
Il teorico del postmodernismo Gilles Lipovetsky prova a rilanciare il dogma «piacere e colpire». Ma è un necrologio perché l'uomo ha avvertito che sotto non c'è nulla. Prima di conquistare gli altri bisogna sapere chi siamo.Gilles Lipovetsky, già teorico del postmodernismo, movimento che vi si ispirò fin dagli anni Ottanta. Si era allora frastornati dalla fine delle grandi ideologie: il muro di Berlino sarebbe caduto di lì a poco, nel 1991. La società della seduzione, oggi sottotitolo del libro Piacere e colpire del filosofo francese, già cercava di riempire il vuoto lasciato dalle «grandi narrazioni» che avevano prepotentemente occupato i cento anni precedenti.Si tratta di un saggio attualissimo, perché non c'è dubbio che i due verbi esprimano tuttora l'ideale di vita di grandi masse di persone. Contemporaneamente però, è anche il necrologio del sistema di cui si parla, perché malgrado Lipovetsky si impegni ad agghindarlo come meglio può, questa smania di piacere, pur diffusa, non è oggi più vitale: non è di qui che passa la storia di oggi e di domani. È vero che Piacere e colpire continua a essere la parola d'ordine della società dei consumi, e soprattutto del suo sistema di comunicazione e del suo sfinito potere culturale. Ma è anche vero che quasi tutti stanno capendo che prima di «piacere agli altri» devi capire chi sei e dove vuoi andare. E soprattutto devi utilizzare i modelli di consumo non come orientamenti di vita, ma per stare più comodo durante la strada (che sarà lunga, come sempre). Occorre, insomma «il fascino della singolarità individuale», come la chiama il filosofo francese: che è poi colui che pensa con la sua testa. Il seduttore-consumatore di massa è ormai una figura di ieri, perdente su tutti i fronti: sia quello della seduzione che quello dell'interesse economico. Altre urgenze spingono, e proprio la «società della seduzione» raccontata da Lipovetsky ci mostra quanto, pur essendo quest'ultima ancora ufficialmente in funzione, stia rapidamente franando sotto il peso della sua vacuità e assenza di valori. La velocità della fine è documentata dalle date tra la scrittura e l'edizione italiana: scritto nel 2016, pubblicato a Parigi nel 2017, a Milano adesso: 2019 (Raffaello Cortina editore). In questi quattro anni, però, è cambiato il mondo, come ormai hanno capito tutti, tranne le élite che continuano a fare finta di niente. La globalizzazione cui si riferisce Lipovetsky è stata sconvolta dal sovranismo, dal populismo e dalla rivendicazione delle autonomie di popoli e territori. Nella vita quotidiana delle persone ciò significa sostituire a un'esistenza di dipendenza (dai consumi, dal politicamente corretto, dall'altro cui devi assolutamente piacere, per «colpirlo»), una scelta di autonomia. Non è seducendo qualcuno che te la caverai, ma rimboccandoti le maniche e facendo qualcosa di buono.Perfino nella psicoterapia incomincia così a perdere colpi la patologia che è stata protagonista indiscussa degli ultimi quarant'anni: il disturbo narcisistico di personalità, anima della civiltà del piacere e colpire, programma di vita del Narciso perfetto. Quello che non ha ideali, aspirazioni, idee, know how e competenze sue al di fuori di sedurre gli altri, e sistemarsi. Nessuno si aspettava che il narcisismo perdesse colpi: anzi ci si proponeva di cancellarlo ormai dai disturbi psicologici tanto pareva irrimediabilmente diffuso. E invece, non funziona più così. Matteo Renzi è franato, il Senato francese ha aperto un procedimento penale contro l'Eliseo per l'affare Benalla, l'uomo di fiducia del presidente immagine. Proprio il libro di Lipovetsky, d'altra parte, ci aiuta a capire come mai ciò accada. Il «piacere» della seduzione postmoderna infatti non aveva la forza dell'amore, era un godere affettivamente vuoto, cinico. «Il sentimento amoroso non è più necessario», dichiara Lipovetsky, e ancora oggi le femministe di Non una di meno lo ripetono con il loro slogan: «Di sicuro vogliamo fare sesso, facciamo un'orgia adesso», e altri simili. In questa visione gli affetti con i loro progetti per l'esistenza vengono sostituiti da una spinta aggressiva, quel «colpire» di cui poi le cronache del me too (con le loro vittime, non solo donne), hanno fornito ampia documentazione (anche quella già scavalcata dagli avvenimenti successivi). Quelle cronache furono comunque significative, perché mentre la società anti disciplinare del mondo piacere e colpire sosteneva l'etica del «fai come ti pare» con il suo «zapping relazionale» in nome dello scavalcamento di ogni norma, persino il ribelle me too finì col mostrare la follia di una società senza regole, e come i valori non fossero sostituibili dalle ipocrisie del politicamente corretto.Tutto ciò accade non per moralismo e torbida passione per il Medioevo (senza il quale comunque non ci sarebbe stato l'Umanesimo né il Rinascimento), ma perché la seduzione ha un senso se è animata dall'affettività. Lo ha raccontato benissimo la storica della femminilità Claude Habib nei suoi lavori sulla galanteria e la sua importanza nell'educazione sentimentale. Altrimenti si precipita negli aspetti maniacali e ossessivi illustrati dalle varie leggende sul don Giovanni, che non ha un momento libero dalla sua fissazione di sedurre. Prima che per andare in Paradiso insomma, regole e norme sono indispensabili per campare sulla terra. Per questo le società edoniste e libertine, come la nostra del piacere e colpire, fatalmente si esauriscono. Perché i figli, o i nipoti, hanno poi voglia di vivere davvero, e non solo di piacere e colpire: mortifera tentazione di ogni periodo di decadenza. È allora, quando arrivano nuove generazioni vitali, che i vecchi gruppi dominanti vengono spinti fuori dal potere (quello della Roma imperiale o quello dell'ultima dinastia cinese, e quelli di oggi) e che la vita continua su una base di solito meno lussuosa, ma più realista e interessante, meno stucchevole. Piacere e colpire addio. Abbiamo già dato.
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