2020-06-29
Giovanni Favia: «Il M5s è già defunto da anni. Ciò che resta è la bolla social»
L'ex grillino bolognese: «Il Movimento ormai è un ufficio di collocamento per mediocri. Di Maio? Faccia di gomma, gestisce il potere. E Dibba vuole solo tornare sulla giostra».Giovanni Favia, bolognese, già consigliere regionale, è il più deluso tra gli ex 5 stelle: fu uno dei primi a ribellarsi alle direttive di Beppe Grillo, che lo espulse dal Movimento nel 2012. Oggi è ristoratore a tempo pieno. Lo raggiungiamo mentre è in pieno fermento: «Allestiamo il gazebo esterno. Proviamo a ripartire».Come procede la fase 3?«È una catastrofe. E il peggio arriverà in autunno».Il massacro fiscale?«Stanno colpendo la carne viva del Paese, quella che ha idee, investe e ha ancora voglia di fare impresa, nonostante il sistema faccia di tutto perché la voglia ti passi».Dunque, non valuta positivamente le iniziative di Giuseppe Conte: Stati generali, confronti con le parti sociali, annunci...«Non si capisce quanto, in percentuale, ci sia d'incompetenza e quanto di malafede».Tranchant.«Hanno fatto pochissimo, però due cose le hanno fatte».Ovvero?«Decreto Liquidità e cassa integrazione. Entrambi sono stati un fallimento totale».E i 5 stelle, in tutto ciò?«Defunti da anni».Ma come?«Oggi vediamo il prodotto della svolta oligarchica del M5s. C'è un gruppo di persone che hanno vinto al Win for life. E sono aggrappate a questo miracolo: volevano rivoluzionare la loro vita, mica l'Italia».È questo che intendeva, quando ha detto che il M5s è «la più grande truffa della storia»?(Tono indignato) «Mamma mia... Mamma mia...».Dica, dica.«Hanno fatto peggio del sistema che criticavano».Per ora, hanno risposto picche al Pd sulle candidature alle regionali. È un moto d'orgoglio? Hanno capito che così finiranno fagocitati nell'Ulivo 2.0?«Qualsiasi cosa facciano costoro è calcolo elettorale. Non associ le parole “orgoglio" e “dignità" al Movimento 5 stelle».Qui il calcolo quale sarebbe?«Evidentemente pensano che associarsi ancora di più al Pd possa farli precipitare nei consensi».Più di così?«Effettivamente, non c'è molto da difendere: il brand 5 stelle è definitivamente compromesso».Quindi?«Secondo me stanno pensando di creare una good company e una bad company».Che intende?«La bad company è il M5s che recupera quella parte del suo elettorato composta - mi dispiace dirlo - dai “webeti". Quelli che vivono attaccati a Facebook e si fanno ipnotizzare dalla propaganda social grillina».E la good company?«È il partito di Conte».Dice?«Il paradosso è che così possono comunque ottenere percentuali competitive».Come?«Drenando voti al Pd. Ma insieme, con un partitino di centro come quello di Matteo Renzi e un'ala sinistra, come Leu, potrebbero giocarsela alle prossime politiche».Ma Conte si farà un partito, o guiderà una corrente?«Per me, il marchio M5s rimarrà solo come catalizzatore di quegli elettori suggestionabili dalla Rete, che in parte sono andati già persi». E poi?«Conte dovrà recuperare l'elettorato più disimpegnato, quello che vede in lui una figura educata, ponderata, che dice frasi da Baci Perugina».Lo reputa così popolare?«La sua gestione dell'emergenza è stata catastrofica. Eppure, siamo l'unico Paese in cui il premier è cresciuto nei sondaggi. Ovunque, chi governa, anche se aveva appena vinto le elezioni, viene messo in discussione da moti di piazza. Invece qui Conte è un eroe».Come se lo spiega?«È il triangolo Conte-Casalino-Di Maio: tre persone di una furbizia che lei non immagina».Me la faccia immaginare lei.«Grazie alla Casaleggio associati, analizzano rapidamente le tendenze della Rete».Ammiccano alle «bimbe di Giuseppe Conte», il gruppo di ammiratrici nato sui social?«Il M5s nasce da un'agenzia di marketing, in fondo. In un sistema come quello contemporaneo, un prodotto del genere ha un vantaggio competitivo».Scusi, ma lei davvero pensa che basti il marketing?«Alla prova del governo, ovviamente, il marchio crolla. Ma sono riusciti a girare a loro favore l'emergenza coronavirus, perché oggi in politica non conta quello che fai, ma come lo racconti».Lei è stato consigliere regionale. È per questa vocazione al puro marketing che il M5s non s'è mai radicato sul territorio?«La struttura sul territorio esisteva».E qual era?«L'Emilia Romagna del 2010».Ovvero?«Costruimmo partecipazione: sale piene, riuscimmo a far eleggere i primi sindaci».Poi cosa è successo?«Un ribaltamento».Un ribaltamento di cosa?«Una volta c'erano pochissimi eletti e una base enorme di persone unite e determinate. Ora c'è una pletora di eletti, assistenti, collaboratori, consulenti, consiglieri, parlamentari... E non ci sono più gli attivisti. Se non gente che segue le indicazioni delle social star grilline».La situazione è così grave?«Il M5s si è ridotto a una bolla social: poche centinaia di persone che commentano i post e danno agli eletti l'impressione di avere un ampio sostegno». «Bolla social» è tosta.«E Rocco Casalino è l'imperatore di questo sistema di comunicazione. Oltre all'oligarchia, non c'è nulla. Basti dire che in politica estera sono diventati lo scendiletto dei cinesi».I grillini fuoriusciti e passati alla Lega sono traditori?«Non ci possono essere traditori, perché nel M5s non ci sono più ideali».Proprio zero?«Da anni il Movimento è solo un ufficio di collocamento per mediocri yes men. E nessuno è esente da responsabilità».A chi allude?«È inutile che Alessandro Di Battista ora dica che serve un congresso. Per questa cosa espulsero Federico Pizzarotti».Quindi non ha fiducia nel ritorno di Di Battista?«Lui è un narcisista. Luigi Di Maio invece è una faccia di gomma, ha molto meno senso della vergogna, quindi sa gestire molto meglio il potere».Dove vuole arrivare?«Di Battista ci tiene a fare il Che Guevara de' noantri, il puro, l'illuminato. Ma in politica devi gestire il potere senza vergogna».Lui non l'ha fatto?«Se n'è andato in giro per il mondo, ma ovviamente quella era una pagliacciata».In che senso?«Credendo che sarebbe rimasta la regola dei due mandati, ha pensato di poter stare fermo un giro e poi rientrare. Di Maio, stringendo gli accordi di governo, l'ha fregato».Dunque, ora Dibba smania per tornare in sella perché teme di aver perso il treno?«Lo dissi in tempi non sospetti. Non è facile rientrare in politica, se sei sceso dal carro».Lui ce la farà?«È disposto a qualsiasi compromesso, per cui non romperà con i 5 stelle».Insomma, Di Battista brandisce il congresso come uno strumento di pressione per poter rientrare in partita?«Di Battista vuole essere di nuovo nella giostra. Ha alzato un po' la testa, Beppe Grillo gli ha fatto “bau" e lui s'è rimesso a cuccia».Chiara Appendino ha celebrato la svolta istituzionale del Movimento. Ormai la filosofia è quella: basta vaffa, da partito anti sistema, il M5s deve diventare partito di sistema.«Partito di poltrona, semmai... Qui non se ne vuole più andare nessuno. Altro che due mandati. Ha visto Virginia Raggi? Si vuole ricandidare... Si farebbero sponsorizzare pure dal conte Dracula».Adesso che sono stati ripristinati i vitalizi, è venuta meno anche una conquista storica dei 5 stelle.«Mi perdoni: una mia conquista».Sua?«La prima legge sul taglio dei vitalizi fu approvata in Emilia Romagna grazie a me e al collega Andrea De Franceschi. E ci tagliammo lo stipendio, mica l'indennità base, tenendoci i rimborsi, come fanno loro».Cioè?«Prendono 14.000 euro e ne ridanno, se va bene, 1.200. Peraltro, hanno rinunciato a una cosa cui non avrebbero diritto: per ottenere i rimborsi, un partito dovrebbe avere uno statuto democratico».Lei ha riferito di quando ricevé una mail dai diplomatici venezuelani, dei quali girò il contatto a Gianroberto Casaleggio. A mente fredda: che idea s'è fatto della storia dei tre milioni e mezzo?«Non posso sapere la verità. C'è un riscontro sulle date. Ma senza prove, vale la presunzione d'innocenza. C'è da dire che è una storia grossa».Perché?«Perché riguarda anche Cristina Kirchner in Argentina e Podemos in Spagna».Non sarà un «pizzino» Usa? Come a dire: se il M5s vuole essere partito di governo, stia attento alle alleanze che stringe. Specialmente quella con la Cina.«Sono retroscena di cui non mi occupo. Oggi faccio tagliatelle».Macché: è aggiornatissimo.«Posso dirle che i grillini cercano di essere amici di tutti. E a subire le loro strategie è l'Italia. Da quando sono al governo con il Pd, per dirne una, mi pare che gli intoppi burocratici siano addirittura peggiorati».Crede?«Nel 2013 fecero una campagna in difesa delle Pmi. Dovrebbero vergognarsi. La loro ipocrisia mi fa schifo. E almeno qui a Bologna, non conosco nessuno che abbia il coraggio di dire apertamente che li vota».