
Il capo politico si impunta per subentrare a Matteo Salvini al Viminale, facendo così vacillare l'intesa con il Pd. Il resto del partito però lo cinge d'assedio e gli fa l'ultima offerta: per l'ormai ex bimbo prodigio pentastellato ci sarebbe il ministero della Difesa. Beppe Grillo ha incontrato Dio, Alessandro Di Battista ha detto no ai Benetton e Malagò, Davide Barillari non vuole morire piddino, Luigi Di Maio voleva Viminale e Palazzo Chigi. La prima giornata di consultazioni al Quirinale è stata la dimostrazione dei mal di pancia all'interno del M5s, ma anche la conferma che il Movimento «testuggine» che tanto piaceva a Giggino non è mai esistito. Il giovane vicepremier orfano di Salvini, con l'abbraccio del suo partito al Pd, si ritrova all'angolo. Addirittura con Giuseppe Conte, benedetto da Donald Trump, che diventa il pentastellato numero uno: mette e leva gli ostacoli. Lui, infatti, oltre a dire no alla Lega aveva detto chiaramente che nessuno doveva porre ultimatum sui nomi del nuovo capo dell'esecutivo. Dopo l'assicurazione che sarà il nuovo premier, Palazzo Chigi, per far ripartire la trattativa col Pd, lascia filtrare che «in presenza del presidente Conte non è mai stata avanzata la richiesta del Viminale per Luigi Di Maio, né dal M5s né da Di Maio stesso». L'alternativa, per incasellare l'ormai ex ministro del Lavoro nel nuovo esecutivo, sarebbe assegnarlo al ministero della Difesa. Dalle colonne del suo blog, Beppe Grillo ha ribadito il suo ruolo di fondatore che ha portato a compimento la missione. Il comico immagina che Dio lo riprenda per aver avuto fiducia «nell'equilibrio mondiale», mentre tutto è mosso dal «dominio dell'avidità». E ancora: «Senza vaffanculi in pratica», continua Grillo, «non c'è sostanza e non si va da nessuna parte. E lei cerca di rinchiudersi nel suo guscio sul mare… E lei… dovrà espiare, capisce quello che le dico Giuseppe? Si era messo sul suo palco trapiantato in una piazza a sbraitare di ladri ed economia, di un parlamento con più ladri che a Scampia! Non esistono ladri, non esiste economia, non esiste la democrazia e non c'è nessun Ovest. Esiste soltanto un unico, intrecciato, multivariato dominio di avidità; da cosa crede sia mosso il poppante che ciuccia? Dal bisogno forse? No quella è semplice, essenziale, naturale ed ecologica avidità. Lei ha voluto scambiare la sua sfiducia nell'amore incondizionato nella fiducia in un equilibrio mondiale alla faccia del secondo principio!». In un altro passaggio, Grillo scrive che «un giorno i nostri figli vedranno quel mondo perfetto: opinioni diverse ed opposte cammineranno tenendosi per mano cantando una pastorale. Ed ogni noia sarà superata, ogni angoscia tranquillizzata, ogni tormento stroncato sul nascere». Quindi, in chiusura, Dio gli direbbe: «Li lasci lì senza un linguaggio: che la Babele si scateni». Insomma, missione compiuta con l'accordo col Pd anche se la base grillina non riesce ancora a capire come e perché. Da giorni una larga fetta della base si sta ribellando all'accordo, inondando le pagine social di commenti sprezzanti e preoccupati, chiedendo di votare sulla piattaforma Rousseau. «Una polveriera di cui non possiamo non tener conto», sostiene un esponente grillino a microfoni spenti. Ma ieri il voto di ratifica veniva messo in dubbio per i tempi (va chiesto 24 ore prima) e fondamentalmente considerato inutile, visto che l'accordo è raggiunto.Le polemiche non si fermano alla base. Dopo le perplessità espresse da Gianluigi Paragone e Massimo Buffagni sul nuovo accordo, ieri è uscito allo scoperto anche Davide Barillari, consigliere regionale del Lazio, che ha scritto su Facebook: «Sono nato 5 stelle e di sicuro non morirò piddino. Non dimentico Mafia capitale. Non dimentico Bibbiano. Non dimentico i 1.043 arrestati Pd negli ultimi 7 anni». Barillari non esclude neanche una scissione all'interno del Movimento: «Insieme a tanti altri portavoce, a vari livelli, stiamo discutendo se arrivare alle dimissioni in blocco oppure percorrere una nuova strada per far rinascere i valori del M5s». C'è stato anche un aspro scontro fra Alessandro Di Battista e il deputato Luigi Gallo. Dibba ha scritto: «No ai Benetton, no a Malagò, no ai conflitti di interesse. Insisto. Un grande potere contrattuale deve imporre grande coraggio sui temi. Io, da cittadino e da persona che negli anni ha dato anima e corpo al Movimento, pretendo questo. È il “deep State" (lo Stato occulto) il nemico principale degli interessi dei cittadini. A me interessa contrastarlo. Sono le mie idee e le idee devono restare protagoniste. Io non ho sentito nessuno del Pd pronunciarsi su questo in questi giorni». Immediata la risposta di Gallo: «Chi esplicitamente sta perseguendo la strada del voto o del ritorno con la Lega contro la volontà del gruppo parlamentare e di Grillo non può dettare condizioni a nessuno», ha tuonato su Twitter. «Un'altra occasione persa per stare in silenzio», ha concluso stizzito l'onorevole Gallo, fedelissimo del presidente della Camera Roberto Fico.
Volodymyr Zelensky
Pronto un altro pacchetto di aiuti, ma la Lega frena: «Prima bisogna fare assoluta chiarezza sugli scandali di corruzione». E persino la Commissione europea adesso ha dubbi: «Rivalutare i fondi a Kiev, Volodymy Zelensky ci deve garantire trasparenza».
I nostri soldi all’Ucraina sono serviti anche per costruire i bagni d’oro dei corrotti nel cerchio magico di Volodymyr Zelensky. E mentre sia l’Ue sia l’Italia, non paghe di aver erogato oltre 187 miliardi la prima e tra i 3 e i 3 miliardi e mezzo la seconda, si ostinano a foraggiare gli alleati con aiuti economici e militari, sorge un interrogativo inquietante: se il denaro occidentale ha contribuito ad arricchire i profittatori di guerra, che fine potrebbero fare le armi che mandiamo alla resistenza?
2025-11-15
Ennesima giravolta di Renzi. Fa il supporter dei giornalisti e poi riprova a imbavagliarci
Matteo Renzi (Imagoeconomica)
L’ex premier ci ha accusato di diffamazione ma ha perso anche in Appello: il giudice ha escluso mistificazioni e offese. Il fan della libertà di stampa voleva scucire 2 milioni.
Matteo Renzi è il campione mondiale delle giravolte, il primatista assoluto dei voltafaccia. Nel 2016 voleva la riforma della giustizia che piaceva a Silvio Berlusconi ma, ora che Carlo Nordio ha separato le carriere dei magistrati, pur di far dispetto a Giorgia Meloni fa il tifo per il «No» al referendum. Nel 2018, dopo la sconfitta alle elezioni, provò a restare attaccato alla poltrona di segretario del Pd, dicendo di voler impedire l’alleanza con i 5 stelle, salvo proporre, un anno dopo, un governo con Giuseppe Conte, per poi farlo cadere nel febbraio nel 2021 intestandosi la fine del governo Conte. Quando fu eletta, liquidò Elly Schlein con frasi sprezzanti, definendola un petardo che avrebbe perso pure le condominiali, ma ora abbraccia Elly nella speranza che lo salvi dall’irrilevanza e gli consenta di tornare in Parlamento alle prossime elezioni.
Pierfrancesco Favino (Ansa)
Mentre il tennis diventa pop, il film di Andrea Di Stefano svela l’altro lato della medaglia. Un ragazzo che diventa adulto tra un coach cialtrone (Pierfrancesco Favino) e un padre invasato.
Ora che abbiamo in Jannik Sinner un campione nel quale possiamo riconoscerci checché ne dicano i rosiconi Schützen e Novak Djokovic, tutti abbiamo anche un figlio o un nipote che vorremmo proiettare ai vertici delle classifiche mondiali. Grazie alle soddisfazioni che regala, il tennis inizia a competere con il calcio come nuovo sport nazionale (giovedì su Rai 1 la nazionale di Rino Gattuso ha totalizzato 5,6 milioni di telespettatori mentre sommando Rai 2 e Sky Sport, il match di Musetti - non di Sinner - contro Alcaraz ha superato i 3,5 milioni). Così, dopo esser stati ct della nazionale ora stiamo diventando tutti coach di tennis. Tuttavia, ne Il Maestro, interpretato dall’ottimo Pierfrancesco Favino, Andrea Di Stefano (erano insieme anche in L’ultima notte di amore) raffredda le illusioni perché non avalla nessuna facile aspirazione di gloria. Anzi.
Keir Starmer (Ansa)
Il governo laburista britannico, molto ammirato dai progressisti nostrani, fa retromarcia sulla supertassa ai milionari per paura di una fuga di capitali. Sale così il debito che fa innervosire i mercati: Borse ko anche per i dubbi su un taglio di tassi della Fed.
Settimana negativa per i mercati globali, colpiti da un mix di tensioni macro, dubbi sulle mosse delle banche centrali e segnali di rallentamento dalla Cina. I listini europei hanno chiuso in rosso, mentre Piazza Affari si è distinta in negativo. A pesare: vendite diffuse su bancari e titoli ciclici, con pochi nomi capaci di resistere.






