2019-11-04
L'ultima del Bomba: dice no alle armi e poi va all'incontro dei produttori d'armi
Il 14 ottobre Matteo Renzi invocava l'embargo contro la Turchia. Però due settimane dopo è volato in Arabia per presenziare a un evento con il gotha dell'industria bellica.Contrordine, compagni! Non sono passate neanche tre settimane dall'edizione del 14 ottobre dell'enews di Matteo Renzi (newsletter che qui alla Verità conserviamo gelosamente) e sembra già un altro mondo. «È cambiato il contesto», spiegavano i comunisti di un tempo per giustificare qualunque nuova decisione. Alla Leopolda, dove tutto è meno ideologico e più mediatico, diranno che «è cambiata la scaletta». Sta di fatto che il 14 ottobre Renzi era indignatissimo: basta armi alla Turchia. «Ciò che sta accadendo in Siria contro i curdi è orrore puro. E adesso l'Occidente chiude gli occhi davanti alla scelta sciagurata della Turchia? Assurdo! Il regime di Erdogan va fermato. Il blocco delle armi è il minimo sindacale: l'Europa deve subito imporre sanzioni economiche». Insomma, un Renzi fiammeggiante. I puristi - a onor del vero - potrebbero ricordare che nel 2014, in un viaggio ad Ankara, Renzi aveva promesso di impegnarsi per l'ingresso della Turchia nell'Ue. Ma «contesto» e «scaletta», allora, erano ancora diversi, chissà.Non perdiamo il filo, comunque: il 14 ottobre c'è un Renzi anti armi. E dove lo ritroviamo tra il 29 e il 31 ottobre? A Riad, in Arabia Saudita, tra i «cinque presidenti e i capi di alcune delle più grandi banche e industrie di armi del mondo», come ha annotato il Financial Times, in occasione della Future investment initiative. Qui alla Verità - ovviamente - ci guardiamo bene dal demonizzare l'industria delle armi, che è una cosa seria: però è curioso che il senatore di Scandicci, che sui social ci informa proprio di tutte le sue attività, su questa conferenza non abbia fatto sapere granché. Sbirciando sul suo account Twitter dell'ultima settimana, troviamo: i complimenti al tennista Matteo Berrettini e all'arbitro Gianluca Rocchi, un pesante attacco a Donald Trump sul fatto che l'Italia debba rimanere in Ue (sai che preoccupazione per Trump la rispostaccia di Renzi…), la fondamentale notizia di una sua corsetta a Central Park (con fotina inquietante), un retweet di padre Antonio Spadaro (con i bergogliani si va sul sicuro), più un insulto gratuito contro la «farsa Brexit» (i britannici hanno votato, ma senza chiedere il permesso a Renzi, che dunque si permette di spernacchiarli). Ma non abbiamo trovato notizie della gitarella a Riad. In Arabia non è mancata neanche una gaffe del nostro eroe, che pare abbia avvicinato l'ex premier britannico David Cameron, proponendogli un selfie, per ritrarre - Renzi dixit - «i due più illustri sconfitti da un referendum». Ma, guarda un po', Cameron non ha voluto farsi fotografare con Renzi: a tutto c'è un limite, avrà pensato l'inglese. La verità, anche al di là di questo specifico viaggio, è che Renzi è orgogliosissimo di questo suo secondo lavoro da conferenziere. Non solo (legittimamente) per i compensi che incassa, ma soprattutto perché - questa è l'impressione - l'ex premier si sente gratificato nel suo amor proprio, nella sua vanità, nel suo standing, come dicono i politici italiani ogni volta che superano una frontiera, dando involontaria prova di un inguaribile provincialismo. Nel caso di Renzi, il gioco è anche più gustoso, perché, ogni volta che si scatena una polemica nella maggioranza giallorossa, può comodamente dire che lui non c'era, che era impegnato all'estero, e commentare con l'infastidito distacco di chi, mentre sta discutendo le grandi questioni globali, viene disturbato dal rumoroso e asfittico condominio italiano. La notizia del viaggio in Arabia è uscita (Financial Times, poi Corriere della Sera e Fatto Quotidiano), e molti sui social non l'hanno presa benissimo: ognuno può verificare all'hashtag #ArabiaSaudita. Ma sbagliano gli utenti che hanno bersagliato Renzi, naturalmente. Uno che già a scuola era noto come «Bomba» non poteva sfigurare tra i produttori di armi. Il guaio è quelli lo avranno subito identificato come una «Bomba» fake.
Julio Velasco e Alessia Orro (Ansa)
Rod Dreher (Getty Images)