2020-04-27
Adolfo Urso: «Il decreto liquidità non è sufficiente. Serve attivare un Fondo Tricolore»
Il senatore di Fdi: «L'imprenditoria è esposta ad acquisizioni predatorie. Si deve premere sulle banche perché non utilizzino, come in passato, il risparmio italiano per finanziare le operazioni dei concorrenti».«Il fatto che le istituzioni europee ritardino gli interventi che l'Italia reclama, accampando divisioni interne, è un elemento che indebolisce il nostro Paese e avvantaggia altri nella competizione. Tutto quello che è dilatorio è a nostro danno mentre favorisce i sistemi più forti che hanno utilizzato risorse proprie per finanziare le loro imprese. Queste ora si ritrovano in uno stato di salute migliore delle nostre. Il sistema imprenditoriale italiano è più vulnerabile e quindi più esposto a aggressioni predatorie. Per questo occorre una forte iniezione di liquidità. Il decreto liquidità ha mostrato già tutti i suoi limiti. Bisogna agire con la moral suasion sulle banche affinché facciano affluire risorse allo Stato, acquistando i titoli di Stato, e al sistema produttivo attraverso la massa creditizia. Bisogna poi attivare un “Fondo Tricolore" che intervenga nel capitale delle piccole imprese». Adolfo Urso, senatore di Fratelli d'Italia e vicepresidente del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, studia da vari anni il fenomeno dei movimenti che sottendono alle acquisizioni straniere. Nel 2018, allarmato dalla relazione dei Servizi segreti, che riferiva delle strategie messe in atto per conquistare pezzi strategici dell'industria italiana, ha presentato una proposta per istituire una commissione di inchiesta parlamentare ad hoc per fare luce su queste manovre. La commissione non è mai partita ma, nel frattempo, Urso è stato nominato al Copasir e, dice, «ho letto più di quello che avevo desunto da fonti aperte».Sappiamo che le analisi del Copasir sono secretate ma può delinearci quali sono i meccanismi messi in campo da aziende estere? Sono aiutate dall'intelligence dei loro Stati?«Nella relazione annuale dell'intelligence del febbraio 2018 erano indicate alcune tecniche usate in modo diffuso dai servizi stranieri per operare in Italia ai fini della conquista predatoria. Una era quella di individuare le aziende che depositano i brevetti migliori affinché le imprese del loro Paese, adeguatamente informate, potessero acquistare le nostre migliori aziende. Altra tecnica era quella di favorire la nomina di amministratori a loro vicini che poi facilitassero la vendita dell'azienda».L'intelligence ha allertato su presunti movimenti delle banche che finanzierebbero aziende straniere in operazioni di acquisizione dei gioielli italiani. Quali sono gli istituti coinvolti?«Non mi chieda i nomi. In questo momento non dobbiamo distogliere l'attenzione come abbiamo fatto in passato, quando alcune banche, ancorché nominalmente italiane, hanno utilizzato i risparmi italiani magari per finanziare operazioni di acquisizioni internazionali di dominio globale di soggetti stranieri direttamente concorrenti di quelli italiani in settori fondamentali del made in Italy. Mi auguro che non accada nel prossimo futuro. Bisogna fare attenzione». Sono coinvolte anche banche italiane?«Che significa banche italiane? Molte banche con sede in Italia hanno una proprietà diffusa, poi ci sono gli istituti stranieri che operano in Italia, e quelle italiane guidate da stranieri. La cittadinanza conta poco, ma conta l'azione. È importante che il sistema sia convinto che occorre operare garantendo la sicurezza nazionale nella stabilità finanziaria dello Stato e nel flusso creditizio alle imprese. È importante la moral suasion che le istituzioni italiane possono sviluppare per far capire a tutti gli attori che in questo momento è primario agire per tutelare il sistema Italia. Sarebbe paradossale che il risparmio italiano fosse utilizzato per finanziare operazioni straniere ai danni del nostro Paese». Il Copasir ha ripreso le audizioni di banche e assicurazioni per vedere se nell'emergenza attuale, stiano agendo a tutela della sicurezza nazionale».Un altro tema spinoso è quello dei crediti deteriorati che sono il colpo di grazia per un'azienda. Quale è la situazione?«La crisi del 2008 ha determinato una condizione grave per oltre un milione di soggetti in gran parte artigiani, professionisti e famiglie che non sono riusciti a pagare le rate dei mutui accesi. Si tratta dei crediti deteriorati, i non performing loans (Npl), cioè i crediti delle banche che i debitori non riescono più a ripagare regolarmente o del tutto. La Bce negli ultimi anni ha fatto pressione presso le banche italiane affinché migliorassero la loro patrimonializzazione cedendo o liberandosi dei crediti deteriorati. È una massa pari a 360 miliardi di euro. Le banche italiane hanno risposto positivamente, e li hanno ceduti in gran parte a soggetti internazionali specializzati perlopiù anglosassoni. Questi li hanno acquisiti a condizioni di vantaggio ma poi si stanno rivalendo sui soggetti talvolta con metodi di stalking usuraio». Come possono le imprese uscire da questa morsa?«Io ho presentato una proposta di legge per liberare dalla schiavitù del debito questi soggetti produttivi consentendo loro di riacquistare il proprio patrimonio produttivo a un prezzo congruo in modo da uscire dalla Centrale rischi e poter riprendere l'attività».Può farci un esempio?«Il meccanismo è semplice. Prendiamo un artigiano con un debito di centomila euro che non è riuscito a saldare e per il quale è stata messa l'ipoteca sul magazzino. Entrato nella Centrale rischi, non può più ricevere credito dalle banche. Il suo debito viene ceduto al 20 per cento del valore. Il fondo che lo ha acquistato si rivale sull'imprenditore e pretende il 100 per cento o anche di più. La mia proposta prevede che la banca dia comunicazione immediata sul debito ceduto e l'imprenditore ha tre mesi di tempo per riscattarlo da chi lo ha acquistato a cui è riconosciuto un margine di guadagno del 20 per cento. In pratica se il debito da 100.000 euro è stato valutato e ceduto a 20.000 euro, si può riscattare in un tempo congruo pagando il 20 per cento in più di 20.000 cioè 24.000 euro. Così l'impresa esce dalla Centrale rischi e torna all'attività produttiva. La proposta di legge ha cominciato l'iter nella commissione finanze ma al momento i lavori sono bloccati per il Covid. È una soluzione per tirar fuori dai guai un imprenditore e evitare che vada a finire nelle spire degli usurai».
Sergio Mattarella con Qu Dongyu, direttore generale della FAO, in occasione della cerimonia di inaugurazione del Museo e Rete per l'Alimentazione e l'Agricoltura (MuNe) nella ricorrenza degli 80 anni della FAO (Ansa)
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