2021-07-24
Fermate il pasticcio sui minorenni
Milioni di under 19 dovranno vaccinarsi anche se tanti esperti non giudicano necessario inoculare i più piccoli. Tanto che Germania, Inghilterra, Olanda e Irlanda non propongono la puntura. Da noi l'alternativa sarà tra un tampone ogni 48 ore e l'esclusione sociale«Sono un cittadino stufo di essere trattato come una pecora ignorante e disinformata. Io sono vaccinato e come me lo è mia moglie. Abbiamo fatto una scelta consapevole, in base a una nostra personale valutazione sul rapporto rischi/benefici. Il problema e i dubbi nascono sull'opportunità di vaccinare i figli di 18 e 21 anni. Non mi sembrano chiari i rischi per i giovani che vengono immunizzati, mentre mi sembra che i benefici di protezione siano piuttosto modesti, dato che mi pare non appartengano alle cosiddette categorie a rischio. Preso atto che il vaccino non ferma i contagi, che nessuno garantisce nulla sui rischi in futuro, non sarebbe meglio usare un po' più di prudenza e meno lassismo su controlli, tamponi, tracciamenti e quarantene?». Come avrete capito, il lettore che scrive, Gianpiero Pirazzini, non è un no vax e neppure uno che invita i suoi figli a non vaccinarsi e dunque, per dirla con il presidente del Consiglio, uno che li invita a morire o a far morire qualcun altro. Semplicemente è una persona che si fa delle domande e che vorrebbe ottenere delle risposte senza essere considerato un sorcio da rinchiudere in casa (è il trattamento suggerito da quel fine democratico del professor Roberto Burioni per tutti coloro che a oggi non sono ancora stati inoculati).Purtroppo, invece di spiegazioni, a Gianpiero e ai tanti come lui che si chiedono se sia giusto vaccinare ragazzini dai 12 anni in su, dall'alto della loro scienza e della loro arroganza in molti replicano con un calcio in bocca, perché il popolo non è degno di parlare, ma solo di adeguarsi alle direttive impartite. Ora è bene chiarire subito che, come Gianpiero, neppure io sono un no vax: a maggio ho ricevuto la seconda dose e ho scaricato il green pass sul mio cellulare, stampando una copia cartacea del certificato. Però, oltre a essere un vaccinato, sono anche un giornalista e dunque leggo e mi informo. Soprattutto, esercito l'arte del dubbio, che non è un libro di Gianrico Carofiglio, ma una metodologia che qualsiasi giornalista dovrebbe mettere in pratica, per stabilire se ciò che viene detto in una conferenza stampa, in tv o in Parlamento corrisponda al vero. Tralascio la questione se il green pass sia garanzia o meno di non essere contagiosi, perché di questo si occupa già Mario Giordano con l'articolo che appare in queste stesse pagine. Il vaccino protegge il vaccinato, ma non garantisce chi non lo è, perché una persona può essere contagiosa e asintomatica, proprio perché è stata immunizzata. Ma tornando al nostro lettore, pur avendo ricevuto prima e seconda dose e dunque non avendo dubbi sulla sua scelta, Gianpiero non sa se sottoporre i propri figli all'inoculazione. Il suo comportamento può apparire schizofrenico, ma non lo è, e per comprenderlo non serve dargli del sorcio, come fa Burioni: basta documentarsi per comprendere le sue preoccupazioni e quelle di tanti altri padri e madri con figli minorenni. Se in Germania il Koch institute ha pubblicato un rapporto in cui sconsiglia la vaccinazione nei bambini sani fino a 17 anni di età, una ragione ci sarà. E se Gran Bretagna, Olanda, Belgio e Irlanda hanno fatto altrettanto, un motivo ci sarà. Sì, lo so che l'Ema, cioè l'Agenzia europea del farmaco, ha detto che si può procedere a iniettare Pfizer anche ai minorenni, ma il presidente dei pediatri tedeschi dice il contrario. Joerg Doetsch sostiene che l'approccio prudente sia molto sensato: «Nel complesso, il numero di morti in Germania non è motivo di preoccupazione. In tutta la pandemia, tra bambini e adolescenti, sono quattro le morti registrate a causa del Covid, mentre nove sono deceduti a causa della classica influenza». Che facciamo con Doetsch, caro Burioni, rinchiudiamo anche lui come un sorcio? E con Francesco Broccolo, virologo dell'università di Milano, che settimane fa ha dichiarato che «occorre essere prudenti e attendere ulteriori informazioni prima di proseguire la campagna di vaccinazione nei giovanissimi», come ci regoliamo? Anche lui lo facciamo sedere in salotto a guardare Netflix? E ai ricercatori del Mario Negri che scrivono sul loro sito che «vaccinare i bambini non rappresenta una priorità», in quanto si ammalano di meno e diventerebbe una priorità solo se si diffondesse una variante capace di causare gravi malattie anche a loro? L'elenco di dubbiosi, al pari di Gianpiero, può proseguire, ma credo che già questi bastino a spiegare che non è sufficiente dire si fa così perché l'ho deciso io, in quanto chi si interroga non è una pecora ignorante e disinformata che va solo ricondotta nel gregge dal cane pastore. È un cittadino che ha il diritto di essere rispettato e non discriminato. Invece, che si fa? Si emette un bel decreto e dai 12 anni in su tutti si devono adeguare: o hanno il green pass, cioè si sono fatti vaccinare, o non entrano in palestra, non possono frequentare una piscina chiusa e tanto meno gli spogliatoi di un campo da calcio. Cittadini sì, ma di serie B. Avete pensato a quali saranno le ricadute? In pochi giorni alcuni milioni di adolescenti (in Italia la fascia che va dai 10 ai 19 è rappresentata da 5,7 milioni di persone, quasi il 10% della popolazione) rischiano di essere privati dei diritti riconosciuti ad altri, in quanto in gran parte non sono vaccinati. Che facciamo con loro? Mettiamo una ciotola fuori dal ristorante mentre i genitori pranzano dentro?
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)