2020-03-06
«Il governo deve dare messaggi positivi e non fare allarmismo. Se no non se ne esce»
Lo chef Antonello Colonna: «Le piccole imprese sono il tessuto del Paese. Abbiamo bisogno di fiducia e un po' più di respiro su leasing, mutui e tasse».Antonello Colonna, chef di lungo corso e imprenditore del mondo della ristorazione con un ristorante a Roma, uno aperto da poco a Milano e un resort alle porte di Roma, è un uomo che non ama darsi per vinto. Il coronavirus, non ha dubbi, sta portando molte difficoltà al settore della ristorazione. Ma, il vero problema, dice, è che il governo non sta facendo abbastanza per dare un messaggio positivo e limitare l'allarmismo. Lei come imprenditore sta soffrendo con l'arrivo del Coronavirus?«Io devo salvaguardare tutte le mie attività. Io ne ho tre, una a Milano, una alla Stazione Termini e un resort alle porte di Roma. Quest'ultimo è proprio quello che sta risentendo meno dell'arrivo del virus. Forse anche perché io ho sempre creduto in un turismo locale e nazionale. Anche a Milano ho cercato di portare avanti una politica locale, del territorio. Tutto ciò mi sta aiutando in questo momento. Anche se va detto che nel settore della ristorazione gli stranieri fanno comodo a tutti. Nonostante tutto, con 35 anni di carriera e con tante crisi alle spalle, posso dire che oggi noi ristoratori abbiamo molto più le mani legate rispetto a un tempo. Un tempo si cercava di fare dei pacchetti per invogliare la clientela a spendere. Oggi ci sono hotel che chiedono 25 euro al giorno a Roma e i turisti non vengono lo stesso. E non vanno nemmeno a Capri o all'Isola d'Elba, dove questi problemi non ci sono. L'unico consiglio che do è quello di cavalcare la crisi». In che senso?«Io ho detto ai miei ragazzi che lavorano a Milano che, se devono fare dei miglioramenti del nostro ristorante, che li facessero ora. Molti artigiani preferiscono lavorare poco, piuttosto che non lavorare. Un altro esempio: con il fatto che hanno spostato il Vinitaly, molte regioni stanno chiedendo a me di realizzare eventi sul territorio per limitare i danni di comunicazione. Con una battuta dico: mettiamo in quarantena i telegiornali, così la gente non si spaventa. Non dobbiamo dare notizie da Bar Sport, quelle sono le più dannose. In realtà basterebbe che il premier o il presidente ci dicessero davvero cosa sta succedendo. Noi abbiamo semplicemente bisogno di fiducia. Il problema siamo noi piccole imprese. Basterebbe anche solo un po' più di respiro su leasing, mutui e tasse. A noi serve più istruzione per superare questo momento e meno informazione. Di certo non far pagare i bambini e mettere i menu scontati al 50% non servirebbe a nulla». Lei dice però che il suo resort non ha sofferto perché sta fuori Roma. «Sicuramente la posizione geografica ha aiutato. Se fosse stato nella zona rossa avrebbe avuto gli stessi problemi di cui stanno soffrendo gli altri. Inoltre si sta parlando di un certo tipo di clientela, visto che si tratta di un 5 stelle lusso, ma io sono una mosca bianca. La maggior parte delle strutture ricettive è in difficoltà. Io a oggi sto facendo riposare a turno i miei dipendenti senza abbattere il monte ferie. Ma, in questa situazione, non ci sono molti costi che si possono abbattere. Al massimo posso ridurre le spese sul cibo, ma sul resto c'è poco da fare. Gli affitti non cambiano e gli investimenti fatti per realizzare cinque mesi fa un ristorante in centro a Milano non cambiano ugualmente. Di certo non capisco il senso di certe scelte. Chiudono le scuole, ma i Tribunali e gli uffici sono ancora aperti. Queste domande la gente se le fa. Il governo deve scendere in piazza a dirci cosa sta succedendo». Lei dice che il governo ci sta tenendo nascosto qualcosa?«Dico che in molti si chiedono come mai abbiano chiuse le scuole ma non i mezzi pubblici o altri posti affollati. Forse lo Stato non ha la forza di imporre un vero coprifuoco nazionale oppure non ce n'è bisogno. Basterebbe sapere davvero cosa sta succedendo». Quindi, dal suo punto di vista, il settore della ristorazione non sta lentamente tornando alla normalità?«Dal mio osservatorio dico che ieri a Roma abbiamo fatto a pranzo 20 coperti, l'altro ieri 60. Io, per essere felice, devo fare in media 100 coperti al giorno, 50 a pranzo e 50 a cena. A Milano lo stesso. Di certo il governo dovrebbe aiutare di più noi piccole imprese piuttosto che i grandi gruppi perché il tessuto del Paese è costituito da piccole aziende». La soluzione quindi è puntare sul turismo locale?«Sicuramente di questi tempi aiuta. Alla fine siamo in diversi milioni e ci sono tante persone che non hanno paura. Le racconto un aneddoto. Nel 1986 sempre più americani non volevano venire in Italia perché spaventati dal terrorismo. Allora molti imprenditori italo-americani fecero una campagna dal titolo “the wind of Rome is a friendly wind" e decisero di fare una grande cena cucinata da me a Roma per dimostrare che non c'era nulla di cui avere paura. Visitarono il Quirinale, Montecitorio, tutte le grandi istituzioni. Mattarella, Conte e Speranza e tutto il governo dovrebbero fare lo stesso. Dovrebbero fare un giro in autobus a toccare con mano tutti i punti dell'epidemia, le varie aree infette. Forse così l'economia potrebbe riprendersi, magari dando l'esempio con comizi in cui si spiega di non avere paura».