2020-01-15
Il bazooka art bonus. Musei gratuiti e marchi registrati: così la cultura rende
Il bello è il marchio di fabbrica dell'Italia ma porta pochi soldi. Una tendenza da invertire puntando su meno Stato e più privato.Negli ultimi due anni, con i governi Conte 1 e Conte 2, le parole cultura e patrimonio culturale italiano purtroppo non sono state quasi mai pronunciate, sebbene la Lega, per le elezioni politiche del 2018, sia stato l'unico partito a stilare un vero e proprio programma culturale, dettagliato e molto ambizioso alla cui stesura il sottoscritto ha contribuito. Ma, per le dinamiche successive, la poltrona del Mibac fu affidata al pentastellato Alberto Bonisoli, purtroppo non pervenuto. Antonio Leo Tarasco, dirigente del Mibac e docente di legislazione dei beni culturali, che ha di recente pubblicato un libro per Laterza, Diritto e gestione del patrimonio culturale - e con il quale ho condiviso una parte del percorso che mi vede ancora coinvolto come membro della commissione a Palazzo Chigi, «Progetto Bellezza, recuperiamo i luoghi culturali dimenticati» - ha ribadito l'importanza immensa del nostro patrimonio culturale e le possibilità infinite che ne deriverebbero. Confrontando sia la fonte del programma culturale del Carroccio che ben conosco ed il testo di Tarasco, si ricava un patrimonio italiano molto vasto ma poco redditizio. Siamo il Paese con 55 siti Unesco, 7000 chiese, 4000 residenze e palazzi storici, 2000 monumenti e fortificazioni,1000 monumenti dell'antichità, 500 giardini storici, 4000 musei, di cui statali 470 tra musei e siti archeologici. Il valore complessivo stimato è di 1.780 miliardi di euro che è circa 10 volte il valore stimato, non più attendibile, dall'Amministrazione finanziaria (173 miliardi), in quanto stima vecchissima che per esempio dà un valore di soli 20.000 euro a Paestum e non conteggia neppure Ercolano o il Cenacolo di Leonardo da Vinci. I ricavi da biglietteria dei Musei statali afferenti al Mibac rappresentano oggi in media circa il 90% del totale delle entrate museali, per questo è paradossale - dice Tarasco - ogni dibattito che vorrebbe la piena gratuità d'accesso, come invece sostiene chi scrive. Ogni altra fonte di entrata è marginale, il prestito delle opere è tendenzialmente gratuito e le sponsorizzazioni sono aumentate solo dal 2017, ma stiamo pur sempre parlando dello 0,63% del totale degli introiti lordi. Capitolo art bonus: fino al 31 dicembre 2018 sono stati donati complessivamente circa 300 milioni di euro e ai musei statali è stato destinato lo 0,7% del totale raccolto, con il paradosso che i costi amministrativi dell'operazione art bonus hanno superato i benefici economici avuti dagli istituti del Mibac. Dopo questa breve analisi, prendendo spunto dal libro di Tarasco, il valore del patrimonio culturale pubblico e con tutte le cautele del caso, se si arrivasse per i musei statali a un indice di redditività del 5,5% (che è il tasso medio rilevato da Mediobanca nel 2017 per le aziende pubbliche) ne deriverebbero ricavi pari allo 0,6% del Pil: «Se generato, esso avrebbe consentito, nel 2017, di ridurre il rapporto deficit pubblico/Pil dal 2,3% all'1,8%; e il rapporto debito pubblico/Pil dal 131,8% del Pil al 131,2%». Margini di crescita del rendimento del nostro patrimonio culturale quindi ce ne sarebbero parecchi e specialmente attuando il programma culturale della Lega che mira alla gratuità dei musei statali , per ricavare un indotto molto più importante, rinunciando alla scarso fatturato di circa 180 milioni di euro dei musei statali italiani, pari al fatturato di una sola ottima cantina che produce il Brunello di Montalcino; occorrerebbe registrare alcuni marchi, inclusi i loghi museali, in modo da poterli concedere in uso a terzi mediante licenza: il Louvre di Parigi ha ricavato 400 milioni di euro dalla concessione in uso del proprio marchio in favore degli Emirati Arabi Uniti, per l'apertura del Louvre di Abu Dhabi ; affidamento in alcuni casi della gestione di siti a privati, anche stranieri, promozione dell'immenso patrimonio artistico, adottando un vero sistema di marketing d'impresa con manager da affiancare ai direttori solo per i più grandi musei; digitalizzazione totale delle strutture museali, per puntare a 100 milioni di visitatori all'anno dai 50 attuali. Il bazooka vero infine lo darebbe l'art bonus puntando a donazioni di 500 milioni in soli 2 anni anche ai musei statali, con detraibilità fino al 100%, dal 65% attuale e soprattutto senza alcun limite, come quelli attuali del 5xmille del fatturato per le imprese e il 15% del reddito imponibile per i privati. Quindi estendere la possibilità di donazioni anche ad aziende italiane e straniere, a scopo di sponsorizzazione e l'estensione anche ai beni privati, però notificati dallo Stato, come una villa storica vincolata, o un'opera d'arte notificata; si attuerebbe una sorta di federalismo culturale, meno Stato ma più potere al singolo cittadino o azienda privata, con la libertà di destinare le proprie risorse a chi o al progetto che si desidera.