2019-02-22
Il caso Diciotti vira in farsa: quelli che abbiamo salvato reclamano i danni dallo Stato
Gli stranieri sbarcati dalla nave della Guardia costiera vogliono essere risarciti dal Paese al quale devono la vita. Ecco dove porta la folle inchiesta contro Matteo Salvini. Gli immigrati della Diciotti chiedono il risarcimento danni. Non è uno scherzo, lo giuro. La pratica bollata è già arrivata negli uffici del governo. Quarantuno dei 177 sedicenti profughi che stavano sulla nave della polemica hanno chiesto una ricompensa monetaria per il fatto di essere stati sequestrati. A pagare dovrebbe essere lo Stato italiano, quindi noi. La notifica è arrivata al ministro dell'Interno, Matteo Salvini, e al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. A presentare la procedura d'urgenza uno studio legale romano. Da notare che dei 41 ricorrenti, ben 16 risultano nati l'1 gennaio. Quando si dice la casualità del compleanno. O, se volete, l'attendibilità dei documenti. La vicenda non ha bisogno di essere ricordata. La nave Diciotti è quella per cui il Tribunale dei ministri di Catania ha chiesto al Senato di poter procedere contro il ministro Salvini per sequestro di persona. I 177 migranti rimasero a bordo per dieci giorni, di cui sei nel porto di Catania, prima di essere sbarcati: una ventina furono destinati in Albania, un ventina in Irlanda, gli altre li prese in carico la Cei, Conferenza episcopale italiana. Ricorderete che nel giro di pochi giorni fuggirono tutti dai centri di accoglienza: erano così bisognosi di vitto e alloggio, che appena trovarono qualcuno disposto a offrirglielo, gli voltarono le spalle con una bella pernacchia. Bene: ora chiedono di essere risarciti per tutto ciò. Non vi pare meraviglioso? Comunque, conoscendo come funziona la giustizia italiana, dove vale la tradizione giuridica del buonismo e la legge è uguale per tutti ma se siete immigrati è uguale un po' di più, cominciate a mettere mano al portafogli. Se tanto mi dà tanto, infatti, noi contribuenti italiani saremo condannati. Ma sì: dovremo pagare i danni dei profughi della Diciotti. Del resto, come evitarlo? Li abbiamo salvati in mezzo al mare con una delle nostre navi, li abbiamo portati nel nostro Paese, li abbiamo fatti sbarcare, abbiamo offerto loro vitto e alloggio e loro ci hanno preso per il naso fuggendo via dalle strutture che li ospitavano: perché non dovremmo ora anche pagare il disturbo che hanno avuto nell'accettare la nostra accoglienza? Scusate, signori immigrati, se abbiamo osato farci beffare da voi. Ci avevano raccontato che fuggivate dalla guerra, e non era vero. Ci avevano raccontato che eravate «denutriti» e «scheletrini», e non era vero. Ci siamo fatti prendere per i fondelli. E voi, giustamente, pensate di continuare l'opera prendendoci pure per il portafogli. Accomodatevi. In fondo non riesco nemmeno a prendermela più di tanto con i 41 che hanno firmato il papiro mettendo pure (quasi tutti) la data di nascita uguale, come ultimo sfregio. E non riesco a prendermela tanto neppure con lo studio legale, che ha cominciato la pratica, magari soltanto in cerca di un po' di pubblicità. Macché. A pensarci, infatti, questa ultima assurdità non è altro che la conseguenza inevitabile della iniziale assurdità, e cioè la decisione dei giudici di Catania di indagare per sequestro di persona il ministro dell'Interno. Rifletteteci su: se alcuni magistrati ritengono plausibile questa folle ipotesi, cioè che far rispettare le frontiere equivalga a un reato abominevole come il sequestro di persona, perché le persone che ne sono ipoteticamente vittime non dovrebbero chiedere il risarcimento? La demenzialità non sta nella richiesta. Sta nell'inchiesta. È chiaro, no? Se mi si accusa di sequestrare i bambini, i bambini hanno tutto il diritto di pretendere il risarcimento. Il problema è che, come è stato palese fin dal primo momento, il sequestro di persona si può applicare in quella circostanza più o meno come si può applicare un adesivo alle bolle di sapone o una seconda di reggiseno al petto di Poppea. Va stretta, insomma. Anche di più. E questo è stato evidente sin dal primo momento, quando il pm Luigi Patronaggio salì a bordo della Diciotti senza sentirsi in dovere di interrompere il reato, come invece prevederebbe, nel caso, il codice di procedura penale. In effetti: se c'è un sequestro e il magistrato ci si imbatte dentro, che fa? Lo guarda e passa oltre? Cioè: ci sono bimbi rapiti e non li libera? Era evidente fin da quel momento, fin da quell'episodio, che l'accusa di sequestro di persona era assurda. E che, come tutte le cose assurde, avrebbe finito per generare una serie di paradossi tali da far male non tanto all'accusato quanto alla credibilità degli accusatori. E, di conseguenza, alla credibilità della giustizia. L'ultimo paradosso, infatti, tralasciando tutti gli altri, rende l'autogol ancor più evidente: gli immigrati sbarcati dalla Diciotti e ospitati nei centri di accoglienza, dopo aver girato le spalle a vitto e alloggio gentilmente offerto, per affidarsi ai militanti dell'invasione come Baobab o ai traghettatori vari di clandestini, hanno deciso di chiedere i danni allo Stato italiano, colpevole di averli fatti sbarcare sul suo territorio. E, paradosso nel paradosso, sapete quanto chiedono di risarcimento? Dai 42.000 ai 71.000 euro. Una cifra anch'essa assurda, come tutto il resto d'altra parte: se davvero ci fosse stato il sequestro di persona, infatti, quel risarcimento sarebbe troppo basso. Se non ci fosse stato, come risulta evidente, sarebbe troppo alto. In ogni caso è fuori misura. O meglio, fuori dal mondo. Come tutta questa vicenda.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
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