2023-10-03
Il Colle come il Pd: alert sulla sanità. Ma dimenticano i buchi del passato
Sergio Mattarella (Getty images)
Dopo gli attacchi dem, Sergio Mattarella ricorda l’importanza del servizio pubblico. È stata però la sinistra a tagliarlo e, in epoca Covid, a imporre una tassa da 3,6 miliardi alle imprese di dispositivi medici. Ora aiutate nella Nadef.Elly Schlein, tra un picchetto e un convegno, da giorni urla allo scandalo sulla sanità. «Il governo di Giorgia Meloni continua a tagliare il servizio sanitario nazionale mentre un italiano su cinque rinuncia a curarsi a causa della crisi», ha detto ieri la segretaria con l’armocromista, aggiungendo che «la situazione della sanità pubblica costringe sempre più italiani a non curarsi e la risposta del governo è tagliare ancora fondi». Non stiamo qui a ribadire un vecchio concetto. Cioè che i tagli alla sanità, quelli veri, sono partiti con Mario Monti alla consolle e proseguiti con esecutivi in cui il Pd era azionista di maggioranza.Se confrontiamo l’ultimo annuario statistico del Servizio sanitario nazionale (Ssn), con il medesimo rapporto risalente al 2011, troviamo la fotografia della dieta. In un decennio sono stati chiusi 125 ospedali, ben l’11%. Nel 2011, tra pubblici e privati, erano 1.120, con un taglio più marcato per quelli pubblici (84 in meno in 10 anni). Le strutture per l’assistenza specialistica ambulatoriale erano 9.481 nel 2011 e sono scese a 8.778. In crescita, ma solo grazie al privato, quelle di assistenza territoriale residenziale. Stesso trend per le strutture di assistenza territoriale semi residenziale, in aumento: erano 2.694 nel 2011 e sono 3.005 nel 2021, con dati successivi invariati. Fa impressione dover constatare che il settore pubblico era provvisto del 43% delle strutture totali contro il 46,1% di dieci anni prima. Un breve carrellate di numeri giusto per rispondere alla Schlein. Il tema però ieri è deflagrato a seguito dell’intervento di Sergio Mattarella. «Il Servizio sanitario nazionale è un patrimonio prezioso da difendere e adeguare, ha detto il presidente della Repubblica in un breve passaggio di un saluto al Festival delle Regioni che si sta svolgendo a Torino. Come sempre la moral suasion del Colle è riservata a tutti, però casualmente finisce sempre a colpire chi governa se è di centro destra. L’esternazione è stata subito utilizzata da altri esponenti politici, tra cui pure Michele Emiliano che al convegno partecipava in qualità di governatore, per rilanciare i contenuti di una tabella all’interno della Nadef. Il riferimento è all’incidenza della spesa per la sanità sul Pil: in 5 anni, tra il 2020 e il 2025, si passerebbe dal 7,4% al 6,2%, cioè 1,2 punti in meno. Peccato che andrebbe tenuto conto che nel 2020 il Pil ha registrato una forte contrazione per effetto della fase iniziale dell’emergenza Covid e dei lockdown imposti dal governo giallorosso. Nel medio periodo al 2036, presupponendo una crescita media annua del Pil di circa l’1% la spesa pensionistica, si legge sempre nella Nadef, è stimata in aumento di 1,9 punti (al 17,3%) rispetto al 2024, a fronte di un aumento di 0,4 punti per la sanità. Il punto è che le percentuali prese così sono travianti. Primo perché il Covid ha sballato ogni previsione. Secondo perchè il trienno da prendere in considerazione è quello 2024- 2026 a paragone rispetto all’anno in corso. E qui si vede che si passa dai 134 miliardi del 2023 ai 138 del 206. Con un calo nel 2024 a 132 (ma sempre di più dei 131 miliardi del 2022) e una ripresa a 136 nel 2025. C’è infine un altro punto dolente sulla questione sanità che il Pd dimentica e che il Colle omette di ricordare. Si tratta dell’intervento dei ministri Franco e Speranza con le aziende che si occupano di strumenti e device sanitari. L’articolo 18 del decreto Aiuti bis conteneva una sorta di esproprio per reperire tramite il meccanismo del «payback» risorse dalle aziende dei dispositivi medici per tappare i buchi del periodo pandemico. Si tratta di un meccanismo che permette a posteriori alle Regioni di imporre una tassa sul fatturato dei fornitori in base alle quote di mercato e in base all’importo complessivo del disavanzo. La norma è poi diventata e le imprese sono state chiamate a versare 3,6 miliardi per il periodo d’imposta tra il 2015 e il 2020. Due volte retroattivo perché la mossa di Speranza è avvenuta nell’mabito di decreti attuativi a completare un intervento legislativo targato Matteo Renzi. Di questa enorme somma circa 2 miliardi è stata messa a copertura dell’Aiuti bis. Da qui l’impossibilità del nuovo governo di fare un passo indietro. Così lo scorso aprile, l’esecutivo ha messo una pezza e nella attuale Nadef ha espressamente previsto un fondo apposito per sostenere le circa 4.000 aziende coinvolte e le migliaia di dipendenti. Molte di queste senza un salvagente fallirebbero. Da qui la necessità di un fondo ad hoc. Fa però sorridere che in Italia si parli di sanità solo per fare politica e attaccare gli avversari. Quando scoppiò il caso «payback» oltre a noi ne scrisse solo Quotidianosanità , seppure in toni molto pacati e neutri probabilmente per non rovinare i buoni rapporti con il ministero di Via Ribotta. È chiaro che il fondo andrà a drenare acquisti diretti o investimenti, ma senza si rallenterebbe la macchina, la diagnositica e le cure. Adesso, insomma che si rimettono insieme i cocci la sinistra diventa esperta di statistica con il solito vizio di confondere coordinate e unità di misura.