2020-10-04
Il governo fa ricchi femministe e gruppi Lgbt
Nicola Zingaretti e Alessandro Zan (Ansa)
Nascoste nel decreto sul rilancio dell'economia le mance dei giallorossi: 900.000 euro alla «Casa delle donne» per ripianare un maxi debito col Comune di Roma e 4 milioni per finanziare il ddl Zan sull'omotransfobia ancora in discussione in Parlamento.Amano ripeterci che siamo alla canna del gas, che i soldi non ci sono, che bisogna fare ricorso al Mes per salvare capra e cavoli altrimenti la nazione è destinata alla rovina. Eppure, guarda un po', per gli amici i soldi si trovano sempre. Soprattutto, si rimediano i denari utili a foraggiare le lotte ideologiche più aggressive, presentate dai cari progressisti come battaglie di civiltà che è impossibile non sostenere. Nei giorni scorsi, al Senato, è arrivato il cosiddetto decreto agosto, il quale dovrebbe contenere «Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia». Solo che, a ben vedere, tra le varie misure previste alcune non sono affatto urgenti né servono a sostenere e rilanciare l'economia. Sono utili, piuttosto, a riempire le tasche di associazioni e movimenti progressisti dalle posizioni decisamente discutibili. Tanto per iniziare come si deve, infatti, il Senato ha dato il via libera a un emendamento che salva la Casa delle donne di Roma, storica istituzione del femminismo italico che da qualche anno a questa parte ha grossi problemi di soldi. Da parecchio tempo, infatti, è in corso un contenzioso fra le femministe e il Campidoglio, poiché la Casa delle donne deve al Comune un bel po' di denari di affitti arretrati. Alla fine di luglio, il Campidoglio ha proposto alle attiviste la rateizzazione del debito, che ammonta a circa 800.000 euro. Le femministe, però, hanno rifiutato sdegnate: secondo loro la faccenda si sarebbe dovuta chiudere con un versamento di 300.000 euro al Comune e a posto così. Ora, però, grazie al governo la questione è risolta e le femministe non avranno bisogno di svenarsi. La senatrice di Italia Viva Donatella Conzatt ha firmato un emendamento al decreto agosto per finanziare la Casa i delle donne con 900.000 euro per il 2020, allo scopo di «integrare gli importi destinati all'estinzione del debito pregresso del Consorzio nei confronti di Roma Capitale». Secondo l'esponente renziana, «con l'approvazione dell'emendamento che permette alla casa internazionale delle donne di continuare a vivere e svolgere il proprio ruolo abbiamo portato a casa un risultato importante non solo per le donne, ma per la democrazia». Certo, tramite un decreto che dovrebbe servire a rilanciare l'Italia si salva l'istituzione femminista che ha accumulato centinaia di migliaia di euro di debiti nei confronti del Comune di Roma, cioè dei cittadini. Complimenti vivissimi. Attenti però che non è ancora finita. Al Senato è stato approvato un altro emendamento che permetterà ai giallorossi di soddisfare, dopo le femministe, anche gli attivisti Lgbt. Ad annunciarlo ci ha pensato ieri sui social Alessandro Zan del Partito democratico, cioè l'uomo che dà nome al ddl sull'omotransfobia. «Una bellissima notizia», ha esultato, «è stato approvato in Senato l'emendamento al decreto agosto che finanzia i centri antidiscriminazione e le case rifugio per le vittime di omotransfobia con 4 milioni di euro all'anno!». Zan ha spiegato che questo ingente stanziamento «è una parte della legge contro l'omotransfobia e la misoginia che abbiamo voluto già mettere in sicurezza, per dare risposte immediate soprattutto alle persone più fragili e vulnerabili». Se ci riflettete un secondo, tutta questa faccenda è davvero incredibile. Il ddl Zan non è ancora diventato legge, deve essere discusso in Parlamento e - nonostante il Pd voglia farlo passare entro la primavera del 2021 - fino ad oggi ha incontrato una rovente opposizione anche a sinistra (soprattutto tra le femministe, forse pure quelle che frequentano la Casa delle donne). Come è possibile mobilitare fondi per una legge che ancora non è stata approvata? È un insulto alla democrazia, per lo meno. Il fatto è che Zan sta cercando da alcuni mesi di gabbare tutti con un trucchetto. Già in luglio, al momento dell'approvazione del dl rilancio, i giallorossi (per la precisione una esponente dei 5 stelle) presentarono un emendamento che prevedeva l'esborso di 4 milioni di euro annui per finanziare i centri contro la discriminazione. A che cosa serviva la manovra? Come denunciò il Centro Studi Livatino, lo scopo era probabilmente quello di blindare i fondi con cui sostenere il ddl Zan facendoli approvare all'interno di un altro testo. L'emendamento al dl rilancio che stanziava i 4 milioni, infatti, era sostanzialmente identico all'articolo 7 del ddl Zan. Su tale articolo, non molto tempo fa, si è espressa la Ragioneria generale dello Stato, la quale ha espresso «parere contrario in quanto non sussistono le necessarie disponibilità per l'anno 2021». Il sospetto - piuttosto forte - è che Pd e 5 stelle ci stiano riprovando con il dl agosto: hanno inserito un emendamento utile a coprire le spese della legge bavaglio, anche se ancora non è stata approvata. La prossima volta che li sentite piangere miseria, dunque, ricordatevi che per femministe e attivisti Lgbt hanno tirato fuori quasi 5 milioni di euro. Basta volerlo, e i denari spuntano.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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