2019-02-26
Il M5s incassa la batosta in silenzio e si accontenta di qualche consigliere
Luigi Di Maio si rallegra perché il Movimento elegge qualcuno: «È la prima volta in Sardegna». E annuncia novità «oggi o domani» sulla trasformazione in partito. Sottotraccia c'è malumore, ma non ha la forza per emergere.Più s'indeboliscono e più si attaccano alla poltrona: il governo a questo punto è saldo come non mai. La considerazione che gira ai piani alti del Carroccio sul day after grillino è impietosa, forse anche ingenerosa, ma coglie nel segno almeno nella parte in cui lega la debolezza al mantenimento dello status quo. E vale anche all'interno del Movimento, dove nessuno, a parte la senatrice Paola Nugnes, ha il coraggio di attaccare Luigi Di Maio per la débâcle sarda, ben sapendo che partire lancia in resta contro la governance interna equivarrebbe ad attaccare anche Davide Casaleggio, che resta intoccabile. E allora è il festival della giustificazione e del buon viso a cattivo gioco, al quale si sottrae giusto il candidato sardo Francesco Desogus, la cui professione di bibliotecario ben rappresenta, con tutto il rispetto per i libri e la cultura, una certa astrazione grillina dal voto amministrativo, che talvolta è anche un po' la fiera della clientela. Desogus ha in sostanza ammesso che aveva «perso in partenza» e si è lasciato scappar detto che una maggiore presenza di Di Maio in Sardegna, dove pure ha chiuso la campagna venerdì, avrebbe magari arginato un Matteo Salvini «che ha piantato le tende una settimana». Di Maio commenta la sconfitta già nel primo pomeriggio, con i conteggi dei voti ancora da finire. Il candidato dei 5 stelle sta intorno all'11%, ma la lista del Movimento fatica ad arrivare al 10%. Sul suo profilo Facebook, il vicepremier la prende larga e alla fine calcia un po' la palla in tribuna: «Per la prima volta nella storia della Regione Sardegna, entriamo con diversi consiglieri regionali (5 o 6, ndr) e per noi è un dato importante perché non c'eravamo». È vero, alle scorse regionali M5s non c'era, ma solo perché Beppe Grillo non concesse l'uso del simbolo a candidati che gli sembravano già troppo litigiosi in partenza. Di Maio poi ribadisce che questo voto della Sardegna non fa testo a livello nazionale: «È assolutamente inutile che si confronti il dato delle amministrative con quello delle politiche: si confrontano, in questo caso, le mele con le pere». In privato però, i vertici grillini ieri si facevano scudo anche dalla bassa affluenza alle urne di domenica scorsa, sottolineando che, anche elle elezioni del 2018, il Movimento ha recuperato moltissimi consensi nell'area del non voto, consensi che sono «politici» e «d'opinione». E allora qualche confronto sui numeri tocca farlo, perché ieri l'hanno fatto anche i deputati di M5s e qualche ministro. Alle politiche del 4 marzo, in Sardegna, M5s ha preso il 42,5%, che rischia di essere quattro volte e mezzo i consensi di queste regionali, dove si doveva avere il vento in poppa del reddito di cittadinanza. Il calo di affluenza non basta però a spiegare questo tracollo di domenica, perché tra i due appuntamenti la percentuale di votanti è passata dal 65,5% delle politiche al 53% delle regionali, con un calo dell'11,5% che, anche assumendo che abbia penalizzando solo e unicamente M5s (assunzione un po' generosa) non può spiegare il crollo sardo. Non a caso, Di Maio ha già annunciato che tra oggi e domani ci saranno novità nell'organizzazione del Movimento. Di che cosa si tratta? Quasi sicuramente ci sarà la nomina di una specie di segreteria, con dei referenti specifici per ogni tema (giustizia, lavoro, scuola e così via) che risponderanno a lui e sgraveranno alcuni ministri sottosegretari dal fornire sempre la linea di M5s sugli argomenti per i quali hanno le deleghe di governo. Poi ci sarà la caduta di un tabù come quello delle liste più o meno civetta, o d'appoggio, che per esempio nel caso sardo avrebbero probabilmente aiutato il povero Desogus a competere ad armi pari. Infine, anche se c'entra poco, Di Maio potrebbe far saltare il tetto dei due mandati, almeno per chi poi volesse passare dal locale al nazionale o viceversa. Sarebbe un modo per rafforzare sul territorio gli esponenti del Movimento, ma certo, apre la strada alla formazione di un nuovo ceto di «politici grillini di professione», come ammette una senatrice vicina a Beppe Grillo, rimarcando che «questo noi non l'abbiamo voluto perché siamo diversi dagli altri». Ma intanto «il governo è più forte», ripete in queste ore Di Maio, e ha perfettamente ragione. L'ala più «sinistra» del Movimento forse vorrebbe rovesciare il tavolo, Paola Nugnes arriva a dire che forse Di Maio non è più il leader giusto, Di Battista non posta una riga sui social dal 13 febbraio e nessuno ha i numeri per fare secco il suo vicepremier. E poi «mica possiamo finire per processare Casaleggio», osservano i deputati che ben sanno come a volte sia difficile scindere le scelte di Di Maio da quelle del figlio di Gianroberto. Un senatore libero pensatore come il piemontese Alberto Airola ha però l'onestà di ammettere: «Sono risultati che devono far riflettere un po' tutti, sia il M5s nazionale che quello regionale». Altro che: «Non avevamo consiglieri in Sardegna». Dal canto suo, Degosus si fa scappare un confronto tra i due vicepremier che non è il solo ad aver fatto e all'Huffingtoin Post Italia racconta: «Per Di Maio, metterci la faccia e mettersi a competere con Salvini non era utile. Sarebbe sembrata una gara a due e Di Maio sarebbe andato a perdere, dopo l'Abruzzo ha capito che non poteva permetterselo e quindi ha annullato l'appuntamento in Sardegna». Difficile che lo recuperino con un seggio a Roma.
Antonio Tajani (Ansa)
Alla Triennale di Milano, Azione Contro la Fame ha presentato la Mappa delle emergenze alimentari del mondo, un report che fotografa le crisi più gravi del pianeta. Il ministro Tajani: «Italia in prima linea per garantire il diritto al cibo».
Durante le Giornate Contro la Fame, promosse da Azione Contro la Fame e inaugurate questa mattina alla Triennale di Milano, è stato presentato il report Mappa delle 10 (+3) principali emergenze alimentari globali, un documento che fotografa la drammatica realtà di milioni di persone colpite da fame e malnutrizione in tutto il mondo.
All’evento è intervenuto, con un messaggio, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha espresso «gratitudine per il lavoro prezioso svolto da Azione Contro la Fame nelle aree più colpite dalle emergenze alimentari». Il ministro ha ricordato come l’Italia sia «in prima linea nell’assistenza umanitaria», citando gli interventi a Gaza, dove dall’inizio del conflitto sono state inviate 2400 tonnellate di aiuti e trasferiti in Italia duecento bambini per ricevere cure mediche.
Tajani ha definito il messaggio «Fermare la fame è possibile» un obiettivo cruciale, sottolineando che l’insicurezza alimentare «ha raggiunto livelli senza precedenti a causa delle guerre, degli eventi meteorologici estremi, della desertificazione e dell’erosione del suolo». Ha inoltre ricordato che l’Italia è il primo Paese europeo ad aver avviato ricerche per creare piante più resistenti alla siccità e a sostenere progetti di rigenerazione agricola nei Paesi desertici. «Nessuna esitazione nello sforzo per costruire un futuro in cui il diritto al cibo sia garantito a tutti», ha concluso.
Il report elaborato da Azione Contro la Fame, che integra i dati dei rapporti SOFI 2025 e GRFC 2025, individua i dieci Paesi con il maggior numero di persone in condizione di insicurezza alimentare acuta: Nigeria, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Bangladesh, Etiopia, Yemen, Afghanistan, Pakistan, Myanmar e Siria. In questi Paesi si concentra oltre il 65% della fame acuta globale, pari a 196 milioni di persone. A questi si aggiungono tre contesti considerati a rischio carestia – Gaza, Sud Sudan e Haiti – dove la situazione raggiunge i livelli massimi di gravità.
Dal documento emergono alcuni elementi comuni: la fame si concentra in un numero limitato di Paesi ma cresce in intensità; le cause principali restano i conflitti armati, le crisi climatiche, gli shock economici e la fragilità istituzionale. A complicare il quadro contribuiscono le difficoltà di accesso umanitario e gli attacchi agli operatori, che ostacolano la distribuzione di aiuti salvavita. Nei tredici contesti analizzati, quasi 30 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta, di cui 8,5 milioni in forma grave.
«Non è il momento di tagliare i finanziamenti: servono risorse e accesso umanitario per non interrompere gli interventi salvavita», ha dichiarato Simone Garroni, direttore di Azione Contro la Fame Italia.
Il report raccoglie anche storie dal campo, come quella di Zuwaira Shehu, madre nigeriana che ha perso cinque figli per mancanza di cibo e cure, o la testimonianza di un residente sfollato nel nord di Gaza, che racconta la perdita della propria casa e dei propri cari.
Nel mese di novembre 2025, alla Camera dei Deputati, sarà presentato l’Atlante della Fame in Italia, realizzato con Percorsi di Secondo Welfare e Istat, che analizzerà l’insicurezza alimentare nel nostro Paese: oltre 1,5 milioni di persone hanno vissuto momenti di scarsità di risorse e quasi 5 milioni non hanno accesso a un’alimentazione adeguata.
Dal 16 ottobre al 31 dicembre partirà infine una campagna nazionale con testimonial come Miriam Candurro, Germano Lanzoni e Giorgio Pasotti, diffusa sui principali media, per sensibilizzare l’opinione pubblica e sostenere la mobilitazione di aziende, fondazioni e cittadini contro la fame nel mondo.
Continua a leggereRiduci
Giancarlo Giorgetti (Ansa)