2021-01-13
Il boom di imbucati nelle vaccinazioni conferma che il piano Arcuri è in tilt
A pochi giorni dalla partenza, un vaccinato su sette ha saltato la fila senza averne diritto. E i Nas indagano per scovare i furbetti tra politici e funzionari. Quando la macchina sarà a regime si rischia il caos nelle listeUn cittadino su sette è stato vaccinato senza averne diritto. Non è ancora partita la campagna di massa per immunizzare quanti più italiani possibili, eppure i furbetti sono già usciti allo scoperto. E purtroppo sarà solo l’inizio. Ieri La Repubblica riportava il dato di 100.000, sui 718.797 vaccinati di martedì, che non rientrano nel piano strategico nazionale. Non sono operatori sanitari e sociosanitari, neppure residenti e personale delle strutture residenziali per anziani (Rsa), si tratta di persone che hanno approfittato delle falle di un’organizzazione ancora in fase di rodaggio, ma che mostra tutte le sue debolezze. Se il farmaco Pfizer-Biontech è stato somministrato a 558.155 operatori sanitari, a 47.488 ospiti delle Rsa e a 95.980 soggetti definiti «personale non sanitario», quindi non in prima linea nella lotta alla pandemia, significa che il piano strategico del ministero è facilmente attaccabile. Così non regge. Lo dimostrano i dati relativi a diverse Regioni, dove le priorità sono state allegramente ignorate. In Emilia Romagna, solo 4.765 vaccinazioni sono state fatte nelle Rsa e ben 21.341 hanno riguardato personale amministrativo o addetto alle pulizie, su un totale di 71.293 somministrazioni effettuate. In Sicilia, dei 61.694 vaccinati appena 1.328 erano anziani nelle strutture protette, mentre i non sanitari raggiunti dal vaccino sono stati 8.719. La Lombardia ha vaccinato 69.712 persone, delle quali 10.397 era personale non sanitario: gli ospiti delle Rsa che hanno ricevuto la prima dose sono stati invece 1.631. La Calabria, dove da poco si è insediato il nuovo commissario alla Sanità, Guido Longo, solo 44 ospiti delle Rsa hanno ricevuto la vaccinazione che è stata invece somministrata a 1.460 non sanitari su un totale di 12.540 dosi distribuite. I Nas stanno acquisendo un po’ ovunque gli elenchi dei vaccinati, si vuole capire se il farmaco è finito ad amici, parenti, politici, tutte persone comunque estranee alle priorità stabilite da ministero della Salute, Istituto superiore della Sanità e Aifa. Fino ad oggi, dunque, sono stati vaccinati solo 20.000 soggetti a rischio tra gli 80 e gli 89 anni, 15.000 con più di 90 anni, 16.000 tra i 70 e i 79 anni, mentre 195.000 cinquantenni (fascia di età 50-59 anni) ha già potuto ricevere la loro prima dose di vaccino. Poco consola che il direttore generale della Asl Napoli 1, Ciro Verdoliva, da oggi farà iniettare il farmaco solo a chi esibirà, oltre al documento di identità, anche un attestato di dipendenza da una struttura sanitaria e la copia di una busta paga. In Campania, infatti, è risultato che su 68.138 vaccinati, 10.583 erano personale non sanitario e solo 1.262 gli anziani in Rsa. Per quanti provvedimenti si possano prendere, se con meno di un milione di vaccinazioni fatte fino ad oggi scopriamo che non viene rispettato l’ordine di priorità, chissà che cosa dobbiamo aspettarci tra un mese o agli inizia di marzo, quando le vaccinazioni dovranno essere centinaia di migliaia al giorno. Ieri, sul Corriere della Sera, Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche Mario Negri ha detto: «Stiamo vaccinando 400.000 persone alla settimana. Immaginiamo pure di arrivare a 700.000. Non basta». Per il professore «è utopico» pensare di vaccinare 50 milioni di persone entro marzo, però bisogna accelerare. Quindi possiamo immaginarci persone che salteranno la fila, come già stanno facendo, cittadini che rimarranno esclusi, anziani che non saranno vaccinati nei tempi auspicati. Eppure, se iniettare il farmaco agli ultraottantenni dovrebbe quasi dimezzare la mortalità per Covid, questa categoria avrebbe la precedenza quasi assoluta. Chi la garantisce, come tutte le altre persone con più fragilità e a rischio? «Sappiamo che le Regioni hanno una certa autonomia in tema di salute, quindi anche nella programmazione delle campagne vaccinali, perciò possono esserci delle scelte locali non perfettamente in linea con le priorità generali», prova a spiegare il virologo Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr. «Ma questo è sbagliato, bisogna attenersi ai criteri stabiliti. Di fonte a una campagna vaccinale inedita, legata all’emergenza, servono regole certe uguali per tutti, senza possibilità di derogare. Altrimenti c’è il rischio di creare delle disparità e ogni dose data a una persona che non ne aveva il diritto, è una dose negata a chi ne avrebbe più bisogno». Il professore insiste sulla negatività di un operato «eticamente sbagliato. Verificare dove vanno a finire le dosi è una priorità». Senza contare il danno che questi furbetti provocano: «Con già i dubbi che circolano sull’opportunità di vaccinarsi, l’impatto mediatico di una gestione della vaccinazione fatta in modo sbagliato o scorretto è davvero pesante». Secondo il virologo, per evitare il moltiplicarsi di casi come quelli dei 100.000 furbetti, la soluzione è «affidare la vaccinazione ai centri regionali vaccinali. Facciamo gestire la campagna direttamente a queste persone con esperienza, capacità professionale e ben consapevoli di quali sono le priorità dal punto di vista medico scientifico. Da sempre si occupano di vaccinazioni di massa e sanno rispondere a situazioni particolari». Conclude Maga: «Vanno anche bene i padiglioni primula ma dentro deve esserci personale competente, che agisce in base a direttive chiare lasciate ai centri vaccinali».
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