2018-06-12
Il caso di abusi che imbarazza l’arcivescovo di Milano
ora è sulla scrivania del Papa
«Francesco informato regolarmente». Una lettera di Emil Paul Tscherrig alla madre della vittima fa luce sulla mancata porpora a Mario Delpini.Dopo sette anni c'è la certezza che la vicenda di don Mauro Galli, il sacerdote imputato di abusi sessuali nei confronti di un minore a Rozzano (arcidiocesi di Milano), è finita sulla scrivania del Pontefice. La triste storia, che crea perdurante imbarazzo alla curia vescovile più grande d'Europa, è ufficialmente nota a papa Francesco; a confermarlo è una lettera con il sigillo della nunziatura apostolica in Italia, firmata dal nunzio Emil Paul Tscherrig e inviata l'11 maggio scorso alla mamma della vittima. «Desidero informarla che sono regolarmente giunte al Santo Padre», si legge nella missiva venuta in possesso della Verità,«e alla Congregazione per la dottrina della fede le diverse istanze da Ella indirizzate, inerenti il sollecito d'esame per il caso del reverendo Mauro Galli dell'arcidiocesi di Milano».Don Mauro ospitò il ragazzino nel lettone (lo ha ammesso in tribunale) dopo una confessione serale nel dicembre 2011 e fu da quest'ultimo accusato di abuso sessuale attraverso la famiglia. Le parole incriminanti furono per la prima volta pronunciate due giorni dopo i fatti dal parroco di Rozzano, don Carlo Mantegazza, al telefono con il vicario episcopale, che allora era don Mario Delpini, oggi arcivescovo di Milano. Delpini, invece di denunciare i fatti ai suoi superiori e di agevolare l'apertura di un'indagine previa (come da dettato del diritto canonico e soprattutto come da obbligo da parte di papa Ratzinger e papa Francesco, in trincea contro abusi e omissioni), decise semplicemente di spostare don Galli da Rozzano a Legnano, sempre a contatto con adolescenti. Alla decisione partecipò anche don Pierantonio Tremolada, oggi vescovo di Brescia. Lo stesso arcivescovo di allora, Angelo Scola, definì «maldestro» il comportamento dei suoi due collaboratori.La vicenda sta suscitando scalpore - la settimana scorsa è stata portata davanti alle Nazioni unite a Ginevra durante un convegno internazionale sugli abusi sessuali del clero - anche perché Delpini e Tremolada nel 2017 furono promossi dal Papa nonostante il Vaticano fosse a conoscenza delle tortuose curve che la caratterizzano, come si evince da una lettera del marzo 2016 del nunzio Adriano Bernardini sempre ai famigliari.I genitori del ragazzo, soprattutto dopo aver constatato la volontà consolatrice e dilatoria dei sacerdoti ai quali si erano affidati per ottenere giustizia, nel 2014 decisero di rivolgersi ai carabinieri. Lo hanno fatto dopo l'ennesima crisi del loro figlio, travolto da volontà autodistruttiva che gli psichiatri hanno attribuito alle conseguenze del trauma di quella notte, mai superato. La mamma, fervente cattolica, cominciò a scrivere anche al Vaticano per metterlo a conoscenza del dramma e per chiedere giustizia ai massimi livelli. La lettera del 2016 pervenuta dalla Congregazione per la dottrina della fede deriva da quel dossier. «Le vostre missive sono regolarmente lì giunte, codesta Congregazione vi invita ad avere fiducia nell'operato dei giudici ecclesiastici. Circa le accuse da voi mosse ai collaboratori dell'arcivescovo, saranno debitamente esaminate». «La Congregazione ha preso a cuore il vostro caso», «il vostro dolore è compreso e condiviso».Ed ecco che, due anni dopo, quella conoscenza è confermata. Il Vaticano sa e questa volta non intende lasciar correre. Nell'ultima missiva della Santa Sede firmata Emil Paul Tscherrig si legge: «Al riguardo desidero assicurarle che il relativo procedimento giudiziario è stato aperto sin dal 2015, appena giunta la prima segnalazione, e sta avanzando secondo le prestabilite norme canoniche e procedurali. Comprendo il suo dolore per la triste vicenda e la invito tenacemente ad avere fiducia nell'operato dei giudici ecclesiastici a cui è stata affidata l'istruttoria, certo che la verità verrà alla luce e la giustizia sarà riparata».La gestione di don Mauro da parte delle tonache meneghine potrebbe aver condizionato papa Francesco nella nomina, il 29 giugno, di 14 nuovi cardinali. Ci sono tre italiani, Angelo De Donatis, Giovanni Angelo Becciu, Giuseppe Petrocchi, ma non si fa cenno a Mario Delpini, che pure guida un'arcidiocesi, ma il cui orizzonte sembra condizionato dalle opacità della vicenda di Rozzano. Per far ritirare la costituzione di parte civile e far uscire la curia milanese dal processo, l'imputato (dopo essersi dichiarato nullatenente in una deposizione giurata) ha pagato 150.000 euro alla vittima. Eppure in tribunale don Mauro si è difeso ammettendo di avere «soltanto dormito» con l'allora ragazzino di 15 anni. Un sonno costato molto caro.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)