2022-03-05
Il micro partitino di Lupi vale l’1%. Però ci impone la riforma del catasto
Noi con l’Italia ha dato il voto decisivo che ha bocciato la proposta di stralcio del centrodestra, di cui dovrebbe fare parte. Fra gli altri suoi «regali», la nomina di Costa come sottosegretario alla Sanità.Cinquantacinque applausi. Li avevamo contati, li avevamo vissuti, qualche tenero Giacomo ci aveva pure pianto sopra. Quando un mese fa il neopresidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha parlato nell’Aula gremita dell’«insostituibile centralità del Parlamento», sono fioccate ovazioni pelose. E a Mario Draghi - che quella centralità aveva accartocciato come una pallina di carta per un anno - sono fischiate le orecchie dalla punta arrossata. Tutti felici in attesa del nuovo ricatto di giovedì sera con il catasto di guerra, sancito dalla frase piddina da regime venezuelano: «Se non lo votate cade il governo». Non è caduto perché il possibile salasso sulla casa vale uno strapuntino, prima o poi. E Maurizio Lupi lo sa.Ora il leader di Noi per l’Italia si percepisce il salvatore della patria e s’inorgoglisce per quel decisivo salvagente dal diametro di 1,3 centimetri (la percentuale dei voti alle ultime politiche) gettato all’esecutivo in commissione Finanze. In realtà ha avallato una trappola, non ha salvato nessuno perché alle Camere sarà battaglia, ma ha tradito il ricompattato centrodestra. Era avvenuto il miracolo, su un tema cardine l’alleanza aveva colto il forte significato politico di un messaggio comune e aveva ritrovato l’unità. Nel Paese dell’87% di proprietari di case, l’abitazione ha un valore primario e nessun dissidio può allontanare chi è schierato contro inique e reiterate imposizioni fiscali. Eppure il partito di Lupi (praticamente lui) è riuscito nell’impresa: 22-23 sul mancato stralcio dell’articolo 6. Così tutti a intervistare Alessandro Colucci, il deputato milanese che ha messo il suo mattoncino decisivo allineandosi alla sinistra. «Io non ho votato con l’obiettivo di salvare il governo ma rispetto al merito sull’aggiornamento dei valori catastali», va ripetendo a nastro. E aggiunge: «Non mi ha chiamato nessuno del governo, ma ho ricevuto più complimenti che critiche dai cittadini». Forse dagli elettori di Leu e del Movimento 5 stelle. Forse da «eurolirici» di passaggio, poiché a spingere per far passare la riforma del catasto è da sempre Bruxelles, che chiede con dita adunche di spostare la tassazione italiana dalle persone ai beni. Per ottenere l’obiettivo il governo ha addirittura costruito una narrazione fasulla, che prevede una quota del Pnrr legata alla riforma. Le pressioni erano forti ma il richiamo all’unità politica forzata era pretestuoso: l’esecutivo è nato per contrastare il Covid e uscire dalla pandemia e non per avallare, per dirla alla Roberto Calderoli, «ogni porcata». Il centrodestra non ci è cascato, il partitino di Lupi sì. Nessuna ingenuità, solo calcolo. Più che lupi talvolta i centristi si sentono volpi. E allora è interessante chiedersi quale identità politica, quale orizzonte valoriale abbia Noi per l’Italia, che ufficialmente sta dentro il perimetro del liberalismo cattolico ma adora vagare nel mare delle convenienze senza una bussola e senza coerenza. Da mesi Lupi sottolinea la necessità «dell’unione del centrodestra» e alla prima occasione lo silura. Durante la campagna elettorale per Milano ha rifiutato ogni coinvolgimento (pure la candidatura) per poi rimanere ai margini di tutto, come assalito da una fastidiosa gastrite politica. Lo sgambetto è pesante, in linea con antichi vizi di un movimento postdemocristiano che non disdegna tattiche da poltronificio. E che sembra prigioniero degli stessi riflessi condizionati di Nuovo Ccd e Alternativa popolare; insomma da Angelino Alfano al West. Sono trascorsi anni da quel 2016 nel quale, contro ogni logica politica, Lupi si appiattì sulle posizioni piddine di Monica Cirinnà e fece passare le unioni civili arruolando pretestuosamente anche papa Wojtyla per giustificare il tradimento. Ma il sistema è sempre lo stesso: bastone tra i raggi della bicicletta degli alleati e pedalare. Un comportamento ambiguo e ondivago che caratterizza anche l’altro campione di Noi per l’Italia, il turbo green passista e sottosegretario alla Salute Andrea Costa. Amici o nemici? Semplici conoscenti. L’atteggiamento è questo. La legislatura sta finendo e il posizionamento per un posto in lista è cominciato. Lupi non percepisce lo sgambetto, anzi accende l’aureola: «Aprire una crisi di governo ora sarebbe irresponsabile. Abbiamo votato a favore perché siamo d’accordo nel merito, non per salvare il governo: è una cosa giusta che va fatta. L’aggiornamento degli estimi catastali è solo un atto tecnico necessario». Meglio fare un nodo al fazzoletto. Poi allarga le braccia, come se dovesse accogliere il mondo con ecumenico afflato: «Facciamo battaglie giuste. Noi siamo sempre stati e continueremo a essere leali al centrodestra: ritroviamoci». Al di là del curioso concetto di lealtà, non ci crede più nessuno. Men che meno la Lega, che attraverso il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, mostra tutta la sua diffidenza. «Non si può pretendere che le forze diverse che hanno appoggiato Draghi debbano adattarsi su tutto senza poter intervenire sui provvedimenti. Se in un governo di unità nazionale vale solo quello che va bene al Pd, allora il governo se lo facesse il Pd». Lupi ascolta e commenta: «Quello che dice Molinari è vero». Poi, da hombre vertical, vota contro.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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