2019-06-23
Il mito di Dracula nacque la notte in cui Bram Stoker vide un vampiro
Il thriller firmato dal discendente del grande romanziere racconta le origini della storia horror più celebre di sempre.Per gentile concessione dell'Editrice Nord, pubblichiamo l'incipit del romanzo Dracul (480 pagine, 18,60 euro, ora in libreria), firmato da Dacre Stoker e J.D. Barker, nella traduzione di Francesco Graziosi.Bram fissa la porta.Il sudore gli cola dalla fronte aggrottata. Si passa le dita tra i capelli madidi, le tempie gli pulsano per il dolore.Da quanto tempo è sveglio? Due giorni? Tre? Non lo sa più, ogni ora stinge in quella seguente, un sogno febbrile da cui non c'è risveglio, soltanto un sonno più profondo, più nero...No!Il sonno è fuori discussione.Con fatica, Bram sbarra gli occhi. Si costringe a tenerli aperti, impedendosi persino di battere le palpebre, perché a ogni battito si fanno più pesanti. Non possono esserci né riposo, né sonno, né sicurezza, né famiglia, né amore, né futuro, né...La porta.Deve sorvegliare la porta.Bram si alza dalla sedia, l'unico mobile della stanza. I suoi occhi sono fissi sulla spessa porta di quercia. Si è mossa? Gli è parso di vederla tremare, ma non c'è stato nessun rumore. Neanche il minimo suono a tradire il silenzio di quel luogo; solo il suo respiro, e lo scalpiccio impaziente del suo piede sul freddo pavimento di pietra.La maniglia della porta rimane ferma, i cardini riccamente ornati sono gli stessi di cent'anni fa, la serratura tiene. Prima di arrivare qui, Bram non aveva mai visto una serratura simile, forgiata nel ferro e fissata a caldo. Il meccanismo è tutt'uno con la porta, con due grossi chiavistelli al centro assicurati da due sbarre di ferro che si agganciano al legno, una a destra e l'altra a sinistra. La chiave, ce l'ha lui in tasca, e lì dovrà rimanere.Bram serra le dita intorno al calcio del fucile Snider-Enfield Mark III, l'indice che giocherella col paragrilletto. Poche ore fa ha caricato l'arma e ormai ha perso il conto delle volte in cui ha tolto e rimesso la sicura. Fa scivolare la mano libera sull'acciaio freddo, assicurandosi che l'otturatore sia nella posizione corretta. Arma il cane.Questa volta lo vede: un lieve tremolio nella polvere che ricopre la fessura tra la porta e il pavimento, uno sbuffo d'aria, niente di più, ma comunque un movimento.Senza far rumore, Bram mette giù il fucile e lo appoggia contro la sedia.Infila una mano nel cesto di paglia alla sua sinistra e ne tira fuori una rosa selvatica bianca, una delle sette che rimangono. Al suo passaggio, la fiamma della lampada a olio, unico lume nella stanza, vacilla.Con cautela, Bram si avvicina alla porta.L'ultima rosa giace in un grumo appassito; i petali bruniti, scuri e carichi di morte, lo stelo secco e macilento; le spine che sembrano più grandi di quando il fiore era ancora vivo. Emana un lezzo di marciume: la rosa ha preso l'odore di un fiore cadavere.Bram la spinge via con la punta dello stivale e al suo posto posa delicatamente la nuova ai piedi della porta. «Benedici questa rosa, o Padre, col Tuo alito e con la Tua mano e con ogni cosa sacra. Guida i Tuoi angeli a custodirla, e possa il loro tocco tenere lontano ogni male. Amen. »Dall'altro lato della porta arriva uno schianto, il suono di una tonnellata che si abbatte sul legno antico di quercia. La porta geme e Bram balza verso la sedia, agguanta il fucile e si mette in ginocchio, prendendo la mira. Poi tutto tace di nuovo.Bram rimane immobile, col fucile puntato verso la porta finché il peso dell'arma non lo fa vacillare. A quel punto abbassa la canna e perlustra la stanza con lo sguardo.Se entrasse qualcuno, che cosa mai penserebbe vedendo quello spettacolo?Bram ha rivestito le pareti di specchi, una ventina di ogni forma e dimensione, tutti quelli che possedeva. Gli rimandano l'immagine del suo volto esausto moltiplicata centinaia di volte. Prova a distogliere lo sguardo, solo per ritrovarsi a fissare gli occhi del suo riflesso e un viso segnato da rughe molto più vecchie dei suoi ventun anni.Tra uno specchio e l'altro, ha affisso ai muri delle croci, quasi una cinquantina. Alcune recano l'immagine del Cristo, mentre altre sono semplici ramoscelli caduti inchiodati insieme e benedetti dalla sua stessa mano. Le croci proseguono sul pavimento, tracciate prima con un gessetto, poi incise direttamente nella pietra, con la punta di un pesante coltello, fino a ricoprire ogni superficie. Se siano abbastanza, Bram non può saperlo con certezza, ma è il massimo che poteva fare.Non può uscire.Quasi sicuramente non uscirà mai più.Ritorna al suo posto e si rimette seduto.Da fuori viene il richiamo di una strolaga, mentre la luna si affaccia e scompare dietro le spesse nubi. Bram estrae l'orologio dal cappotto e impreca: si è dimenticato di caricarlo, e le lancette hanno smesso di girare alle 4:30. Lo ricaccia nel taschino.Un altro colpo alla porta, più forte del precedente.Bram trattiene il respiro e volge di nuovo lo sguardo alla porta, appena in tempo per vedere la polvere danzare sul pavimento per poi tornare a posarsi sulla pietra.Chissà quanto tempo reggerà quella barriera a un simile assalto.Certo, la porta è solida, ma la cosa che la sta aggredendo si fa più furiosa di ora in ora, la sua determinazione cresce man mano che l'alba si avvicina.I petali della rosa hanno già iniziato a scurirsi, molto più in fretta di quelli della precedente.Che ne sarà di lui quando infine la cosa abbatterà la porta? Bram pensa al fucile e al coltello, sapendo che gli saranno di ben poco aiuto.Lo sguardo si posa sul diario che giace accanto al cesto di rose; dev'essergli caduto dal cappotto. Raccoglie il libretto logoro, rilegato in cuoio, e ne scorre le pagine prima di risistemarsi sulla sedia, sempre con un occhio alla porta.Ormai ha pochissimo tempo.Prende una matita dal taschino, trova una pagina bianca e inizia a scrivere al lume tremolante della lampada a olio.Copyright © 2018 by Dacre Stoker and J.D. Barker© 2019 Casa Editrice NordGruppo editoriale Mauri Spagnol
La nave Mediterranea nel porto di Trapani (Ansa)