2020-01-25
Il centrodestra sente aria di vittoria e serra le fila per sfrattare la Ditta
Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi chiudono la campagna a Ravenna. Bagno di folla per il Capitano: «Siamo in vantaggio». La leader di Fdi: «I nostri avversari si vergognano». Per il Cav «si può avverare un sogno».Una sola squadra in campo: mentre Stefano Bonaccini appariva più solo e abbandonato del solito a difendere la sua trincea di governatore, la sensazione dell'ultima giornata di campagna elettorale in Emilia Romagna è stata quella di un dominio in lungo e in largo del team formato da Matteo Salvini e dalla candidata Lucia Borgonzoni. Anche ieri, il ruolino di marcia del leader leghista è stato impressionante, secondo il consueto schema Trt (televisione, Rete, territorio): apparizioni in tv sin dal mattino (Agorà su Rai 3), sei appuntamenti fisici (fino alla chiusura a Ravenna con Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni), e un rimbalzo costante sui social network, in una tempesta di tweet, video, infografiche, per moltiplicare il messaggio fino all'ultimo istante utile. Mescolando i bagni di folla al bar o al mercato con i temi nazionali. E restituendo non solo l'immagine, ma a questo punto l'identità di un Salvini naturalmente a proprio agio in mezzo alla gente. Inutile girarci intorno: serve a poco ai suoi avversari descriverlo come l'«uomo nero», quando lui è in grado di rispondere con un video al mercato di Bologna insieme a una vispissima signora di 90 anni, con cui improvvisa un dialogo dolce, affettuoso, divertente. «Da quanti anni sei qui a lavorare in piazza?». E lei: «Da 84…». Lui mormora la parola «pensione» e lei protesta, quasi urla. Salvini la guarda e le fa: «Domenica cosa fai? Li trovi due minuti per andare a votare? Per chi voti?». E lei: «Lo sai già», e gli sussurra nell'orecchio «Lucia», e poi un grande abbraccio. Certo, diranno gli antipatizzanti: il furbo volpone che fiuta la scena simpatica e non perde l'occasione di fissarla in una clip. Eppure, e qui gli anti Salvini farebbero bene a riflettere, il loro nemico trasmette e riceve umanità, non si scansa ma si butta letteralmente in mezzo alla folla, non ha l'aria di uno che corre a disinfettarsi dopo aver stretto un po' di mani, ma sembra rigenerarsi nel contatto fisico con chi lo saluta. Ed è ben difficile immaginare un politico di sinistra, oggi, in grado di sottoporsi a un test simile. Prima del comizio finale, la giornata di Salvini ha avuto quattro elementi centrali. Primo, tenere il punto sull'ormai stranota vicenda del citofono: «L'unica che ci ha rimesso è la signora che ha segnalato lo spaccio. Il giorno dopo le hanno sfasciato la macchina». Secondo, inchiodare Bonaccini all'imbarazzante storia della presunta telefonataccia al sindaco di Jolanda di Savoia per scoraggiare la candidatura della vicesindaco con la Borgonzoni (nella versione del sindaco, ecco cos'avrebbe minacciato Bonaccini: «Se la scelta è quella, è chiaro che poi succede qualcosa nei rapporti con voi…»). Per tutto il giorno, Salvini ha martellato Bonaccini su questo: «Libereremo l'Emilia Romagna da questo Pd spregiudicato e accecato dal potere. In un Paese normale, oltre alla magistratura, sarebbero già intervenuti il governo e soprattutto l'Anci». Terzo, l'esultanza sui social di Salvini per l'assoluzione, grazie alle nuove norme sulla legittima difesa volute dalla Lega, del ristoratore lodigiano Mario Cattaneo, per cui erano stati chiesti tre anni di carcere per aver ucciso un rapinatore entrato nel suo locale con alcuni complici. Quarto, sarcasmo salviniano sul fatto che il governo si sia ricordato solo l'altro ieri (promettendo 28 milioni) del maltempo che ha colpito l'Emilia Romagna un anno fa: «Cetto Laqualunque fa un baffo a Renzi, Bonaccini e Zingaretti», la chiosa di Salvini. Per il resto, tra sondaggi più o meno clandestini e «sentimenti» nei due quartier generali, la sensazione è quella di un esercito Pd in rotta e di un'avanzata leghista difficilmente arrestabile. E la notizia è di per sé clamorosa, scorrendo i dati delle ultime tre regionali: nel 2005 Vasco Errani stravinse con il 62% (con la lista dell'Ulivo al 48%); nel 2010 ancora Errani rivinse con il 52% (con il Pd al 40,6%); cinque anni fa, Stefano Bonaccini si impose alla grande con il 49% (con il Pd al 44,5%). È evidente che stavolta siamo di fronte a tutta un'altra storia. Gran finale a Ravenna. Il governatore della Liguria Giovanni Toti («Sento profumo di vittoria»), e dopo di lui Matteo Salvini: «Questa voce e questa piazza le porterò con me se andrò in tribunale. Domenica sarà una festa. Dall'altra parte c'erano solo insulti a me, a Lucia, a voi. Ho incontrato in questa piazza anche persone di tradizione operaia e partigiana, che sono state del Pd o della Cgil e ora non si riconoscono più in un partito di banchieri». E poi: «Non posso annunciare sondaggi, se no mi tocca un altro processo… Ma i giornalisti lo sanno: siamo in vantaggio. Ora dipende da voi. Se ognuno ci mette un mattoncino, Lucia non vince, stravince».A seguire, Giorgia Meloni: «L'Emilia Romagna è una locomotiva, ma non grazie al Pd: lo è nonostante il Pd. Se fossero fieri del lavoro che hanno fatto, non parlerebbero solo di noi. Bonaccini, non vergognarti dei partiti che ti sostengono...». E poi ironia sulla dichiarazione di George Soros a sostegno delle sardine, e la denuncia sulle 800 imprese artigiane chiuse in Regione nell'ultimo anno per tasse e burocrazia.Prima dell'appello finale di Lucia Borgonzoni, Silvio Berlusconi, che ha salutato sul palco Vittorio Sgarbi, che guida Fi in questa prova elettorale: «Il centrodestra in Italia», ha orgogliosamente rivendicato il Cav, «l'ho immaginato e creato io, mettendo insieme destra, federalisti e centro liberale, cattolico, garantista. L'ho fatto 26 anni fa proprio perché immaginavo che un giorno, insieme, avremmo potuto vincere anche qui».
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)