2023-10-04
Il barone dei lockdown finirà a processo
L’infettivologo Massimo Galli rinviato a giudizio: secondo la Procura di Milano, ha truccato un concorso all’Università Statale per favorire il suo protetto. Altri due imputati hanno patteggiato. Lui si era già difeso: «Avevo diritto a margini di discrezionalità».«Ha turbato un concorso con promesse e collusioni per creare una corsia preferenziale». Lo scenario ipotizzato dalla Procura di Milano era circostanziato fin dalle prime mosse dell’inchiesta dei Nas, così l’infettivologo Massimo Galli è stato rinviato a giudizio: avrebbe truccato un concorso universitario della Statale per favorire un suo stretto collaboratore, Agostino Riva, ora nei guai come lui. Una delle prime e più invasive rockstar televisive durante la pandemia, il 13 dicembre andrà a processo per falso secondo la decisione del gup Livio Cristofano.Non sarà l’unico capo d’imputazione perché si è presentato un nodo sulla qualificazione giuridica di un secondo: in aula il giudice deciderà se contestare anche la turbativa d’asta o in alternativa l’abuso d’ufficio. Ulteriore rivolo: l’esito del dibattimento sarà interessante anche per la Corte dei conti. Se si dovesse scoprire che Riva è stato collocato illegittimamente in un ruolo pubblico, potrebbe essere aperto un fascicolo sugli stipendi fin qui erogati. Il filone fa parte dell’inchiesta milanese su presunti concorsi pilotati per posti da professore e ricercatore alla facoltà di Medicina dell’università Statale. È la Concorsopoli milanese, nella quale l’ex direttore di Infettivologia dell’ospedale Sacco, oggi in pensione, è stato coinvolto per un episodio del 2020, quando il suo stretto collaboratore Riva risultò il candidato vincente per il ruolo di «docente di seconda fascia in malattie cutanee, infettive e dell’apparato digerente». Anzi l’unico candidato, poiché nessun altro era arrivato a concorrere per numero di pubblicazioni con il nome in evidenza, spesso associato a quello del suo maestro. Secondo l’accusa Galli sarebbe intervenuto, da componente della commissione giudicatrice, a modificare il verbale di valutazione dei candidati; avrebbe attestato che «il prospetto con i punteggi attribuiti fosse il risultato del lavoro collegiale» nel corso di una riunione da remoto del febbraio 2020. Invece secondo gli accertamenti sarebbe stato concordato solo dopo e sarebbe stato lo stesso Riva a indicare i punteggi. Il pasticcio avrebbe penalizzato (provocando un’illegittima esclusione) l’altro candidato, Massimo Puoti dell’ospedale Niguarda, a quanto pare più titolato del rivale. Chiamato in causa dopo l’apertura dell’inchiesta, lo stesso Puoti ha però manifestato «la massima stima» nei confronti di Galli. Questa frase viene portata nelle deduzioni dialettiche del professore come prova a discarico: «Chiedo: si è mai sentito di un concorso truccato, o comunque con un andamento ritenuto scorretto, in cui il danneggiato non solo non ricorre, ma fa pure una dichiarazione di stima per il commissario?». Ma in un’intercettazione proprio Galli dice al telefono allo sconfitto, interessato a partecipare a un concorso a Napoli: «Il mio appoggio ce l’avrai in tutte le sedi possibili». Ieri Galli era in aula accanto ai suoi legali Giacomo Gualtieri e Roberto Rigoni Stern, ha rilasciato una dichiarazione spontanea al giudice «rivendicando la correttezza del suo operato» (parole degli avvocati) e praticamente aggrappandosi alla sua «storia professionale», che negli ultimi tre anni è di molto lievitata sotto i riflettori televisivi nel sabba quotidiano dei virologi da talk show. Durante l’inchiesta il medico aveva avuto più volte modo di spiegare il coinvolgimento giudiziario e lo aveva fatto imputando l’attenzione dei pm proprio alla notorietà. A Cartabianca (quando era ancora su Rai 3) aveva sottolineato con apparente fastidio: «Diventare personaggio pubblico ha molti contro e pochi pro. Forse è scomodo che in tutta la mia vita abbia cercato di applicare criteri meritocratici. Ma sono abituato a tenere la schiena dritta».Un altro caposaldo al quale il professore si aggrappa per difendere il suo operato è la cosiddetta discrezionalità del luminare. Tempo fa aveva detto: «Al di là delle situazioni astratte, con candidati tutti di alta qualificazione quali limiti di discrezionalità ha una commissione per valutare? Ci saranno, no? Altrimenti l’alternativa è mandare i titoli a una centralona informatica del ministero che fa i conti. Peccato che questo sistema non funzionerebbe bene». Per uno dei sostenitori fideistici dell’infallibilità vaccinale e del green pass tutto ciò rappresenta una doccia scozzese: avrebbe giudicato un candidato con il quale aveva tessuto stretti rapporti professionali e avrebbe falsificato un atto ufficiale. Gli altri due componenti della commissione e coimputati Claudio Mastroianni (Università La Sapienza) e Claudia Colomba (Università di Palermo), accusati di avere sottoscritto un verbale nell’ambito della procedura di selezione non riportante il vero, hanno invece patteggiato una pena inferiore a sei mesi, convertita in una sanzione pecuniaria attorno agli 8.000 euro. Galli al contrario ritiene di non aver commesso reati e a dicembre difenderà in aula le sue prerogative. Sull’operato del guru dell’infettivologia aveva avuto più di un dubbio la collega Maria Rita Gismondo (anch’essa virologa del Sacco di Milano), sentita a suo tempo in Procura: avrebbe detto di essersi opposta alla nomina nella commissione di selezione di persone considerate vicine a Galli. La stessa segretaria di Galli, in un’intercettazione, si dice sconcertata per la disinvoltura del prof. «Se Massimo continua così finisce in galera». Un’iperbole, forse folclore. Di sicuro questa volta l’ultima parola non «la dice la scienza», ma un giudice.
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