2020-03-24
Il decreto pasticciato di Giuseppi scontenta tutti e aumenta il caos
Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia (Ansa)
Il blocco delle attività non essenziali crea disorientamento, con bozze ed elenchi che si susseguono. Per Confindustria le aziende costrette allo stop sono troppe, per le sigle sindacali sono troppo poche.Peggio del virus in sé, solo il virus con in più un governo che crea e alimenta il caos, rendendo l'emergenza ancora più confusa e ingestibile. Sabato notte, nel famigerato video su Facebook delle 23.30, Giuseppe Conte aveva garantito: «Abbiamo lavorato tutto il pomeriggio con i sindacati, con le associazioni di categoria, per stilare una lista dettagliata in cui sono indicate le filiere produttive delle attività dei servizi di pubblica utilità». Si potrebbe dire: le ultime parole famose. Altro che accordo, infatti: da domenica pomeriggio, prim'ancora che il Dpcm venisse firmato dal premier, era già scoppiato il pandemonio, con Confindustria impegnata ad allargare le maglie del decreto e i sindacati a restringerle. E alla fine, per ragioni opposte, tutti insoddisfatti. Logica elementare avrebbe voluto che il governo seguisse una consecutio prudente: prima raggiungere un'intesa definitiva con le parti sociali, poi scrivere il decreto, infine annunciarlo. Il dinamico duo Conte-Casalino ha fatto l'inverso: prima ha annunciato il decreto, poi lo ha scritto, e alla fine si è ritrovato a non avere alcuna intesa solida con le parti sociali. E nel susseguirsi vorticoso delle bozze che circolavano informalmente, risulta impressionante l'elenco dei settori che di volta in volta sono entrati e usciti dall'elenco delle attività essenziali (e dunque autorizzate). La Verità è in grado di fornire dettagli al riguardo: e non è difficile immaginare la rabbia, la preoccupazione, l'incertezza degli imprenditori e dei lavoratori trascinati in questo balletto. Ecco ad esempio alcuni settori che, nelle bozze di sabato, erano ritenuti essenziali e alla fine sono stati invece esclusi (e dunque bloccati): fabbricazione di prodotti refrattari, produzione di alluminio e semilavorati, commercio all'ingrosso di carta-cartone-articoli di cartoleria. Ecco poi i settori che, tra sabato e domenica, sono stati per alcune ore aggiunti all'elenco, ma alla fine sono stati depennati (e dunque, anch'essi vietati): metallurgia, fabbricazione di prodotti in metallo, di computer e prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali e di misurazione, orologi, macchine per lavanderie e stirerie, macchine per stampa e legatoria, robot industriali, commercio all'ingrosso di molti prodotti e articoli (elettrodomestici, elettronica di consumo e audio, articoli per fotografia-cinematografia-ottica, articoli per illuminazione, apparecchiature Ict, materiale elettrico per impianti a uso industriale, macchine per industria-commercio-navigazione, legname), e un lungo elenco di attività di noleggio (di autovetture, autocarri, macchine agricole, mezzi di trasporto aereo e marittimo, container). Ed ecco infine altri settori che sono stati aggiunti nella giornata di domenica e alla fine sono rimasti nell'elenco (e dunque consentiti): estrazione di carbone e petrolio, fabbricazione di imballaggi in legno, fabbricazione di diverse macchine e apparecchi (per irradiazione, elettromedicali, elettroterapeutiche; di motori, generatori e trasformatori elettrici; per l'agricoltura e per l'industria alimentare, delle bevande e del tabacco; per l'industria delle materie plastiche e della gomma), fabbricazione di attrezzature protettive, di casse funebri, commercio all'ingrosso di una serie di articoli (prodotti farmaceutici, libri-riviste-giornali, strumenti a uso scientifico, prodotti petroliferi-lubrificanti-combustibili), alberghi, attività legali e contabili, studi di architettura e ingegneria, attività di pulizia e disinfestazione, e una serie di attività di riparazione (di computer, elettrodomestici per la casa, ecc).Morale: caos e insoddisfazione generale. Sul versante imprenditoriale, Confindustria contesta - tra l'altro - l'uso del cosiddetto «codice Ateco» (quello che classifica le imprese quando entrano in rapporto con la pubblica amministrazione), e mette in luce il fatto che un certo settore possa essersi ritrovato tra le attività escluse, quando invece rientra nella filiera necessaria alla produzione di beni essenziali: «Prendiamo le aziende dell'automotive che stanno producendo valvole per i respiratori: anche loro non sono comprese nei codici Ateco che possono andare avanti a produrre. Attenzione alle rigidità, usiamo il buon senso», ha detto Vincenzo Boccia al Corriere.Sul versante opposto, i leader sindacali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, che già domenica sera avevano minacciato nientemeno che la bomba dello sciopero generale, ieri hanno scritto ai titolari di Mef e Mise, Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli, chiedendo di essere convocati per ridiscutere una lista che - a loro avviso - lascia aperte attività che non avrebbero «la caratteristica di indispensabilità o essenzialità».E intanto, tra un governo che crea confusione e vertici sindacali a loro volta in crisi di rappresentatività, è stato fatale che partisse a macchia di leopardo una raffica di preannunci di scioperi nei settori più diversi: bancari, chimici, metalmeccanici, siderurgia. Molti destinati a concretizzarsi domani, mercoledì 25. Insomma: fabbriche in rivolta, e leader sindacali all'inseguimento, che alzano la voce temendo di essere anche loro irrilevanti e travolti dal dissenso. E intanto ieri - in modo clamoroso - la protesta si è già materializzata nei settori della difesa e dell'aerospazio. La Fiom ha infatti annunciato che all'astensione hanno partecipato lavoratori di Leonardo, Ge Avio, Fata Logistic System, Lgs, Vitrociset, Mbda, Dema, Cam e Dar.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)