2018-11-13
Il business dei migranti va in crisi. Il Gus di Macerata non paga i salari
La Onlus pro accoglienza, con 470 dipendenti, non versa gli stipendi da due mesi: con meno sbarchi si sono ridotti anche i fondi pubblici. E i sindacati se la prendono con il governo che ha imposto il giro di vite.Ora si comincia a capire perché il decreto Salvini alla sinistra accogliente proprio non va giù. A Macerata il Gus, che ha oltre 400 dipendenti e un fatturato di oltre 31 milioni costruito solo sui progetti di assistenza, da due mesi non paga gli stipendi. Con espressione colorita il ministro dell'Interno aveva detto: la pacchia è finita. Di certo sono finiti i soldi sui quali hanno campato Coop e Onlus. E ora la protesta dei lavoratori del Gus di cui è presidente Paolo Bernabucci, sodale di Laura Boldrini, e di cui è coordinatore Giovanni Lattanzi, che con Matteo Renzi era responsabile nazionale del Pd per le politiche dell'immigrazione, rischia di mettere in crisi i rapporti a sinistra.Il sindacato da una parte se la piglia con chi non paga i dipendenti, ma dall'altra addossa le colpe proprio al decreto Salvini. Il responsabile della Cgil Andrea Coppari, mentre i dipendenti del Gus sono in agitazione permanente e sono pronti ad azioni clamorose come l'abbandono dei migranti, ha detto: «Siamo preoccupati della logica che ispira il decreto sicurezza e contestiamo la logica immigrato uguale criminale. Il sistema Sprar pur con delle difficoltà ha garantito nel tempo un'accoglienza virtuosa. Depotenziarlo e raddoppiare la permanenza nei Cas risponde alla stessa logica criminale che colpisce l'accoglienza e l'integrazione e finisce per alimentare le tensioni, con il mero obbiettivo del consenso elettorale». Tradotto dal sindacalese: è Bernabucci che non paga gli stipendi ma la colpa è di Matteo Salvini. Il Gus i soldi veri li incassa dai progetti Sprar che, essendo gestiti dai sindaci, sono più politicamente orientati. Dal Comune di Macerata nelle casse del Gus affluiscono 14 milioni di euro. Nessuno che in questa circostanza si ricordi che a gennaio Paolo Bernabucci e il Gus finiranno, insieme ad altre due Onlus maceratesi, Acsim e Perigeo, davanti al giudice con l'accusa di aver sottratto al fisco 10,4 milioni di euro e di non avere dichiarato proventi per oltre 40 milioni. Il fatto che nei bilanci del Gus vi siano delle voci, ad esempio le famose donazioni, che hanno insospettito la Guardia di finanza non fa inalberare la Cgil, che se la piglia con Salvini. E si capisce perché. Dopo l'arresto di Domenico Lucano, il sindaco di Riace, ora gli accoglienti senza se e senza ma rischiano di veder naufragare un altro modello: quello di Macerata. Lo ha rivendicato con orgoglio il sindaco Pd Romano Carancini e lo ha benedetto la Boldrini, che nella Civitas Mariae è nata. Il modello Macerata lo hanno contrapposto al raid di Luca Traini - che sparò a persone di colore dalla sua auto facendo sei feriti - che l'ex direttore di Repubblica Ezio Mauro piglia ad esempio dell'imbarbarimento dei nostri tempi nel suo libro Uomo bianco, cercando di mettere la sordina al fatto che un nigeriano immigrato a Macerata ha fatto a pezzi una ragazza di 18 anni, Pamela Mastropietro. Innocent Osghale, che andrà alla sbarra il 26 novembre con l'accusa di omicidio, violenza carnale, vilipendio e occultamento di cadavere, era stato ospite del Gus e dopo una condanna per spaccio girava liberamente per Macerata. La città «modello» d'integrazione dove le morti per droga sono cinque volte superiori alla media nazionale e dove la mafia nigeriana controlla il traffico di stupefacenti. Il modello Macerata ha inzeppato la città e le campagne di migranti in una misura che lo stesso Romano Carancini, che è il primo cliente del Gus, è stato costretto a dichiarare eccessiva, ma ora quel modello scricchiola come evidenzia la crisi del Gus, che è la più consistenza impresa della città. Chi finora è campato di Spar e di Cas ha le tasche vuote. Il Gruppo di umana solidarietà, che nelle Marche ha di fatto il monopolio dell'assistenza ai migranti, da due mesi non paga gli stipendi e qualcuno comincia a chiedersi che fine ha fatto il fiume di soldi che è passato nelle tasche della Onlus. In cinque anni ha moltiplicato per dieci il suo fatturato, ha 470 dipendenti e i soldi arrivano solo dai fondi per l'immigrazione. Ieri c'è stato l'ennesimo incontro con la Cgil e la Cisl per evitare che il caso diventi esplosivo. Ma di risposte Paolo Bernabucci non ne ha date. Anzi ha fatto sapere che i soldi non ci sono perché deve incassare 11 milioni dai progetti Sprar e 2,4 milioni dalle prefetture per i progetti Cas. Cgil e Cisl hanno chiesto ai prefetti di pagare. Ma dicono anche che impegni precisi i dirigenti del Gus non ne hanno presi. Tutti sanno che con la riduzione della diaria per ogni migrante i bilanci del Gus - che pure ha chiuso il 2017 con un utile di oltre 80.000 euro e ha fatto una serie di accantonamenti consistenti - dimagriranno. E da qui la preoccupazione dei sindacati che però se la pigliano con Salvini. La verità è che la cosiddetta assistenza ai migranti è un business e che la diminuzione degli sbarchi, il giro di vite sui finanziamenti a pioggia, la trasparenza contabile sembrano mettere in crisi chi finora è campato solo di contributi pubblici.Sulla vicenda è intervenuta anche Rosaria Del Balzo Ruti, presidente della Croce rossa e della Fondazione Carima - quella del crack di Banca Marche, anche se la Del Balzo è stata eletta a fallimento avvenuto. Lei è in strettissimi rapporti con la curia e la Caritas ed è prontissima a sostenere il Gus contro Salvini. Curioso che tanto Bernabucci quanto la Del Balzo a ogni piè sospinto ammantino le loro azioni dell'afflato umanitario, del volontariato, dello spendersi per gli altri. Però ora non si capisce più se la protesta è per ragioni umanitarie o a difesa del fatturato. Perché va tutto bene fin quando si spendono i soldi degli altri. Quando c'è da pagare di tasca propria allora si tagliano gli stipendi. E i dipendenti del Gus di Fermo, Macerata, Ascoli, Teramo (sono circa 300 su un'occupazione complessiva di 470 dipendenti) hanno perso la pazienza. Gli stipendi li vogliono. Cgil e Cisl cercano di fare del cerchiobottismo e tirano la giacchetta ai prefetti per evitare che il modello Macerata faccia la fine di quello di Riace. Ma forse la pacchia è finita davvero.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)