2020-11-10
Il governo si lascia scippare il mare. I libici ci snobbano, l’Ue sta a guardare
L'Italia non ha mai attivato le zone economiche a protezione di pesca e gas. L'Aula chiede all'esecutivo di darsi una mossa.La scorsa settimana la Camera ha approvato all'unanimità (394 voti a favore, nessuno contrario) una proposta di legge per definire una volta per tutte i confini del mare italiano. Per essere precisi, la mozione che ora passerà al Senato, chiede all'esecutivo di istituire una Zee, zona economica esclusiva. In pratica, è una linea di demarcazione frutto di accordi con i Paesi confinanti che mira a tutelare i diritti delle acque. Dall'estrazione mineraria o energetica, fino alla pesca. A oggi l'Italia è uno dei pochi Paesi che non si è mossa per tutelare le proprie acque. Lo si è visto con la Libia, dove il regime di Khalifa Haftar ha dichiarato in via unilaterale le proprie competenze e 70 giorni fa ha sequestrato gli equipaggi due pescherecci di Mazara del Vallo. Ma il tema si pone anche con la Francia, la Croazia, la Grecia, la Tunisia e pure l'Algeria. Tutte nazioni che a loro volte si sono date da fare per «blindare» i propri confini. Sul tema va registrata una mozione presentata - poco prima che la Camera approvasse la proposta di legge - da Fratelli d'Italia, primo firmatario Adolfo Urso. Nel testo si legge che sarebbe necessario «affidare, senza alcun onere di bilancio, ad un'Unità organizzativa già esistente nel Maeci, il compito di trattare su base continuativa i problemi di delimitazione degli spazi marittimi nazionali» per «risolvere i contenziosi di pesca, facendo ricorso a opportuni accordi nel cui ambito sia riconosciuta l'attività tradizionale dei nostri connazionali in acque rivendicate come esclusive da Tunisia, Libia e Croazia» e infine «sollecitare l'Ue ad avviare trattative con i Paesi del nord Africa per la stipula di accordi di pesca, fermo restando la possibilità di favorire la creazione di società miste cui partecipino nostri connazionali nel quadro delle relazioni economiche bilaterali dell'Italia con tali Paesi». La stessa mozione mette in fila tutti i puntini e spiega bene come negli ultimi anni e soprattutto l'attuale esecutivo non abbia portato l'attenzione dovuta ai confini italiani. Dal 1982 a oggi il Mediterraneo ha visto progressivamente ridursi le zone di mare libero tanto che la convenzione del mare ratificata nel 1994 invitava tutte le nazioni a organizzarsi di conseguenza. Roma sino a oggi ha rinunciato ad applicare i propri diritti sovrani salvo qualche Zpe, zona di protezione ecologica (ne esiste una nel mar Ligure e una nel Tirreno, ma ben lontana dalle pretese algerine). La frontiera marittima con la Francia continua a essere scritta sulla sabbia, mentre il trattato di Caen avviato dal governo di Paolo Gentiloni non è ancora stato ratificato. Viene da dire, in questo caso, per fortuna. Dal momento che si tratterebbe di un accordo che lascerebbe a Parigi gran parte dei vantaggi in caso di inottemperanza italiana. La Croazia ha istituito una propria area protetta nel 2003 e la fa rispettare. Periodici e continui sequestri di imbarcazioni o materiale da parte della loro Marina non sono giustificati, perché c'è un trattato del 1947 che non è mai stato ratificato. Senza contare che «da decenni si trascina la questione della pesca nella zona a sud-ovest di Lampedusa, che la Tunisia reclama come propria e che il nostro Paese ha invece giustamente sottoposto a vincoli di ripopolamento, frequentata da lungo tempo dai pescatori delle marinerie siciliane i quali più volte, in passato, sono stati oggetto di violente e illegittime azioni di polizia delle autorità tunisine», si legge sempre nella mozione di Urso. Problemi di analogo genere sussistono con la Libia relativamente alla Zona di protezione della pesca di 62 miglia a partire dalle acque territoriali, istituita nel 2005 dalla Libia e oggetto di proteste avanzate più volte ma senza successo dall'Unione europea per conto degli Stati membri, per il fatto che il suo limite esterno è spostato in modo arbitrario verso nord per effetto della linea di chiusura del Golfo della Sirte. A parte questo atto formale, l'Ue che ha competenze sulla pesca non ha mai fatto nulla di più. Lo si desume dal fatto che a breve - si legge sempre nella mozione - la Libia abbia invitato Malta e Grecia ad aprire un negoziato sulla delimitazione delle rispettive aree Zee. Roma non è invitata. Eppure dovrebbe essere in prima linea. Fosse solo per l'abuso che Benghasi sta commettendo contro i nostri pescatori. La partita è chiaro che va risolta da un punto di vista diplomatico e non di intelligence. Giuseppe Conte ha ricevuto Haftar come un capo di Stato applicando anche il relativo cerimoniale. Adesso che tiene in ostaggi i nostri pescatori, la partita va portata su un piano più elevato. Coinvolgere l'Ue e inserire nello schema anche tutte le rivendicazioni economiche libiche e le nostre. O meglio la tutela dei nostri diritti. Vale per la Libia e per il resto del Mediterraneo. Da quando Recepp Erdogan ha lanciato il progetto della Patria Blu, nessuno è più al sicuro nel Mediterraneo. Tanto meno l'Italia che deve sbrigarsi a recuperare il tempo perso in questi anni.