2018-11-04
Il numero due di Lucano seppellisce Riace: «I migranti ci picchiano, stop all’accoglienza»
Il vicesindaco Giuseppe Gervasi chiede a Matteo Salvini di chiudere il sistema dello Sprar: «Mancano i fondi e gli ospiti sono violenti con gli operatori e i cittadini».Le risse tra migranti e le aggressioni agli operatori del centro Sprar più famoso d'Italia hanno reso il piccolo Comune della Locride una polveriera. E ora che la situazione è ingestibile, dal Municipio invocano la chiusura del progetto per la protezione dei richiedenti asilo. Il sistema Riace crolla sotto i pasticci della gestione di Domenico Mimmo Lucano, il sindaco con la maglietta rossa, cocco di Laura Boldrini e protetto dall'ultrasinistra. Il 29 ottobre il sindaco facente funzioni Giuseppe Gervasi (vicesindaco dal 2016), tenace difensore di Lucano nei giorni dell'arresto (il primo cittadino è finito ai domiciliari un mese fa con l'accusa di aver organizzato matrimoni di convenienza per favorire l'immigrazione clandestina e poi è stato esiliato da Riace, dove ancora non può mettere piede, consolandosi con un tour per l'Italia), ha scritto al ministro Matteo Salvini invocando la chiusura dello Sprar.Sono tre i punti che caratterizzano la comunicazione ufficiale partita dal Comune: «Vista la perdurante e delicata situazione in merito allo Sprar; vista la mancanza di fondi sufficienti per garantire i servizi essenziali previsti; visti gli atteggiamenti aggressivi della maggior parte degli ospiti che tendono ad assumere comportamenti violenti nei confronti degli operatori, a volte anche verso cittadini del luogo; si chiede l'immediata attivazione delle procedure tendenti ad accompagnare la chiusura delle attività progettuali, evitando ulteriori problemi di ordine pubblico e sicurezza». Insomma il bubbone accoglienza è scoppiato e non è più gestibile. Sempre più spesso è necessario l'intervento dei carabinieri del piccolo Comando stazione di via Don Bosco. E quello che per Gervasi fino al giorno dell'arresto di Lucano era ancora un modello («Riace è e sarà sempre un esempio meraviglioso», dichiarò poche ore dopo la notifica dell'ordinanza di custodia cautelare), di colpo, a un mese di distanza, si è trasformato in una rogna da chiudere in fretta. La «perdurante e delicata situazione dello Sprar» riguarda le ultime pesantissime contestazioni arrivate dalla Direzione centrale dei servizi per l'immigrazione e l'asilo del ministero dell'Interno: «Sono state accertate», scrivono i funzionari in un documento notificato lo scorso mese di ottobre, «plurime anomalie gestionali e amministrative, nonché criticità in merito ai diversi servizi di accoglienza che caratterizzano i progetti Sprar». Dal ministero fanno sapere anche che «al fine di salvaguardare le positività del progetto e a fronte delle rassicurazioni circa l'impegno a superare le criticità» che aveva fornito Mimmo Lucano in persona, il 5 e 6 settembre di un anno fa è stata disposta una visita di monitoraggio «con l'obiettivo», spiegano i funzionari ministeriali, «di supportare l'amministrazione di Riace ai fini dell'esecuzione delle attività progettuali nel pieno rispetto delle norme». Le successive verifiche, a un anno di distanza, hanno fornito al ministero la prova che Riace era un bluff. La conclusione dei funzionari ministeriali, che schiaccia definitivamente il sistema Riace, è questa: «Le criticità accertate, in ragione della loro entità, della loro rilevanza e della loro persistenza risultano, nonostante l'apporto collaborativo prestato dalle strutture centrali e periferiche di questa amministrazione, aver compromesso le finalità di accoglienza integrata proprie del progetto per i profili di inefficienza amministrativa programmatica e gestionale, con conseguenti riflessi negativi sia sulla presa in carico dei soggetti accolti, sia riguardo al non corretto impiego delle risorse pubbliche erogate». La sentenza è pesantissima. E questa volta comporta la resa degli amministratori di Riace, definiti negli atti ministeriali degli incapaci. D'altra parte Mimmo Lucano, per lo Sprar, non era riuscito a portare a termine neanche la gara d'appalto, che andò deserta. In quel caso, oltre a lui, non ci sono altri responsabili del fallimento, visto che, come aveva denunciato La Verità, aveva ricoperto tutti e tre i ruoli chiave: era sua la firma sotto il bando di gara in qualità di primo cittadino, sua quella come responsabile unico del procedimento (come previsto dalla legge nei comuni con meno di 5.000 abitanti), e sua anche quella da responsabile dell'unità operativa del servizio finanziario. Uno e trino il sindaco Lucano. Che per lo Sprar ha dato l'indirizzo politico da sindaco, l'indirizzo tecnico da Rup e si è anche dedicato ai conti grazie alla terza carica che ha deciso di ricoprire. E così, proprio per l'incapacità dell'amministrazione, sono venuti meno i fondi. Ma Lucano ha continuato da una parte a inveire prima contro «i cattivi (l'ex ministro Marco Minniti e Matteo Salvini, ndr)» e dall'altra a rassicurare i suoi: «Riace è il paese dell'accoglienza, qui la sperimentazione della vera integrazione è riuscita». La favoletta raccontata all'Italia dal cordone mediatico che protegge Lucano era questa: «I migranti a Riace smettono di essere un peso per diventare motore di un'economia moribonda; non vengono ospitati in casermoni fatiscenti, ma in case abbandonate di un borgo che si è trasformato in una meravigliosa oasi di interculturalità». Tutti hanno taciuto però sulle risse tra migranti. Continue. In pubblica piazza. Che a volte si trasformano in aggressioni ai cittadini. E ora, si apprende dalla comunicazione del sindaco facente funzioni, anche agli operatori dello Sprar. La fine di un sistema che modello non lo è stato mai per davvero.