2022-06-24
Il centrodestra continua a litigare. Al ballottaggio senza bipolarismo
Federico Sboarina, Nello Musumeci e Antonio Lombardo (Ansa)
Altro strappo: si scioglie il gruppo parlamentare di Coraggio Italia e Lombardo si accasa con Di Maio. A Como i forzisti si «scansano» e per le regionali siciliane c’è il nodo Musumeci: «Pronto al passo di lato». Turno di ballottaggio dopodomani, domenica 26 giugno, in 13 capoluoghi di provincia: gli elettori di Alessandria, Monza, Verona, Gorizia, Piacenza, Frosinone, Como, Catanzaro, Cuneo, Lucca, Barletta e Parma e Viterbo potranno recarsi alle urne tra le 7 e le 23 per scegliere i sindaci. Nel centrodestra, le divisioni interne alla hanno prodotto problemi non trascurabili, e mettono a rischio il risultato anche in città dove, nel complesso, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno una ampia maggioranza. La partita più attesa è quella di Verona dove il sindaco uscente, Federico Sboarina, sostenuto da Lega e Fdi, al primo turno si è fermato al 32,7%, superato dal candidato del centrosinistra Damiano Tommasi (39,8%). L’ex sindaco Flavio Tosi, appoggiato anche da Forza Italia, si è piazzato terzo con il 24%: i voti dei suoi elettori saranno determinanti per la vittoria di Sboarina o Tommasi. Sboarina ha rifiutato di apparentarsi ufficialmente con Tosi, scelta che avrebbe fatto apparire sulla scheda elettorale anche i simboli dell’ex sindaco a partire da Fi, e ora rischia grosso. Singolare il caso di Como, dove per la prima volta il centrodestra non va neanche al ballottaggio. Nella città lariana, la sfida è tra la candidata di centrosinistra, Barbara Minghetti (39,4% al primo turno), e Alessandro Rapinese, candidato con una civica che porta il suo nome (27,32%). Rapinese ha superato per un pugno di voti il candidato di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, Giacomo Molteni. Rapinese è un civico «puro», movimentista, un antesignano del grillismo che fu: agente immobiliare, molto conosciuto in città, è in consiglio comunale dal 2008, e ha sempre condotto una opposizione dura contro tutti i partiti. Questo suo modo battagliero di fare politica lo ha fatto crescere negli anni, fino al coronamento del sogno di concorrere per la fascia tricolore: «È un po’ come se il Como avesse battuto il Barcellona al Camp Nou», ha detto Rapinese commentando il suo sorpasso sul centrodestra. Salvini ha fatto capire che lo sosterrà, ma Forza Italia invece si schiera col Pd: il leader cittadino Daniele Maggi, infatti, pur senza dare apertamente l’indicazione di voto per la Minghetti, invita gli elettori a votare al ballottaggio e sottolinea come i valori del partito siano «lontanissimi da quei movimenti protestatari i cui effetti devastanti hanno portato, tra le altre cose, un comico al governo del paese». Un chiaro «no» a Rapinese. A proposito di divisioni nel centrodestra, le regionali del prossimo autunno in Sicilia sono la «grana» più fastidiosa per la coalizione. Ieri Nello Musumeci, governatore in carica che Giorgia Meloni vorrebbe ricandidare contro la volontà di Matteo Salvini e dei forzisti siciliani guidati da Gianfranco Miccichè, ha lanciato il classico sasso nello stagno: «Ho detto alla mia leader Giorgia Meloni», ha dichiarato Musumeci, «che se al tavolo nazionale il mio nome dovesse risultare divisivo sono pronto a fare un passo di lato». Parole che sembrano più che altro tattiche: vedremo se la Meloni darà il via libera a un altro candidato o se il nome di Musumeci tornerà in ballo. «Per la Sicilia», ha commentato Salvini a Telelombardia, «decideranno i siciliani. Musumeci ha detto che fa un passo indietro o a lato. Tanti siciliani si aspettano qualcosa di nuovo e che comprenda tutti. L’importante è che ci sia un centrodestra unito». Sempre sul versante del centrodestra, si registra il naufragio del vascello di Coraggio Italia, formazione fondata dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, dal presidente della Liguria Giovanni Toti e dal deputato ex Forza Italia Marco Marin. Sette deputati e due senatori hanno lasciato Coraggio Italia, e dunque i gruppi si sono sciolti: a quanto apprende La Verità da fonti parlamentari, Marin e Toti costituiranno un loro soggetto politico e parlamentare, nel quale confluiranno i parlamentari di «Vinciamo Italia», presieduta dallo stesso Marin, e quelli di «Italia al Centro» che fa riferimento al presidente della Liguria. Questo soggetto politico resterà saldamente ancorato nel centrodestra, del quale aspira a costituire la «gamba» moderata. Uno dei deputati del fu Coraggio Italia, Antonio Lombardo, si è invece accasato in Insieme per il Futuro di Luigi Di Maio. Gli scissionisti di Giggino ieri hanno eletto il capogruppo alla Camera (Iolanda Di Stasio), quello al Senato (Primo De Nicola) e il coordinatore politico (Vincenzo Spadafora). «Non vogliamo costruire proposte populiste o qualunquiste», ha detto Di Maio al termine dell’assemblea dei gruppi. Intanto, ieri, il sindaco di Milano Beppe Sala, considerato uno degli interlocutori di Di Maio, ha affidato ai social una riflessione politica: «Sono il sindaco di Milano e sicuramente continuerò a svolgere questo ruolo», ha scritto Sala, escludendo così una sua candidatura alle politiche, «parlo con tutti e sono interessato al futuro del mio paese. I centristi per governare», ha aggiunto Sala, «dovrebbero comunque stare con altri, da una parte o dall’altra. Per quanto mi riguarda non potrei stare con la destra».