2019-11-14
Mafioso fa causa
allo Stato grazie all’interrogazione
della renziana
Il cognato di Matteo Messina Denaro denuncia l'autorità pubblica basandosi su un atto di Pina Occhionero, deputata nei guai per il portaborse legato al boss. Intanto il Bullo non dice una parola sulla vicenda della sua esponente.Grazie a una interrogazione parlamentare di Pina Occhionero, la deputata molisana eletta con Liberi e uguali che da compagna di banco alla Camera di Pier Luigi Bersani è rimasta folgorata alla Leopolda ed è passata con Italia viva, Filippo Guttadauro, cognato dell'imprendibile mammasantissima di Cosa nostra Matteo Messina Denaro, si è opposto a una richiesta di archiviazione della Procura nel procedimento in cui avevano denunciato lo Stato per associazione a delinquere. La mafia che sfida lo Stato. La storia giudiziaria che ha travolto Antonello Nicosia, sedicente professore, radicale incallito con in dote una condanna a dieci anni per droga e portaborse della deputata Occhionero, finito in carcere con l'accusa di mafia per aver fatto da postino, grazie al passepartout ottenuto con il tesserino della Camera dei deputati, tra i boss mafiosi detenuti e i complici in libertà, sembra ruotare molto attorno alla figura di Guttadauro. Il cognato della Primula rossa di Cosa nostra ha da tempo finito di scontare la sua pena ma per lui il Tribunale di sorveglianza ha stabilito che debba restare in 41 bis, il regime di carcere duro dell'ordinamento penitenziario, perché considerato socialmente pericoloso. È il cosiddetto ergastolo bianco. Nicosia viene beccato a telefono con un'amica della moglie di Guttadauro (sorella di Matteo Messina Denaro). E in quella telefonata afferma che «suo fratello è sperto (intelligente in siciliano, ndr) non c'è dubbio... suo fratello è sperto». Per i magistrati il riferimento è al boss che era entrato nel cuore di Nicosia così tanto da farlo definire «santo». L'1 febbraio 2019 Nicosia e la deputata Occhionero si presentano al corpo di guardia della Casa circondariale di Tolmezzo, dove è detenuto Guttadauro. I magistrati annotano che Nicosia va a fare visita al boss «per rassicurarlo del proprio impegno relativo alla sua causa e, a tale scopo, si propone anche di presentare una interrogazione parlamentare tramite l'onorevole». E così accade. Il 7 marzo l'interrogazione è pronta. E, oltre a denunciare la criticità strutturale del carcere di Tolmezzo, viene fatto esplicito riferimento alla specifica situazione in cui verserebbero gli internati. E tra questi c'è il boss Guttadauro che, circa un anno prima, aveva denunciato lo Stato per associazione a delinquere. Al termine delle indagini i pm avevano avanzato al gip una richiesta di archiviazione e Guttadauro si è opposto allegando proprio l'interrogazione parlamentare della deputata Occhionero. Ma è a questo punto che nella storia si innesta una inquietante coincidenza. «L'interrogazione della Occhionero allegata all'opposizione fatta da Guttadauro non è identica a quella depositata alla Camera». A denunciarlo è Giovanni Donzelli di Fratelli d'Italia, che, oltre ad aver scoperto l'assenza nel documento inviato ai magistrati di tutto l'incipit usato dalla Occhionero, ha scoperto anche che «rispetto all'interrogazione ufficiale, del 7 marzo 2019, quella depositata da Guttadauro ha una data precedente». Secondo Donzelli «la versione usata da Guttadauro non è rintracciabile nel sito della Camera e la prima stesura i suoi legali non possono che averla ottenuta brevi manu prima della modifica e del deposito ufficiale». È proprio grazie a quella interrogazione che il boss è riuscito a tenere in piedi il procedimento nel quale ha sfidato lo Stato. E, così, il deputato di Fratelli d'Italia è intervenuto in aula, alla Camera. Dall'ala renziana si sono alzate rumorose contestazioni. Sulla faccenda Occhionero però pesa il silenzio di Matteo Renzi. Soprattutto perché la deputata, che sostiene di aver interrotto i rapporti con Nicosia, ha continuato a sentirlo, come riportato negli atti giudiziari della Procura di Palermo, fino a fine ottobre. Dopo la Leopolda, alla quale hanno partecipato entrambi. È di qualche giorno prima un sms con il quale Nicosia le fa sapere: «Ti aspetta Santo Sacco (uno dei boss ai quali Nicosia e Occhionero avevano fatto visita, ndr)». La risposta della deputata, in quel momento in fase di passaggio a Italia viva, è questa: «Ma è uscito dal villaggio?». E il villaggio era il carcere nel quale Sacco aveva appena finito di espiare la sua pena. Lì lo scorso Natale aveva ricevuto una lettera su carta intestata della Camera dei deputati firmata da Nicosia e dalla deputata. E mentre la Occhionero cade dal pero, come ha fatto in Procura sostenendo di essersi sbagliata a fidarsi del collaboratore, il gip ha bollato quell'atteggiamento come «un grave difetto di consapevolezza» oppure «una connivenza». Per questo Wanda Ferro, segretario della commissione parlamentare antimafia in quota Fratelli d'Italia, ha chiesto e ottenuto dall'ufficio di presidenza di poter audire la deputata di Italia viva. Carolina Varchi, sempre di Fratelli d'Italia, invece, ha chiesto che il capo del Dap, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Francesco Basentini, riferisca immediatamente in commissione Giustizia, «per capire quali accertamenti siano stati svolti in merito alle visite della e del suo collaboratore».