2022-12-08
Il centrodestra si sveglia sulle multe. Ora il governo pensi alle cure precoci
Congelate fino a giugno le sanzioni per i non vaccinati. Intanto, nel Lazio è stato messo a punto un protocollo per le terapie domiciliari. Linee che dovrebbero essere adottate ovunque per porre fine ai richiami infiniti.Il provvedimento è arrivato tardi, ma meglio tardi che mai: un emendamento leghista al decreto Rave, approvato in commissione Giustizia al Senato, con primi firmatari il capogruppo Massimiliano Romeo ed Erika Stefani, sospende le multe ai no vax fino al 30 giugno. Poche righe, che consentono a circa 2 milioni di ultracinquantenni e sanitari renitenti di tenersi in tasca i 100 euro della sanzione, mentre stavano arrivando nelle caselle postali i moduli per il pagamento. La riscossione, sottolineava già il ministro della Salute, Orazio Schillaci, avrebbe comportato «più costi che benefici». È passata la linea di Giancarlo Giorgetti: il suo Mef aveva suggerito lo stop temporaneo, che sarebbe il preludio a un annullamento definitivo dell’ammenda. L’ha spiegato l’onorevole Claudio Borghi, pure lui del Carroccio, su Twitter: nel dl sui party abusivi non erano previsti margini di spesa. Cancellare le multe significava caricare di nuovi oneri il testo e comprometterne l’approvazione. Adesso ci sono sette mesi di tempo per superare anche i dubbi giuridici sull’opportunità di cassare, con effetto retroattivo, un obbligo sancito da una legge. Se non altro, la maggioranza si è svegliata, proprio quando sembrava che la grande promessa di pacificazione, saltati i potenziali blitz nei decreti Aiuti e in manovra, fosse sfumata. A questo punto, si può iniziare a lavorare su un altro fronte: quello dei trattamenti precoci degli infetti.Pur senza gli isterismi del team Speranza, nemmeno Schillaci è stato in grado di distaccarsi dalla narrazione del vaccino sola salvezza. La drammatizzazione dell’epidemia influenzale ha costretto il centrodestra a replicare, solo con meno enfasi, lo stesso messaggio cui eravamo stati abituati dall’ex assessore potentino: vaccinatevi, vaccinatevi, vaccinatevi. Possibilmente, con un mix di farmaco contro l’influenza stagionale e quarta dose anti Covid. Tuttavia, i dati dell’Iss e un recente studio israeliano, uscito sul New England journal of medicine, mostrano che con il secondo booster avviene ciò che già era accaduto dopo la terza punturina: trascorsi 120 giorni dall’iniezione, non solo si cominciano a registrare più infezioni nei supervaccinati (l’efficacia, secondo la ricerca uscita sulla rivista Usa, crolla a -2% dopo la settimana 15), ma addirittura si perde la capacità protettiva dai ricoveri. Questo significa che insistere con la giostra dei richiami conduce a un unico risultato: un clima da allarme perenne, una spirale interminabile di inoculazioni, indebolimento della profilassi e ulteriore ondata di vaccinazioni. Tanti affari per Big Pharma, che potrà venderci vagonate di fiale; scarso beneficio per i pazienti, in particolare i più fragili. Ciò significa che i vaccini sono stati inutili? Certo che no. Significa, però, che la strategia della terapia preventiva ormai ha dato quel che poteva dare. Esiste, allora, un’alternativa al loop? Certo. La soluzione la stanno indicando - anche in questo caso, con ritardo imperdonabile - nel Lazio. I dottori della Federazione di medicina generale di Roma (Fimmg), insieme all’unità operativa complessa di malattie infettive al Policlinico di Tor Vergata, hanno messo a punto un protocollo per le cure domiciliari. Lo scopo è esattamente quello che si sarebbe dovuto perseguire già da quando Roberto Speranza si limitava a prescrivere paracetamolo e vigile attesa: spedire in ospedale la gente solo nell’eventualità di un aggravamento. Pier Luigi Bartoletti, vicesegretario vicario nazionale della Fimmg, sostiene che «rispetto all’inizio della pandemia, adesso abbiamo chiaro come affrontare la patologia del Covid a casa». Non è del tutto vero: di camici bianchi che trattavano gli infetti a domicilio, l’Italia era piena sin dalla primavera 2020. Certo, non era stato ancora pubblicato lo studio del professor Giuseppe Remuzzi sul ruolo dei Fans. Bisognava procedere per tentativi ed errori: ci si accontentava di sperimentare sul campo ipotesi plausibili, ma gli esperimenti avevano dato esiti promettenti. Tanti anziani e fragili sono stati salvati. Il problema è che, fino alla comparsa dei vaccini, le cure sono state, se non negate, sicuramente snobbate. E alcuni dei medici che le avevano somministrate hanno persino patito forme di persecuzione. I soliti sospettosi potrebbero malignare: siccome un regolamento Ue consentiva di autorizzare in via provvisoria i vaccini soltanto in presenza di una malattia «per la quale non esiste un metodo soddisfacente di diagnosi, prevenzione o trattamento autorizzato nell’Unione, o, anche qualora tale metodo esista, in relazione alla quale» il vaccino «apporterà un sostanziale vantaggio terapeutico», le cure precoci vennero ostracizzate. Quale che sia la ragione di quella colpevole rimozione, sulla quale dovrebbe far luce una commissione parlamentare d’inchiesta, dal governo di centrodestra ci si aspetta che punti parecchie fiches sull’assistenza domiciliare ai positivi, a cominciare da quelli più esposti alle conseguenze gravi del Covid. I metodi sono quelli indicati dal professor Massimo Andreoni, di Tor Vergata: monoclonali, antivirali, antinfiammatori, efficaci, come ha riconosciuto Bartoletti, pure «nei casi non trattabili ad oggi con gli antivirali». Schillaci dovrebbe saperne qualcosa di ciò che accade nell’ateneo capitolino: fino a 40 giorni fa, ne era rettore. Prenda quei protocolli e li imponga in tutta Italia. Poi vedremo cosa funziona meglio. La quarta e la quinta dose, oppure quello strano vecchio pallino: curare i malati.