2020-04-24
«Il Covid ha perso la forza iniziale ma sarà in agguato ancora a lungo»
Matteo Bassetti, il primario di infettivologia al San Martino di Genova registra un calo dei ricoveri nelle terapie intensive: «I nuovi pazienti hanno sintomi meno gravi di un mese fa, presto però per dire se ci sono state mutazioni».Il coronavirus ha perso di potenza. Lavorando anche in ospedale e osservando i numeri di questi giorni, è chiara la sensazione di Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive al Policlinico San Martino di Genova. «Vediamo una diminuzione complessiva del numero dei casi e questo è un dato accertato, continuo e costante», spiega alla Verità il professore.Dimezzare i pazienti nelle terapie intensive è indice di una riduzione generale della gravità dei casi? «I ricoveri che stiamo vedendo in ospedale negli ultimi giorni sono di pazienti con una complessità molto più bassa. Quindici giorni fa arrivavano pazienti che avevano fame d'aria, soffocavano: bisognava uscire dal pronto soccorso con una mascherina per l'ossigeno o si doveva subito intervenire con il casco o, addirittura, con l'intubazione. Oggi questi casi non arrivano più o, quantomeno, ne arrivano molti meno rispetto alla prima fase».Come si spiega questa riduzione di potenza del coronavirus?«Da una parte si può ipotizzare che il virus, in qualche modo, abbia perso la sua forza iniziale, si stia fiaccando. Oppure, evidentemente, ci sono complessivamente meno casi e, siccome i casi gravi sono una piccola porzione del totale, anche in ospedale ne arrivano meno. Un'altra spiegazione potrebbe essere che il virus, in una prima fase, abbia colpito molto duramente soprattutto chi era più fragile: anziani o persone con altre patologie e, tra i giovani, alcuni gruppi di pazienti che probabilmente erano più predisposti a una complicanza respiratoria. Bisogna vedere se i dati saranno confermati dal trend dei prossimi giorni, però la sensazione è che il virus abbia perso forza e quello spirito di potenza e aggressione che aveva nella metà nel mese di marzo».Non pare però che sia mutato. Che cosa è cambiato?«No, non è mutato. Capita in tante altre infezioni. Questo virus è lo stesso, ma ha diversi fattori di virulenza. È un termine tecnico che indica l'insieme di elementi che rendono particolarmente aggressivo un virus. È come se a marzo avesse avuto una sorta di giubbotto antiproiettile e la mitragliatrice, mentre in questa fase è sempre lo stesso, ma ha infradito e pantaloncini. È lo stesso virus, ma non ha più quei fattori intrinseci particolarmente dannosi per il paziente. In altre parole nella prima fase c'erano più infezioni con virus armati e in questa fase è meno aggressivo».Forse, nel diffondersi così velocemente, ha perso per strada questi fattori di malignità?«Potrebbe. Ce lo auguriamo e i dati di questi ultimi giorni vanno in questo senso. Quando i ricoveri in terapia intensiva passano da 4.000 a 2.000, è evidente che quei casi così brutti che hanno riempito e tappato le terapie intensive non erano legati al fatto che c'erano in circolazione tanti virus, ma piuttosto che ce n'erano tanti e brutti». È per questo motivo che ha causato così tanti morti?«La bomba è esplosa verticalmente, in quattro settimane. Probabilmente se avessimo avuto una distribuzione temporale maggiore, quindi se avesse infettato le stesse persone invece che in 4-6 settimane in un periodo di 4-6 mesi, come fa il virus influenzale, avemmo visto lo stesso numero di casi, ma avrebbe fatto molto meno male al sistema». Quando parla di numero di casi, intende anche numero di decessi?«Sono collegati. Un conto sono 25.000 morti in un mese e mezzo, un altro è vedere lo stesso numero in sei mesi. Alla fine sapremo l'aggressività di questo virus e anche la sua letalità, che si calcola nel numero totale di casi, cioè compresi i poco sintomatici e gli asintomatici. Se è vero che in Lombardia il 10-15% della popolazione è positiva - quindi 1,5 milioni di persone - e calcoliamo una prevalenza simile nelle regioni vicine, potremmo avere complessivamente qualche milione di casi. Un conto è avere 25.000 morti su circa 180.000 positivi e uno su 2,5 milioni. La letalità cambia drasticamente e non è più il 12%, ma 1-1,2%. È sempre tanto, perché le morti sono sempre tante, ma certamente si possono guardare in maniera diversa».Azzarda un'ipotesi sull'andamento per i prossimi mesi per il Covid-19?«Nessuno può fare previsioni perché è un virus nuovo. Quello che possiamo dire è che questo virus ha fatto la sua comparsa in Italia e in Europa e che ci farà compagnia per molto tempo».Che cosa significa?«È come con il virus H1N1 nel 2009. Ci sarà ciclicamente in autunno o inverno a ondate, o focolai, se preferite. Bisogna cercare di limitare il più possibile queste ricomparse. Tracciare i contatti e inattivarle».Con quale strategia?«Dobbiamo attivare la medicina di territorio e delle Residenze per anziani. Parte del disastro è stato togliere risorse, medici e sanitari, alle Rsa. Serve un piano Marshall per la sanità in Italia. È evidente. Un nuovo problema infettivo può sempre arrivare e i nostri politici lo devono sapere e avere piani pandemici da attuare».
Nucleare sì, nucleare no? Ne parliamo con Giovanni Brussato, ingegnere esperto di energia e materiali critici che ci spiega come il nucleare risolverebbe tutti i problemi dell'approvvigionamento energetico. Ma adesso serve la volontà politica per ripartire.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 18 settembre con Carlo Cambi