
Più vicino l'embargo sul petrolio
La questione del pagamento del gas russo in rubli, come richiesto da un decreto firmato dal presidente Vladimir Putin lo scorso 31 marzo, ondeggia ormai tra il mistero e la farsa. Nei giorni scorsi la Commissione di Bruxelles ha dato due risposte diverse alla domanda se sia possibile per una azienda europea aprire un conto in rubli presso Gazprombank, come vuole Mosca, senza con questo violare le sanzioni.
«Sembra di sì», aveva scritto il 22 aprile in una nota consegnata ai Paesi membri. Assolutamente no, aveva detto attraverso un portavoce il 28 aprile. Ieri la commissaria per l’Energia Kadri Simson ha annunciato un nuovo parere in arrivo: «I miei servizi insieme al servizio giuridico della Commissione e del Consiglio, prepareranno delle linee guida più dettagliate su cosa le imprese possono e non possono fare». Nel frattempo dieci aziende europee il conto in rubli l’hanno già aperto, e quattro hanno anche effettuato i pagamenti secondo le modalità volute dal Cremlino, stando a quanto riferito a Bloomberg da una fonte vicina a Gazprom. Mentre l’Eni, che tra qualche giorno dovrà pagare una consegna, sarebbe ancora indecisa sul da farsi.doppio rischio In questo scenario, ecco irrompere ieri il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, che in un’intervista a politico.eu si dice convinto che «sarebbe bene per qualche mese, almeno, permettere alle aziende di pagare in rubli, mentre capiamo il quadro giuridico e le implicazioni».
Nel dubbio, insomma, adeguiamoci intanto alle richieste della Russia. «Credo che le compagnie petrolifere e del gas non possano rischiare di pagare e poi essere accusate di aver infranto le sanzioni, ma allo stesso tempo non possono rischiare... di non pagare in rubli». Un intervento che suscita una certa attenzione perché, Ungheria a parte, finora nessun Paese della Ue si era espresso in modo così netto sulla questione. Dopo qualche minuto, però, arriva la precisazione del ministero della Transizione, che in una nota definisce «fuorviante» l’articolo di politico.ue: «Non corrisponde alla posizione espressa dal ministro Cingolani che non ha mai aperto ad un pagamento in rubli». Poi però, nella stessa nota del ministero, una ulteriore precisazione viene a complicare il quadro: «In attesa che si definisca unitariamente, a livello di Ue, la posizione sui pagamenti, lo schema euro/rubli che prevede che le imprese paghino in euro, al momento non lascia ravvisare una violazione delle sanzioni stabilite il 24 febbraio».
Lo schema euro/rubli richiesto da Mosca è quindi accettabile, secondo il ministro? La sensazione è che l’Italia, come pure tutti gli altri Paesi Ue a eccezione di Polonia e Bulgaria (che hanno rifiutato di pagare con la procedura indicata da Mosca e si sono viste chiudere i rubinetti), vorrebbe adeguarsi a quanto chiede la Russia senza però ammetterlo apertamente, giocando sull’ambiguità del meccanismo studiato dal Cremlino, che chiede agli importatori di aprire un doppio conto, in euro e in rubli, permette loro di pagare in euro, ma considera conclusa la transazione solo quando gli euro vengono convertiti in rubli. Uno schema illustrato domenica dal ministro degli Esteri della Federazione russa, Sergej Lavrov nell’intervista rilasciata a Rete 4: «I Paesi europei importatori del gas russo, come l’Italia, devono pagarlo in rubli perché hanno rubato a Mosca le sue riserve valutarie in dollari e euro depositate presso le banche europee, imponendo un congelamento nell’ambito delle sanzioni», ha detto, facendo riferimento a una misura fortemente sponsorizzata proprio dal presidente del Consiglio Mario Draghi.
«Voi pagherete comunque nella valuta prevista dai contratti ma le forniture verranno considerate pagate quando queste somme saranno state convertite in rubli, che non possono essere rubati. Per gli acquirenti non cambierà nulla, pagheranno stesse somme previste dai contratti».euro-vertice. Se sul gas quindi gli europei non sembrano decisi ad andare allo scontro con Mosca, il petrolio potrebbe invece entrare nel sesto pacchetto di sanzioni che sarà annunciato nei prossimi giorni. «La Germania è pronta a nuove sanzioni, compreso l’embargo petrolifero», ha ribadito ieri il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner. Posizione confermata dal suo collega Robert Habeck da Bruxelles, dove ha partecipato ad un vertice straordinario dei ministri dell’energia della Ue: «Avremmo un problema locale e ovviamente un aumento dei prezzi e forse le catene di approvvigionamento non sarebbero sicure, ma non colpirebbe l’economia nazionale nel suo insieme. Quindi, dopo due mesi di lavoro, posso dire che la Germania non è contraria a un embargo petrolifero alla Russia». La misura entrerebbe in vigore gradualmente e potrebbe prevedere qualche eccezione, soprattutto per venire incontro alle richieste di alcuni Paesi come Ungheria (che aveva minacciato il veto) e Slovacchia.
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
All’Oval del Lingotto due giorni dedicati alla cultura pop tra autori di fumetti, cosplay, musica e gioco. L’undicesima edizione di Xmas Comics & Games conferma Torino come spazio di incontro tra linguaggi, generazioni e immaginari diversi.
Torino si è trasformata per due giorni in un crocevia di creatività e passioni. L’undicesima edizione di Xmas Comics & Games, svoltasi il 13 e 14 dicembre all’Oval – Lingotto Fiere, ha confermato il suo ruolo di appuntamento culturale invernale per gli amanti del fumetto, dei videogiochi, del cosplay e della musica. Un festival che non si limita a intrattenere, ma racconta la cultura pop contemporanea attraverso molteplici linguaggi.
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
Quando, nella primavera del 2025, una serie di assalti coordinati colpì la fascia costiera centrale della Somalia, nelle ambasciate affacciate sull’Oceano Indiano iniziò a serpeggiare un interrogativo inquietante: il crollo dell’ordine statale avrebbe ricordato di più la caduta di Kabul o l’implosione graduale di altri teatri dominati da milizie jihadiste? Le bande armate che oggi si muovono tra porti improvvisati e villaggi costieri hanno sottratto porzioni strategiche del litorale alle già fragili forze governative, spingendosi fino alle porte di Mogadiscio senza incontrare resistenza significativa. A luglio, gli equipaggi delle navi in transito segnalavano check point pirata a meno di 50 chilometri dalla capitale, mentre diverse missioni diplomatiche trasferivano il personale non essenziale in Kenya. Poi, quasi all’improvviso, l’avanzata si arrestò, lasciando il governo a celebrare una vittoria più propagandistica che reale, mentre gli osservatori più avvertiti attendevano solo il momento in cui i predoni del mare avrebbero ripreso il loro slancio.
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.













