2019-06-28
Il libertario Clint sfida i talebani pro aborto
Eastwood ignora le campagne di boicottaggio e va a girare in Georgia, Stato inviso alla Hollywood liberal per le leggi pro vita.Il suo film sfida i conformismi: è la storia di un agente che sventa un attentato pro life ma viene deriso dai media progressisti.L'aspetto interessante di questa storia è che Clint Eastwood non è affatto un antiabortista, anzi. Eppure, nel giro di poche ore, è diventato un eroe per tutti i pro vita del globo, e non a torto. Motivo: ha deciso di proseguire con le riprese del suo nuovo film in Georgia nonostante il boicottaggio messo in piedi da numerose star di Hollywood in nome del «diritto all'aborto». A lanciare la grottesca campagna è stata l'attrice Alyssa Milano: non avendo ottenuto sufficiente visibilità con il Me Too, la signora ha tentato di rifarsi imbastendo una campagna contro gli Stati che negli ultimi mesi hanno approvato leggi a favore della vita. In Georgia, infatti, è stato promulgato il Living Infants Fairness and Equality Act, che impedisce di interrompere la gravidanza dal momento in cui si può sentire il battito cardiaco del feto (alla sesta settimana di gravidanza circa). Contro questa misura si sono scatenati tutti i poteri forti hollywoodiani. Attori e attrici, case di produzione come Disney, Netflix e Warner, quasi 200 amministratori delegati di grandi aziende e multinazionali. Le star del grande schermo sostengono che non gireranno più in Georgia, anche se le leggi consentono enormi sgravi fiscali alle case produttrici, motivo per cui lo Stato è divenuto una sorta di Mecca del cinema sudista. Ovviamente, ai divi non importa nulla della perdita di posti di lavoro: se le donne vengono licenziate va bene, basta che abbiano la possibilità di abortire quando vogliono.Ed eccoci al punto. I media americani hanno riportato la notizia secondo cui Eastwood, incurante del boicottaggio, girerà come previsto in Georgia, ad Atlanta. Per altro, a produrre la pellicola è la Warner, molto impegnata sul fronte abortista. Il regista, finora, non ha fatto grandi dichiarazioni. È rimasto zitto e ha semplicemente deciso di tirare dritto per la sua strada. Il suo gesto, tuttavia, suona come una pernacchia ai vari sinistroidi boicottatori. Ed è l'ennesimo colpo di genio di un artista mai prevedibile e mai banale. Negli anni passati, in varie interviste, Clint ha dichiarato di essere pro choice, ovvero di essere favorevole all'interruzione di gravidanza. Negli anni Novanta, affrontò l'argomento in una conversazione con Elle, e si limitò a dire che anche i padri dovrebbero partecipare alla decisione sulla sorte dei feti. Che ci risulti, non si è mai spinto oltre sul terreno pro vita. Anzi, alcune biografie antipatizzanti raccontano che il regista avrebbe fatto pressioni sulla sua ex, Sondra Locke (morta nel 2018) affinché abortisse per ben due volte sul finire degli anni Settanta (Eastwood non ha mai confermato). Era un altro tempo, però, e Clint era un altro uomo. Dopo quella burrascosa relazione ha cercato in vari modi di riconciliarsi con l'universo femminile e, almeno sullo schermo, ci è riuscito. Lo dimostra una pellicola come Changeling (2008), ritratto strepitoso e straziante di una madre disposta a ogni sacrificio pur di riabbracciare il figlioletto perduto. Comunque no, Eastwood non è un pro life. E c'è di più: un ulteriore tassello che rende la vicenda ancora più ricca di sfumature e densa di significato. Il film che il maestro si appresta a girare nei mesi estivi si intitola The Ballad of Richard Jewell, e racconta la storia di un agente di polizia ingiustamente accusato di aver partecipato a un attentato. In realtà, l'attacco terroristico fu organizzato da Eric Rudolph, un bombarolo anti abortista e anti gay. Il povero Jewell ebbe la sola colpa di aver trovato la borsa piena di esplosivi che Rudolph aveva piazzato al villaggio olimpico di Atlanta nel 1996. In questo modo, il poliziotto evitò un massacro, ma mal gliene incolse.L'Fbi, forse per deviare l'attenzione dalle proprie mancanze, invece di trattate Jewell da eroe lo accusò di essere in combutta con gli attentatori. I media liberal fecero il resto, esponendo il poveraccio al pubblico ludibrio. I quotidiani e le riviste infierirono, comici come Jay Leno lo massacrarono. Jewell era un redneck, un americano del sud grasso, non ricco e un po' sfigato. Viveva con la madre e fu trattato come il solito bifolco demente. Cioè più o meno come i giornalisti progressisti trattano oggi gli elettori di Donald Trump. A Eastwood questo disprezzo proprio non va giù. Il regista ha dichiarato di sostenere Trump, che considera un antidoto a buonisti e «leccaculo». Soprattutto, Clint ce l'ha con il politically correct: «L'era politicamente corretta in cui ci troviamo non sta facendo bene a nessuno. Sta indebolendo la società. Le persone non dovrebbero prendersi così seriamente. Sono fortunato di essere cresciuto in un'epoca in cui tutti scherzavano su tutto», ha detto qualche tempo fa. E qual è la cosa più politicamente corretta che si possa fare oggi a Hollywood? Ovvio: boicottare gli Stati che cercano di limitare l'aborto. Eccolo, forse, il significato del gesto politico di Eastwood. Non è la (tutto sommato prevedibile) opposizione di un conservatore ai liberal californiani. È piuttosto la rivolta di un libertario vero contro il pensiero unico. Una ribellione silente, senza proclami. Nell'era in cui tutti i vip devono fare gli impegnati, Clint fa il suo lavoro (e che lavoro...) con misura, senza cedere di un millimetro alle imposizioni dei cialtroni che hanno bisogno delle cause sociali per far parlare di sé. Ignora la causa abortista girando un film che parla di un attentatore anti aborto. In un colpo solo bastona i liberal fanatici e i violenti di segno avverso. Non si schiera per partito preso: fa semplicemente il suo mestiere, costringendo il resto del mondo a pensare. Questa si chiama intelligenza, forse pure genialità. Mentre di geni, fra i ridicoli sostenitori dell'aborto a tutti i costi, ce ne sono davvero pochissimi. Clint ancora una volta ha sgominato tutti, e senza usare la 44 Magnum.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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