2023-01-07
Il Messico arresta il figlio del Chapo e i narcos scatenano l’inferno in città
Immagini degli scontri in Messico. Nel riquadro, Ovidio Guzman (Ansa)
Scene di guerra a Culiacan. Dopo la cattura di Ovidio Guzman il cartello della droga blocca le vie e circonda l’aeroporto: oltre 30 morti negli scontri e 100 voli cancellati. Il blitz sembra un regalo a Joe Biden, in arrivo lunedì.Kevin McCarthy speaker: meta più vicina. Dopo 12 votazioni, il candidato repubblicano non riesce a conquistare la poltrona. La distanza però si riduce: mancano cinque voti. Lo stallo comunque favorisce i dem. Lo speciale comprende due articoli.Duro colpo ai cartelli della droga messicana. Nel corso di un’operazione, giovedì mattina le forze militari messicane hanno arrestato Ovidio Guzman Lopez. Soprannominato El Raton, il figlio trentaduenne del famigerato signore dei narcos, Joaquin Guzman, detto El Chapo. I fatti si sono verificati nella città di Culiacan: capoluogo di una vera e propria roccaforte dei narcotrafficanti, che è lo Stato di Sinaloa. In particolare, la Guardia nazionale messicana ha circondato il quartiere cittadino Jesus Maria, dov’era stato individuato Guzman. Stando a quanto riferito dal segretario alla Difesa messicano Luis Cresencio Sandoval, l’arresto è avvenuto dopo un serrato scontro a fuoco tra militari e narcos. È anche per questo che giovedì le autorità avevano esortato i cittadini a rimanere nelle proprie abitazioni. Sempre secondo Sandoval, i narcotrafficanti avevano anche istituito diciannove posti di blocco all’aeroporto di Culiacan e nei vari punti di accesso della città. Ciononostante l’aviazione militare messicana è riuscita a trasportare Guzman a Città del Messico, dove è stato condotto negli uffici del procuratore speciale per la criminalità organizzata. Nel corso dell’operazione di arresto, secondo la Bbc, hanno perso la vita dieci militari e 19 sospetti.I narcos hanno compiuto atti di vera e propria guerriglia: oltre ai posti di blocco, si sono mossi armati fino ai denti in colonne di suv. Vari quartieri della città sono stati messi a ferro e fuoco, mentre gli scontri con le forze messicane sono proseguiti. I trafficanti hanno anche sparato contro aerei militari e velivoli civili (due dei quali hanno dovuto interrompereil decollo, mentre i passeggeri si buttavano a terra in preda al panico). Non solo: violenti disordini sono scoppiati nelle ore successive all’arresto di Guzman. Secondo il governatore di Sinaloa, Ruben Rocha Moya, sarebbero morti almeno sette membri delle forze di sicurezza. In questo caos, sono oltre 100 i voli cancellati in tre aeroporti di Sinaloa. Sarebbe stato anche effettuato un tentativo di evasione dal penitenziario statale, mentre gli episodi di violenza si sarebbero estesi anche ad alcuni comuni limitrofi. L’operazione che ha portato alla cattura di Guzman è l’esito di un lavoro durato circa sei mesi. Ricordiamo che il figlio di El Chapo era già stato catturato dalle forze messicane nell’ottobre 2019. Era tuttavia stato rilasciato quasi immediatamente, dopo che i narcos - pesantemente armati - avevano preso di fatto il controllo di Culiacan, minacciando di compiere delle stragi. Una circostanza che gettò il governo messicano nell’imbarazzo. I media d’oltreatlantico hanno sottolineato che l’arresto di giovedì scorso è avvenuto a pochi giorni dall’arrivo in Messico - previsto per lunedì - del presidente americano, Joe Biden, che prenderà parte al decimo vertice dei leader dell’America settentrionale, insieme all’omologo messicano, Manuel Lopez Obrador, e al premier canadese, Justin Trudeau. Vale a tal proposito la pena ricordare che gli Stati Uniti erano alla ricerca di Ovidio Guzman almeno dal 2008. Inoltre, nel dicembre 2021, il Dipartimento di Stato americano aveva messo su di lui una taglia da 5 milioni di dollari, sostenendo che «i fratelli Guzman Lopez stanno attualmente supervisionando circa undici laboratori di metanfetamine nello Stato di Sinaloa, producendo circa 3.000-5.000 libbre di metanfetamine al mese».«Questo è un duro colpo per il cartello di Sinaloa e una grande vittoria per lo Stato di diritto. Tuttavia, non ostacolerà il flusso di droga negli Usa», ha detto l’ex capo delle operazioni internazionali della Dea, Mike Vigil, auspicando che Washington richieda celermente l’estradizione di Guzman. Era gennaio 2017, quando suo padre fu estradato negli Stati Uniti, dove è poi stato condannato all’ergastolo nel 2019: attualmente è rinchiuso nell’Adx Florence, penitenziario di massima sicurezza situato in Colorado. Non è d’altronde un mistero che la frontiera meridionale degli Usa sia ogni anno letteralmente inondata dalla droga dei cartelli messicani. Nbc News ha riferito che la pressione su El Raton è aumentata ultimamente a causa dell’incremento del traffico di fentanil: oppioide sintetico che ha prodotto un record di overdose negli Usa negli ultimi anni. La stessa testata giornalistica ha riportato che, secondo la Dea, proprio il cartello di Sinaloa risulterebbe il principale responsabile dei fiumi di fentanil entrati in territorio americano. È in questo quadro che Washington aveva esercitato pressioni su Città del Messico, affinché si impegnasse maggiormente nel contrasto ai signori della droga. Senza dimenticare gli aspetti internazionali. Alcuni componenti usati dai narcos per il fentanil sono infatti provenienti dalla Repubblica popolare cinese: un fattore che ha contribuito, già ai tempi dell’amministrazione Trump, a peggiorare i rapporti tra Washington e Pechino. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-messico-arresta-il-figlio-del-chapo-e-i-narcos-scatenano-linferno-in-citta-2659081494.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="mccarthy-speaker-meta-piu-vicina" data-post-id="2659081494" data-published-at="1673037133" data-use-pagination="False"> McCarthy speaker: meta più vicina Stati Uniti: è possibile che lo stallo alla Camera dei rappresentanti sia in via di superamento? Ieri sera, quando La Verità è andata in stampa, il deputato repubblicano, Kevin McCarthy, non era ancora riuscito, dopo ben 12 votazioni complessive, a conquistare la poltrona di Speaker. Tuttavia, rispetto ai giorni precedenti, la pattuglia dei suoi oppositori interni si era notevolmente assottigliata (i riottosi erano infatti passati da 21 a sette): segno che le trattative in corso potrebbero essere in procinto di sbloccare la situazione. In particolare, al primo scrutinio di ieri, McCarthy si era fermato a 213 voti: non poi così lontano dalla fatidica soglia dei 218 necessari per ottenere la presidenza. Al momento in cui scriviamo, l’osso più duro rimasto in campo è il deputato repubblicano Matt Gaetz: capofila dei frondisti e mosso da sentimenti energicamente antiestablishment, si tratta di un profilo che, nonostante la sua conclamata fede trumpista, non si è lasciato smuovere neppure dallo stesso Donald Trump che, tre giorni fa, aveva rinnovato il proprio endorsement a McCarthy. La scommessa dell’establishment repubblicano è che Gaetz veda progressivamente affievolire la propria influenza sulla pattuglia dei ribelli. Bisognerà tuttavia capire se l’ala più dura di questo gruppo alla fine cederà, decidendosi a sostenere McCarthy: un McCarthy che, se votano tutti i deputati, può permettersi un massimo di quattro defezioni repubblicane, per arrivare ad essere eletto Speaker. Il suo problema continua quindi a rivelarsi la maggioranza eccessivamente risicata, conquistata dall’Elefantino alle ultime elezioni di metà mandato. Indipendentemente da come si concluderà lo stallo alla Camera, quanto accaduto sta già pesando negativamente sul Partito repubblicano, rafforzando indirettamente Joe Biden: d’altronde, erano 164 anni che l’elezione di uno Speaker non si trascinava così a lungo. Un autentico regalo al presidente americano, a cui tuttavia i grattacapi non mancano: a partire dalla spinosissima questione migratoria. La pressione alla frontiera meridionale degli Stati Uniti continua a rivelarsi significativa. In questo quadro, l’inquilino della Casa Bianca ha annunciato giovedì un piano per accogliere fino a 30.000 immigrati al mese da Cuba, Haiti, Nicaragua e Venezuela: un piano che, secondo la Cnn, si accompagnerebbe a una strategia «per espellere quanti più migranti provenienti da quei Paesi che eludono le leggi statunitensi». «No, non limitatevi a presentarvi al confine. Restate dove siete e fate domanda legalmente da lì», ha detto Biden, rivolgendosi ai migranti: un Biden che visiterà domani, per la prima volta da quando è in carica, la frontiera meridionale. Insomma, il presidente americano si è improvvisamente accorto della crisi migratoria al confine. Una crisi che ha sempre rappresentato la sua principale spina nel fianco. Senza dimenticare il fallimento di Kamala Harris che, a marzo 2021, era stata incaricata dall’inquilino della Casa Bianca di risolvere la questione per via diplomatica con i Paesi dell’America centrale. E invece non solo la crisi è peggiorata (lo scorso anno fiscale si è chiuso col record di arrivi di immigrati clandestini), ma negli ultimi mesi Washington ha anche perso influenza sull’America latina a vantaggio di Cina e Russia. Eppure, nonostante questi oggettivi problemi, Biden sta riuscendo politicamente a destreggiarsi proprio in forza del caos politico, scatenato dai repubblicani alla Camera. O l’Elefantino si affretta quindi a sbloccare lo stallo oppure continuerà a dare assist alla Casa Bianca, compromettendo così le proprie chance di vincere le elezioni presidenziali del prossimo anno. E così i democratici, divisi e con poche idee, puntano tutto sul testacoda di un Gop sempre più vicino al suicidio politico.
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