
Nonostante le misere polemiche del Pd sui diritti d'autore, il ritorno in veste di comico del fondatore dei 5 stelle su Rai 2 è innocuo. Rafforzerà i pregiudizi di ciascuno sul cabarettista genovese. Gli unici a soffrirne saranno proprio i pentastellati. Non so se rivedere Beppe Grillo nelle vesti di comico in tv sia davvero uno spot in favore del Movimento 5 stelle o sia per loro controproducente. Lo spettacolo mandato in onda ieri sera su Rai 2, C'è Grillo, suscita in effetti sentimenti assai contrastanti: c'è chi rivedendolo lo rimpiange nelle vesti di comico e animatore, ritrovando la sua verve di libero imprecatore. C'è chi invece non vede soluzione di continuità e ritiene che il Grillo profeta politico sia la continuazione del Beppe comico con altri mezzi, ma con gli stessi scopi: dire la verità, incazzandosi. Divertire & sovvertire. E c'è chi, all'opposto, vedendolo nelle vesti di guitto, conferma che non si possono affidare le redini del Paese a un movimento che si ispira a un cabarettista. Finché si scherza va bene... Insomma, credo che dopo aver visto il Grillo tornante in Rai, ognuno rafforzi i suoi giudizi e i suoi pregiudizi.Trovo invece meschino il tentativo di attaccarlo con i mezzucci a cui siamo abituati da tempo, magari anche grazie agli stessi grillini: per esempio l'indignazione perché tramite il suo agente intasca 30.000 euro di diritti d'autore sui pezzi mandati in onda. Via, uno che in una serata qualunque a teatro ne prende o ne prendeva di più, non s'arricchisce certo con 30.000 euro. Grillo non ha bisogno del reddito di cittadinanza... E poi, se considerate le milionate che la Rai versa ai suoi Re Magi, come Fabio Fazio, per esempio, non mi sembra affatto una cosa di cui scandalizzarsi. Pensate che Claudio Baglioni ne prende 700.000, per Sanremo, tanto per avere un'unità di misura o di dismisura. A me invece, l'idea di Carlo Freccero di resuscitare Grillo nel video della Rai è piaciuta e conoscendo quel talento pazzo di Freccero non credo proprio che lo faccia per compiacere chi l'ha nominato o per portare voti al mulino dei 5 stelle. Vuole semplicemente compiere la sua rivoluzione nel palinsesto di Rai 2, lasciare la sua impronta, e ha mostrato spregiudicatezza in altre scelte. Per esempio nel mandare in onda Povera Patria, che subito è stata massacrata dai cecchini del Quotidiano della Santa Inquisizione, La Repubblica, e confinata, anzi bollata, nel genere «estrema destra sovranista». Certo, siamo nella logica di Techetecheté, pura antologia dei tempi gloriosi preinternet, però questi programmi amarcord funzionano assai, anche perché toccano l'autobiografia collettiva, almeno degli anziani, che sono il target della Rai e della tv generalista. Personalmente sono tra quelli che rimpiangono Grillo come animatore più che come leader politico. Beppe in tv fu l'anello di congiunzione tra i brillanti soliloqui dell'era di Walter Chiari e gli one man show alla Maurizio Crozza; ma con una carica di rabbia civile, a volte incivile, tutta sua. Disto anni luce dai grillini ma riconosco a Grillo il gran talento di aver capito la scena e il cambio di scena e di aver saputo sbaragliare il teatrino della politica - in un Paese di guitti e animatori politici, da Silvio Berlusconi a Matteo Renzi - dimostrando che chi viene dal cabaret e va in politica può battere chi viene dalla politica e fa cabaret. E ha fatto bene a restare ayatollah del Movimento, lasciando agli imam dei 5 stelle il compito di far politica. Molti anni fa tentai di riportare Grillo in Rai. Ricordo che andai a trovarlo al residence Ripetta a Roma, per avere il suo placet. Doveva esibirsi in serata al teatro Sistina, dove mi invitò ad andarci, e incassai un suo guardingo via libera al suo primo assaggio di rientro. Sapevo che la sua cacciata era stata una ferita per la Rai e per il pubblico e aveva contribuito a rendere più odioso il potere politico del tempo. Ma intanto c'era stato il cambio di repubblica, i socialisti non c'erano più e nemmeno i democristiani. Mi parve perciò senza ostacoli il proposito di riaverlo in Rai. Invece mi telefonò il direttore generale dell'epoca, Agostino Saccà, e mi supplicò di non farlo perché in realtà il veto finale a Grillo non lo aveva messo Bettino Craxi o i politici del tempo, che magari sarebbero stati ben contenti di cacciarlo. Ma erano stati alcuni grandi inserzionisti pubblicitari, che, attaccati da Beppe sui loro prodotti, avevano posto l'aut aut: o lo cacciate o ritiriamo la pubblicità, magari spostandola sulle reti Mediaset. Erano paccate di miliardi, all'epoca, e la Rai non poteva permettersi un rischio economico così rilevante e fare un favore così grande alla concorrenza… Anzi, riportare Grillo in quella situazione sarebbe apparso un favore a Berlusconi e alle sue reti. Ero stato invogliato a ripescare Grillo non solo dalle sue doti di comico, ma perché non mi dispiaceva quella sua nuova veste di Savonarola del cabaret che aveva accentuato da quando era sparito dal video. Nelle sue serate in giro per l'Italia denunciava, con toni apocalittici, la società dei consumi, le speculazioni dell'industria e della finanza, il degrado ambientale, gli abusi delle banche. Mi piacevano i suoi riferimenti alla sovranità monetaria del popolo che aveva attinto dal suo teorico, un altro lucido pazzo, il mio amico abruzzese, il monomaniacale professor Giacinto Auriti. E con Beppe ne parlammo, quella volta. Le denunce mi parevano pertinenti e anche benemerite, un po' meno affidare a lui o a chi ne fa le veci, il governo di una nazione. In precedenza, nel 1998, avevo dedicato a Grillo la copertina del settimanale che allora dirigevo, Lo Stato, salutandolo come un leader politico e un profeta neomedievale. Non l'avessi mai fatto... ma io scherzavo, lo dicevo per paradosso. E invece.Comunque, la tv celebra una marea di ottantenni ogni giorno, da Adriano Celentano a Pippo Baudo, da Maurizio Costanzo a Renzo Arbore, a Raffaella Carrà, fino al vate Piero Angela. Perché non si dovrebbe in questa passione antiquaria, in questa benemerita archeologia dello schermo, riportare in video un brillante precursore di cabarettisti, premier e ministri in carica? E poi, diciamo la verità, Grillo in video ci sta meglio che a Palazzo Chigi.
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.
Matteo Bassetti (Imagoeconomica)
L’infettivologo Matteo Bassetti «premiato» dal governo che lui aveva contestato dopo la cancellazione delle multe ai non vaccinati. Presiederà un gruppo che gestirà i bandi sui finanziamenti alla ricerca, supportando il ministro Anna Maria Bernini. Sarà aperto al confronto?
L’avversione per chi non si vaccinava contro il Covid ha dato i suoi frutti. L’infettivologo Matteo Bassetti è stato nominato presidente del nuovo gruppo di lavoro istituito presso il ministero dell’Università e della Ricerca, con la funzione di offrire un supporto nella «individuazione ed elaborazione di procedure di gestione e valutazione dei bandi pubblici di ricerca competitivi».
Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
- La trasmissione lancia nuove accuse: «Agostino Ghiglia avvisò Giorgia Meloni della bocciatura del dl Riaperture». Ma l’attuale premier non ebbe alcun vantaggio. Giovanni Donzelli: «Il cronista spiava l’allora leader dell’opposizione?». La replica: «Sms diffusi dal capo dell’autorità».
- Federica Corsini: «Contro di me il programma ha compiuto un atto di violenza che non riconosce. Per difendersi usa la Rai».






