuminato dal tricolore è anche simbolo della nostra condanna. Della condanna di un Paese che vive sempre in emergenza e che, molto spesso per colpa della politica e dei governi in carica, non riesce in alcun modo a mettere a sistema i colpi di genio o le idee innovative. Non riesce a collegare un'eccellenza con l'altra. Basti pensare che da oramai un mese la Liguria è paralizzata da ore e ore di code. Si inaugura un ponte nuovo di zecca ma non lo si può raggiungere in tempi adeguati al Ventunesimo secolo perché il caos burocratico e le tensioni tra la concessionaria e il governo paralizzano tutto. Ovviamente il termine «tensioni» è improprio, ma rende l'idea perché la minaccia di revoca della concessione autostradale non è mai stata portata avanti. Quando il ponte è crollato, il primo governo Conte promise di togliere subito la concessione al gruppo Benetton, invece ieri il nuovo viadotto è stato consegnato proprio nelle mani di Autostrade per l'Italia che, inutile ricordarlo, è ancora controllato da Atlantia, la holding dei Benetton. Il vero paradosso non è solo il fatto che non siano state prese decisioni in ben due anni. Un lasso di tempo nel quale il mondo è stato travolto da una pandemia, gli equilibri geopolitici tra Usa e Cina hanno avviato il corso di una nuova era economica e la Nato è stata messa in discussione dalla Francia, mentre in Italia Giuseppe Conte non è stato in grado di prendere una decisione né sulla revoca e né sul prezzo di uscita dei Benetton. I quali sanno che superata la giornata di ieri non avranno più il fiato sul collo della politica e potranno prendersi tutto il tempo che desiderano per gestire la loro uscita dal mondo dei caselli. Da circa tre settimane i rappresentanti di Atlantia e Aspi si presentano alla sede del ministero guidato da Paola De Micheli per discutere il memorandum per la cessione delle quote alla componente pubblica e al tempo stesso decidere i pilastri della nuova concessione e delle tariffe. La firma sarebbe dovuta avvenire domani. Invece salterà. La trattativa va per le lunghe per motivi tecnici, ma anche perché consente ad Atlantia di mandare a rilento le discussioni che avvengono in Viale Goito, nella sede di Cdp. Qui è in corso un'altra trattativa, ben più importante, ma tenuta imbrigliata da quella politica. Dalle stanze di Cdp uscirà il valore che si vuole dare ad Aspi e si capirà alla fine di tutta la partita quanto avranno guadagnato i Benetton. Perché le possibilità che perdano si fanno molto remote. Per cui mentre ieri si inaugurava il ponte e la Liguria è bloccata da lavori che non sono stati fatti in tempo utile per affrontare i flussi estivi, a Roma si tergiversa e si rimandano gli investimenti sulle tratte della Penisola. Un circolo vizioso che non sappiamo quando si arresterà. Perché mai Autostrade e Atlantia dovrebbero fare investimenti extra, quando poi la rete passerà di mano? Perché Cdp dovrebbe subentrare a un prezzo troppo alto per perdere soldi pubblici e tenere lontani altri investitori istituzionali? Nel frattempo, visto che i tempi si allungheranno (Atlantia ha già fatto capire che le trattative con Cdp potrebbero ripartire a settembre), il rischio concreto che vadano in saturazione come la Liguria altre regioni è elevato e concreto. La firma dell'accordo è così lontana che in questi giorni il gruppo Benetton ha addirittura messo in discussione il rilascio della manleva. Tutto ciò a dire che la politica deve smettere di inaugurare cattedrali nel deserto e le scelte strategiche vanno fatte subito. Poi i tecnici discuteranno dei dettagli, non viceversa. Mai viceversa.