2025-01-30
Il giorno dopo la rabbia non passa. La Bongiorno nominata legale unico
Giorgia Meloni non arretra: «Dritti per la nostra strada». La scelta dello stesso avvocato di Matteo Salvini per tutti gli esponenti di governo coinvolti manda un segnale chiaro. Vertice sugli sbarchi e le nuove rotte.«Il nostro impegno per difendere l’Italia proseguirà, come sempre, con determinazione e senza esitazioni. Quando sono in gioco la sicurezza della nazione e l’interesse degli italiani, non esiste spazio per passi indietro. Dritti per la nostra strada»: Giorgia Meloni, il giorno dopo il video attraverso il quale ha dato la notizia dell’indagine a carico suo, dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e del sottosegretario Alfredo Mantovano, torna sui social con un messaggio che riflette la sua determinazione a combattere questa ennesima battaglia senza nessun tentennamento. A dimostrazione della compattezza granitica del governo e della maggioranza che lo sostiene arriva la decisione della Meloni, di Piantedosi, Nordio e Mantovano, di nominare quale unico legale l’avvocato Giulia Bongiorno, che ha difeso con successo Matteo Salvini, assolto lo scorso dicembre dall’accusa di sequestro di persona nel processo Open Arms. A chiedere il rinvio a giudizio di Salvini era stato nel marzo 2021 l’allora Procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, ora a capo della Procura di Roma, il magistrato che ha firmato l’atto giudiziario mostrato in video dalla Meloni. Corsi e ricorsi storici: anche in questo caso, seppure in maniera diversa, l’inchiesta ha come perno l’immigrazione, considerato il ruolo di Almasri nel contenimento delle partenze dalla Libia. E proprio all’immigrazione è stato dedicato il vertice di ieri a Palazzo Chigi, dove la Meloni ha riunito i due vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, il ministro Piantedosi. Un vertice convocato giovedì scorso, di quelli che si svolgono con frequenza e che vedono la presenza anche dell’intelligence. A quanto apprende la Verità, si analizzano le ragioni dell’aumento degli sbarchi a gennaio, rispetto allo stesso mese dello scorso anno: 3.354, rispetto ai 1.863 di 12 mesi fa. Si ragiona su diversi fattori concomitanti. Innanzitutto, banalmente, le condizioni meteo: pessime a dicembre, col risultato di tenere tanti migranti in attesa di partire, e migliorate a gennaio, con il conseguente aumento dei flussi. La Meloni e i ministri, a quanto ci risulta, si soffermano poi su un aspetto in particolare: sono aumentate in maniera considerevole le partenze da Bangladesh (687 dal 1° al 28 gennaio), Pakistan (468), e comprensibilmente Siria (151), mentre diminuiscono quelle dall’Africa sub sahariana. Libia e Tunisia, ricordiamolo, sono Paesi di transito: per contrastare l’immigrazione clandestina occorre collaborare anche con i Paesi di partenza. Intese politiche, dialogo tra le intelligence, monitoraggio delle compagnie aeree: la Meloni, Tajani, Piantedosi e gli altri partecipanti al vertice si soffermano su una serie di fattori che sfuggono al dibattito social-televisivo spicciolo, ma sono di estrema importanza e complessità. Restando sulla Libia, per fare un altro esempio, nelle ultime settimane la costa occidentale, e in particolare la città costiera di Zawiya, 50 chilometri a Ovest di Tripoli, è stata teatro di scontri violentissimi tra le forze filogovernative e le milizie che fanno capo a Mohamed Kushlaf, considerato uno dei boss del traffico di esseri umani. Scontri che hanno visto come teatro la locale raffineria, la seconda più grande della Libia, il cui porto è anche la base operativa di trafficanti di esseri umani. Questa instabilità, che caratterizza anche la parte meridionale del Paese, non può non avere ripercussioni sulle partenze dalla Libia, e quindi sugli sbarchi. Intanto la politica si agita intorno alle informative in Parlamento di Nordio e Piantedosi sul caso Almasri, previste per ieri ma poi annullate in seguito all’apertura dell’inchiesta. Un annullamento che scatena la protesta delle opposizioni. I capigruppo alla Camera di Pd, M5s, Avs, Azione, Iv e Più Europa scrivono al presidente Lorenzo Fontana: «Non ci sono giustificazioni plausibili», affermano, «per sottrarsi al confronto nella sede preposta su un tema così grave e rilevante per il Paese», e chiedono «l’immediata convocazione della Conferenza dei capigruppo». Le opposizioni chiedono che sia la Meloni a riferire in Parlamento. Clima incandescente anche al Senato, dove le opposizioni abbandonano l’Aula dopo che il senatore di Fdi Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari Costituzionali, dichiara che «certi magistrati umiliano continuamente la politica, questa è la vera umiliazione. L’esproprio della democrazia è reso manifesto e plateale dal fatto che ministri che dovevano riferire su un fatto importantissimo», aggiunge Balboni, «non lo possono più fare perché certa magistratura si è voluta sostituire al Parlamento e alla democrazia». Anche a Palazzo Madama i capigruppo delle opposizioni chiedono una informativa in Aula di Giorgia Meloni. Su loro richiesta, la conferenza dei capigruppo decide la sospensione dei lavori fino a martedì prossimo. Oggi altra giornata cruciale con le prime udienze di convalida della Corte di Appello di Roma in relazione ai trattenimenti disposti dalla Questura per i 44 migranti portati, venerdì, in Albania. Decisioni previste nei prossimi giorni.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)
Francesca Albanese (Ansa)