2018-11-22
L'Ue abbaia e nel governo si mordono
Siamo stati i primi a segnalare che, in assenza di qualcuno che in Parlamento si contrapponesse alle iniziative del governo, Lega e 5 stelle avrebbero fatto da soli, interpretando due parti in commedia. Matteo Salvini e Luigi Di Maio, infatti, più che alleati in queste settimane appaiono a turno i leader della maggioranza e dell'opposizione. Una volta è il primo che si schiera contro le modifiche al decreto sicurezza, minacciando di far saltare il banco. Un'altra è il vicepremier pentastellato a dichiarare che sulle tasse o si rispetta il contratto o si va a casa. In principio ci era (...)(...) sembrato che il gioco servisse a occupare ogni spazio politico. Essere nei giorni pari il partito di lotta e in quelli dispari il partito di governo poteva aiutare a contentare le varie anime dell'elettorato. Ed è chiaro che le prime settimane dell'esecutivo sono andate proprio così, ossia con la Lega che attraverso il proprio leader insisteva sui temi dell'immigrazione e poi, dopo aver incassato i primi risultati, passava all'opposizione, chiedendo a gran voce un condono fiscale che contentasse i propri sostenitori. Dall'altra parte Luigi Di Maio, a seguito della rassicurazione di una rapida entrata in vigore del reddito di cittadinanza, non poteva tacere godendosi il risultato. Dunque, indossati i panni del contestatore, il vicepremier si è messo a sparare sulla Tav, mostrando i muscoli sulla prescrizione. In pratica, da quando si sono stretti la mano e hanno sottoscritto il contratto di governo, i due leader che sorreggono la maggioranza non hanno lasciato scorrere un giorno senza punzecchiarsi e, soprattutto, senza smettere di tenere i piedi in due scarpe.Finora il gioco ha funzionato, per lo meno se si dà retta ai sondaggi. Infatti, nonostante la bocciatura della manovra da parte dell'Europa e sebbene vi sia stata una fiammata dello spread che preoccupa i risparmiatori, il consenso del governo nel suo insieme resta alto. Lega e 5 stelle uniti rappresentano il 60 per cento degli italiani i quali, se si tornasse a votare, premierebbero comunque i partiti di governo, continuando a evitare di mettere la crocetta sui simboli che stanno all'opposizione. È come se, nonostante le scaramucce, gli elettori si fidassero più di Salvini e Di Maio che dei leader rottamati il 4 marzo. Il balletto dei due, in effetti, ha consentito a Lega e 5 stelle di monopolizzare il dibattito politico, senza lasciare alcuno spazio alle opposizioni, le quali, prese come sono da congressi e liti interne (sono riusciti a dividersi perfino gli esponenti di Leu, giungendo a una specie di scissione dell'atomo) appaiono marginali. Tuttavia, quanto potrà durare il botta e risposta fra due parti che dovrebbero marciare compatte e invece appaiono intenzionate ad andare in direzioni opposte?Al di là degli effetti delle sanzioni che l'Ue minaccia ogni giorno (ieri sono proseguite le iniziative per indurre il governo a cambiare rotta su deficit e debito), ciò che si chiedono gli italiani crediamo sia proprio questo. Dureranno e, se dureranno, per fare che cosa? Nelle scorse settimane avremmo giurato che, nonostante tutto, Salvini e Di Maio avrebbero fatto ogni cosa per tenere duro, ma adesso, dopo i ripetuti scontri e le false partenze, non metteremmo la mano sul fuoco sulla tenuta della maggioranza. Certo, i 5 stelle hanno una ragione fortissima per non provocare una crisi che costringa il capo dello Stato a sciogliere il Parlamento. Per via della regola ferrea imposta ai grillini allo scopo di evitare i professionisti della politica, molti di loro, non potrebbero candidarsi a un terzo mandato. E tra questi c'è lo stesso Luigi Di Maio. Dunque, prima di gettare la spugna e rinunciare alla poltrona, i nostri ci penserebbero bene. D'altro canto, proprio per questa ragione, anche la Lega potrebbe ritenere poco furbo staccare la spina, perché tra i 5 stelle potrebbe prevalere l'idea di far salire il Pd sull'autobus di Palazzo Chigi. Del resto, come abbiamo scritto giorni fa, al governo del cambiamento cambiare ministri non dispiacerebbe. Si tratterebbe di un rimpasto, orrenda formula da prima Repubblica, anche se in questo caso forse sarebbe meglio parlare di una nuova maggioranza, con tanto di giravolta del Partito democratico. Ma tant'è. Qualcuno accarezza anche l'idea che la capriola la faccia la Lega, imbarcando il centrodestra e, per avere i numeri, anche dei nuovi responsabili, ossia dei simil Scilipoti, che però stavolta sarebbero a 5 stelle. Insomma, se questo governo cadesse, come al solito la parola non tornerebbe agli elettori, ma ai partiti, i quali potrebbero fare ciò che hanno sempre fatto, ossia tenere duro prima di confrontarsi con gli italiani. Magari varando un governo tecnico alla Monti. È chiaro che a noi questi sistemi non piacciono. Non siamo tifosi del governo gialloblù, ma nemmeno dei voltagabbana, qualsiasi casacca indossino. Per noi questo Paese ha bisogno di molte cose, e tra queste ci mettiamo, oltre al coraggio di rompere gli schemi, anche la chiarezza. Oggi non vediamo molto chiara la direzione intrapresa. Anzi, ci pare che la doppia conduzione ci faccia procedere a zigzag. E, nel tentativo di prendere il volante, Salvini e Di Maio rischino di andare fuoristrada, facendosi - e facendoci - male.