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2019-01-01
I videogame rendono ricchi. Il re italiano incassa 25.000 euro al mese
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Ansa
Gaming. Letteralmente, l'azione di giocare con i videogiochi. Quello che per molti può sembrare un mero passatempo, in realtà, è diventata una professione vera e propria che si consuma a colpi di joystick davanti a schermi di tv e computer.
Il gamer passa le sue giornate così, giocando. Seduto su sedie ergonomiche che sembrano sempre più navicelle spaziali, con cuffie extralarge sulle orecchie, microfono davanti al viso e telecamera puntata sul volto. Eh sì, perché il vero business non sta nel "giocare" più tradizionale, bensì nel trasmettere in streaming su Youtube, Twitch e altre piattaforme social, le proprie partite.
Ninja, alla nascita Richard Tyler Blevins, classe 1991 (28 anni) americano di Detroit, nel Michigan è il gamer più famoso al mondo. I suoi canali social contano oltre 30 milioni di follower (di cui solo 13 milioni su Youtube) e ogni mese guadagna circa 500.000 dollari. In Italia, re dei videogiochi è Favij (il cui vero nome è Lorenzo Ostuni), 23 anni e un guadagno mensile di oltre 25.000 euro.
Che i giochi siano un business proficuo non vi è alcun dubbio. Oltre ai videogiochi più tradizionali fruibili attraverso console, una fetta importante di mercato appartiene alle app di gioco per smartphone e tablet. L'agenzia di marketing digitale Liftoff ha analizzato l'andamento delle app di gioco negli ultimi anni e ha scoperto come, nell'ultimo anno, il gaming si sia imposto come principale forma di intrattenimento e siano stati spesi, per giocare, ben 116 miliardi di dollari per giochi e acquisti correlati. In confronto, musica e cinema continuano a faticare: gli acquisti di brani, cd digitali o servizi di streaming ha incassato "solo" 17 miliardi mentre il box office virtuale 41.
Guardando ancora ai numeri, il provider di applicazioni Annie ha calcolato che oggi sono presenti nei negozi di app online circa 900.000 giochi tutti diversi e che questi rappresentano il 15% di tutte le app scaricabili oggi. Di questi, circa 350.000 vengono venduti attraverso l'app store di Apple e 550.000 su Google Play.
Studiando le modalità di acquisto degli utenti si scopre che in media un giocatore spende, solo per ottenere un gioco sul suo cellulare, circa 3,75 dollari. Il prezzo per registrarsi ai servizi di streaming, una volta acquisito il titolo, è in media di 6,88 dollari e viene effettuata dal 54,6% degli utenti. A sorpresa, la vera fonte di guadagno del settore è rappresentata dagli acquisti in app, ovvero tutte quelle funzionalità (dai costumi per i personaggi alle gemme per passare più facilmente i livelli) che aiutano a procedere spediti nel gioco. Caso principe è quello di Fornite, gioco flop lanciato nel 2017 e divenuto invece un vero e proprio fenomeno nel 2018. Difficile trovare, all'interno della "famiglia" della Battle Royale, qualcuno che non abbia speso almeno una volta dei soldi - reali - per ottenere skill, armi, potenziamenti o movimenti da far fare al proprio avatar. Liftoff ha stimato che in media si spendono circa 28,05 dollari a testa per acquisti in app. Ma non solo. Secondo un'analisi di mercato le più propense ad acquistare in app con soldi reali sono le donne che arrivano a spendere fino al 79% in più rispetto agli uomini. Caso eclatante è quello dell'applicazione Love Nikki, un gioco per ragazze creato dalla cinese Paper Co. che permette di vestire a proprio piacimento una ragazza disegnata come fosse un manga e seguirla nelle sue avventure in regni incantati. Costo medo di un set completo di abiti: 24.99 dollari. Una vera e propria fetta a parte di mercato è rappresentata dagli acquisti in app per gli otome, giochi creati anche in questo caso principalmente per donne in cui si interpreta una giovane fanciulla contesa da un mucchio di ragazzi immaginari. I profili vengono proposti come dei manga e ricalcano le peculiarità maschili: c'è lo sportivo, il tenebroso dal cuore tenero, il ricco ma freddo, il dolce ma crudele, insomma.. un uomo per ogni gusto. Per procedere in questi giochi la player viene invitata ad acquistare potenziamenti, sbloccare capitoli extra per raggiungere il lieto fine o acquistare gemme per accelerare le azioni. Il tutto, ovviamente, pagando - con carta di credito - e con un semplice tap sul cellulare. Secondo alcuni studi le appassionate del genere spendono, in media, 250 dollari all'anno per vivere una storia immaginaria consumata sullo schermo del proprio telefonino. Se i titoli della Voltage Inc. e quelli della Cybird Co. sono tra i più gettonati, un vero e proprio capitolo nel genere è occupato da Mystic Messenger. L'applicazione, di origine coreana e prodotta da Cheritz Co. è stata pioniera nel settore dei simulatori. Il gioco consiste nel chattare, per tutto il giorno a orari prestabiliti, con alcuni personaggi immaginari di un'associazione benefica. Anche in questo caso, lo scopo è raggiungere il lieto fine con uno di essi. Ma attenzione: senza acquistare le clessidre per sbloccare profili di personaggi o recuperare le chat perse (magari di notte) la fine disastrosa è dietro l'angolo. Lanciata online nell'agosto del 2016, l'app (gratuita) ha raccolto nel primo mese di attività oltre 500.000 dollari in acquisti in app provenienti da tutto il mondo e ancora oggi continua a essere uno dei giochi più proficui del settore.
Insomma, il settore è uno dei più proficui nell'universo digitale e si prevede che, entro il 2020, crescerà ulteriormente fino a superare di oltre il 70% il guadagno attuale. Il trucco, dopotutto, è semplice: fidelizzare il giocatore, premiarlo con bonus gratuiti di tanto in tanto e spingerlo a spendere, sempre di più, per scoprire cosa succederà, capitolo dopo capitolo.
INFOGRAFICA
Fenomeno Fortnite: in un mese spesi 100 milioni di dollari solo in skill di gioco
GiphyPiù che un videogioco è un vero e proprio fenomeno. Nell'ultimo anno Fortnite - o meglio Fortnite Battle Royale - ha sbaragliato la concorrenza, guadagnando più di qualsiasi altro gioco (su qualsiasi piattaforma) nella storia del gaming. Si parla di circa 300 milioni dalla sua nascita, 100 in più di Pokemon Go, un altro gioco gratuito che negli ultimi anni ha catturato l'attenzione dei media per il suo repentino successo. I numero di giocatori ha raggiunto i 200 milioni ed è stimato che il 69% di questi spenda almeno 85 dollari per personalizzare il proprio personaggio. Ma facciamo un passo indietro, cos'è Fortnite e da dove nasce questo tipo di fenomeno?
La casa di produzione di Fortnite è l'americana Epic Games, ma questo stile di gioco nasce in Giappone. Nel 2000 infatti, nelle sale nipponiche esce un film dal titolo Battle Royale - basato su un libro dallo stesso titolo - in cui un gruppo di ragazzini viene abbandonato su un'isola deserta con una sola missione, sopravvivere. La trama vi ricorda qualcosa? La serie di libri e film The Hunger Games prende ispirazione proprio dalla controparte giapponese e così nella cultura mainstream inizia a diffondersi l'idea di un gioco «tutti contro tutti» dove il vincitore è l'unico sopravvissuto. Non fraintendeteci, questo tipo di videogame era già presente sul mercato, ma sempre in una scala molto ridotta. In Fortnite Battle Royale a sfidarsi sono 100 giocatori (la piattaforma spesso ospita fino a 3,4 milioni di player in contemporanea) su una mappa che diventa sempre più piccola per costringere allo scontro.
Un gioco dalla premessa al quanto tetra che però deve il suo successo a una grafica molto curata e alla presenza di personaggi piuttosto bizzarri. Fortnite è anche completamente gratuito, nonostante i giocatori siano invogliati ad acquistare all'interno dell'app per rendere il loro alter ego più forte o anche solo più appariscente. Molte aziende di tecnologia hanno approfittato di questa mania collaborando con Fortnite e vendendo nuovi «volti» insieme ai loro prodotti. È il caso di Samsung, che insieme al suo S9 Galaxy regala un personaggio per il videogioco.
Fortnite Battle Royale non è solo un gioco, ma un vero e proprio spettacolo. La piattaforma di streaming Twitch deve il 12,9% del suo traffico a Fortnite e il loro utente più famoso, il 27enne Ninja è riuscito a raccogliere fino a 628mila spettatori durante la sua giocata con il rapper Drake.
«Il 43% degli italiani usa i videogames. Il gioco più venduto? Fifa»

Giphy
Per Natale ha regalato una sala giochi con tre postazioni dotate di PlayStation, Xbox e Nintendo Switch al reparto di pediatria dell'ospedale San Paolo di Milano. Gamestop Italia è leader nel settore giochi nel nostro Paese che, negli ultimi anni ha visto crescere il numero di appassionati e di professionisti del settore. Abbiamo parlato con Nicolas Musikas, managing director dell'area italiana.
Qual è lo stato attuale del mercato italiano?
«Il mercato dei giochi in Italia è in aumento del 19% e vale circa 1,9 miliardi di dollari. Le vendite di giochi fisici per computer e console registrano un incremento del 6%, invece quelle per i prodotti digitali segnano un aumento del 18%. Una corsa sostenuta anche dall'ampliamento della quota di pagamenti online con carte di credito, paypal o prepagate. Sistemi che ora coprono tra il 15 e il 25% degli acquisti di videogiochi per le console, quando fino a pochi anni fa questo dato non raggiungeva le due cifre. In questo contesto Gamestop continua a essere leader con una quota in aumento che oscilla fra il 35% ed il 50%».
Qual è il profilo del giocatore medio?
«Gioca circa il 43% degli italiani, con una prevalenza di uomini. L'età media è di 28 anni e il 70% ha più di 18 anni, ma tra i giovanissimi (6-17 anni) la percentuale di giocatori supera il 90%. Il 38% gioca con titoli di action e adventure e uno su tre gioca tutti i giorni per almeno un'ora al giorno».
Quale impatto ha Gamestop sull'Italia?
«L'azienda cresce a livello sia di vendite che di profitto da quattro anni. La strategia, ancora in atto, a livello di retail è stata quella di chiudere negozi di metratura più piccola meno profittevoli e concentrarsi su superfici più grandi, intorno ai 200 metri quadri: è quindi un errore pensare che il passaggio da 415 store a 360 sia conseguenza di performance negative, è invece funzionale ad alimentare la crescita dell'azienda».
Cosa ci possiamo aspettare per i prossimi mesi?
«Nelle prossime settimane ne abbiamo alcune, a partire da un calendario dell'Avvento particolare: ogni giorno ci sarà una promozione speciale della durata di 24 ore. Inoltre abbiamo deciso di compiere un ulteriore passo avanti verso i nostri clienti con il servizio soddisfatti o rimborsati per la Nintendo Switch: si può acquistare, provare e, nel caso non piacesse, si può riportare in negozio dove verrà rimborsato fino al 90% del suo valore. Restiamo però anche fortemente convinti dell'importanza dei collezionabili, in questo segmento in particolare puntiamo sulla linea Funko Fortnite, e dei giochi da tavolo di cui abbiamo un ricco portfolio tra cui spiccano titoli come Monopoly Fortnite».
Quali sono i titoli più amati dagli italiani?
«In Italia la situazione economica è migliorata rispetto a qualche anno fa, ma il leader di mercato è ancora Sony con PlayStation. Il gioco più venduto si conferma Fifa: la versione 2018 ha venduto 640.000 pezzi».
Qual è il settore che trascina di più il comparto?
«Il settore che trascina di più il comparto è quello dei videogiochi per pc che con la crescita del 18 per cento sul 2017 vale 1,2 miliardi di dollari, su 1,9 totali di valore. Però anche gli altri segmenti registrano segni positivi, in particolare quello degli accessori per pc».
Continua a leggereRiduci
Quello dei videogame è diventato un business vero e proprio con giocatori under 30 divenuti miliardari passando le giornate a sfidare altre persone online. La vera fonte di guadagno per i produttori, tuttavia, deriva dagli acquisti in app di vite, monete per passare i livelli o skill per i personaggi. Tra le tipologie di gioco più proficue c'è quella degli «otome», ovvero giochi per ragazze che simulano storie d'amore.Fenomeno Fortnite: in un mese spesi 100 milioni di dollari solo in abiti e armi utili a personalizzare i personaggi e a renderli più competitivi. Il videogioco ha battuto anche Pokemon Go che negli scorsi anni era diventato famoso per aver paralizzato intere città.Parla Nicolas Musikas, managing director di Gamestop Italia: «Il 43% degli italiani gioca ai videogame. Il gioco più venduto? Fifa».Lo speciale contiene tre articoli.Gaming. Letteralmente, l'azione di giocare con i videogiochi. Quello che per molti può sembrare un mero passatempo, in realtà, è diventata una professione vera e propria che si consuma a colpi di joystick davanti a schermi di tv e computer. Il gamer passa le sue giornate così, giocando. Seduto su sedie ergonomiche che sembrano sempre più navicelle spaziali, con cuffie extralarge sulle orecchie, microfono davanti al viso e telecamera puntata sul volto. Eh sì, perché il vero business non sta nel "giocare" più tradizionale, bensì nel trasmettere in streaming su Youtube, Twitch e altre piattaforme social, le proprie partite. Ninja, alla nascita Richard Tyler Blevins, classe 1991 (28 anni) americano di Detroit, nel Michigan è il gamer più famoso al mondo. I suoi canali social contano oltre 30 milioni di follower (di cui solo 13 milioni su Youtube) e ogni mese guadagna circa 500.000 dollari. In Italia, re dei videogiochi è Favij (il cui vero nome è Lorenzo Ostuni), 23 anni e un guadagno mensile di oltre 25.000 euro. Che i giochi siano un business proficuo non vi è alcun dubbio. Oltre ai videogiochi più tradizionali fruibili attraverso console, una fetta importante di mercato appartiene alle app di gioco per smartphone e tablet. L'agenzia di marketing digitale Liftoff ha analizzato l'andamento delle app di gioco negli ultimi anni e ha scoperto come, nell'ultimo anno, il gaming si sia imposto come principale forma di intrattenimento e siano stati spesi, per giocare, ben 116 miliardi di dollari per giochi e acquisti correlati. In confronto, musica e cinema continuano a faticare: gli acquisti di brani, cd digitali o servizi di streaming ha incassato "solo" 17 miliardi mentre il box office virtuale 41. Guardando ancora ai numeri, il provider di applicazioni Annie ha calcolato che oggi sono presenti nei negozi di app online circa 900.000 giochi tutti diversi e che questi rappresentano il 15% di tutte le app scaricabili oggi. Di questi, circa 350.000 vengono venduti attraverso l'app store di Apple e 550.000 su Google Play. Studiando le modalità di acquisto degli utenti si scopre che in media un giocatore spende, solo per ottenere un gioco sul suo cellulare, circa 3,75 dollari. Il prezzo per registrarsi ai servizi di streaming, una volta acquisito il titolo, è in media di 6,88 dollari e viene effettuata dal 54,6% degli utenti. A sorpresa, la vera fonte di guadagno del settore è rappresentata dagli acquisti in app, ovvero tutte quelle funzionalità (dai costumi per i personaggi alle gemme per passare più facilmente i livelli) che aiutano a procedere spediti nel gioco. Caso principe è quello di Fornite, gioco flop lanciato nel 2017 e divenuto invece un vero e proprio fenomeno nel 2018. Difficile trovare, all'interno della "famiglia" della Battle Royale, qualcuno che non abbia speso almeno una volta dei soldi - reali - per ottenere skill, armi, potenziamenti o movimenti da far fare al proprio avatar. Liftoff ha stimato che in media si spendono circa 28,05 dollari a testa per acquisti in app. Ma non solo. Secondo un'analisi di mercato le più propense ad acquistare in app con soldi reali sono le donne che arrivano a spendere fino al 79% in più rispetto agli uomini. Caso eclatante è quello dell'applicazione Love Nikki, un gioco per ragazze creato dalla cinese Paper Co. che permette di vestire a proprio piacimento una ragazza disegnata come fosse un manga e seguirla nelle sue avventure in regni incantati. Costo medo di un set completo di abiti: 24.99 dollari. Una vera e propria fetta a parte di mercato è rappresentata dagli acquisti in app per gli otome, giochi creati anche in questo caso principalmente per donne in cui si interpreta una giovane fanciulla contesa da un mucchio di ragazzi immaginari. I profili vengono proposti come dei manga e ricalcano le peculiarità maschili: c'è lo sportivo, il tenebroso dal cuore tenero, il ricco ma freddo, il dolce ma crudele, insomma.. un uomo per ogni gusto. Per procedere in questi giochi la player viene invitata ad acquistare potenziamenti, sbloccare capitoli extra per raggiungere il lieto fine o acquistare gemme per accelerare le azioni. Il tutto, ovviamente, pagando - con carta di credito - e con un semplice tap sul cellulare. Secondo alcuni studi le appassionate del genere spendono, in media, 250 dollari all'anno per vivere una storia immaginaria consumata sullo schermo del proprio telefonino. Se i titoli della Voltage Inc. e quelli della Cybird Co. sono tra i più gettonati, un vero e proprio capitolo nel genere è occupato da Mystic Messenger. L'applicazione, di origine coreana e prodotta da Cheritz Co. è stata pioniera nel settore dei simulatori. Il gioco consiste nel chattare, per tutto il giorno a orari prestabiliti, con alcuni personaggi immaginari di un'associazione benefica. Anche in questo caso, lo scopo è raggiungere il lieto fine con uno di essi. Ma attenzione: senza acquistare le clessidre per sbloccare profili di personaggi o recuperare le chat perse (magari di notte) la fine disastrosa è dietro l'angolo. Lanciata online nell'agosto del 2016, l'app (gratuita) ha raccolto nel primo mese di attività oltre 500.000 dollari in acquisti in app provenienti da tutto il mondo e ancora oggi continua a essere uno dei giochi più proficui del settore.Insomma, il settore è uno dei più proficui nell'universo digitale e si prevede che, entro il 2020, crescerà ulteriormente fino a superare di oltre il 70% il guadagno attuale. Il trucco, dopotutto, è semplice: fidelizzare il giocatore, premiarlo con bonus gratuiti di tanto in tanto e spingerlo a spendere, sempre di più, per scoprire cosa succederà, capitolo dopo capitolo. 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Nell'ultimo anno Fortnite - o meglio Fortnite Battle Royale - ha sbaragliato la concorrenza, guadagnando più di qualsiasi altro gioco (su qualsiasi piattaforma) nella storia del gaming. Si parla di circa 300 milioni dalla sua nascita, 100 in più di Pokemon Go, un altro gioco gratuito che negli ultimi anni ha catturato l'attenzione dei media per il suo repentino successo. I numero di giocatori ha raggiunto i 200 milioni ed è stimato che il 69% di questi spenda almeno 85 dollari per personalizzare il proprio personaggio. Ma facciamo un passo indietro, cos'è Fortnite e da dove nasce questo tipo di fenomeno?La casa di produzione di Fortnite è l'americana Epic Games, ma questo stile di gioco nasce in Giappone. Nel 2000 infatti, nelle sale nipponiche esce un film dal titolo Battle Royale - basato su un libro dallo stesso titolo - in cui un gruppo di ragazzini viene abbandonato su un'isola deserta con una sola missione, sopravvivere. La trama vi ricorda qualcosa? La serie di libri e film The Hunger Games prende ispirazione proprio dalla controparte giapponese e così nella cultura mainstream inizia a diffondersi l'idea di un gioco «tutti contro tutti» dove il vincitore è l'unico sopravvissuto. Non fraintendeteci, questo tipo di videogame era già presente sul mercato, ma sempre in una scala molto ridotta. In Fortnite Battle Royale a sfidarsi sono 100 giocatori (la piattaforma spesso ospita fino a 3,4 milioni di player in contemporanea) su una mappa che diventa sempre più piccola per costringere allo scontro. Un gioco dalla premessa al quanto tetra che però deve il suo successo a una grafica molto curata e alla presenza di personaggi piuttosto bizzarri. Fortnite è anche completamente gratuito, nonostante i giocatori siano invogliati ad acquistare all'interno dell'app per rendere il loro alter ego più forte o anche solo più appariscente. Molte aziende di tecnologia hanno approfittato di questa mania collaborando con Fortnite e vendendo nuovi «volti» insieme ai loro prodotti. È il caso di Samsung, che insieme al suo S9 Galaxy regala un personaggio per il videogioco. Fortnite Battle Royale non è solo un gioco, ma un vero e proprio spettacolo. La piattaforma di streaming Twitch deve il 12,9% del suo traffico a Fortnite e il loro utente più famoso, il 27enne Ninja è riuscito a raccogliere fino a 628mila spettatori durante la sua giocata con il rapper Drake. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/i-videogame-rendono-ricchi-2623967258.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="il-43-degli-italiani-usa-i-videogames-il-gioco-piu-venduto-fifa" data-post-id="2623967258" data-published-at="1765404988" data-use-pagination="False"> «Il 43% degli italiani usa i videogames. Il gioco più venduto? Fifa» Giphy Per Natale ha regalato una sala giochi con tre postazioni dotate di PlayStation, Xbox e Nintendo Switch al reparto di pediatria dell'ospedale San Paolo di Milano. Gamestop Italia è leader nel settore giochi nel nostro Paese che, negli ultimi anni ha visto crescere il numero di appassionati e di professionisti del settore. Abbiamo parlato con Nicolas Musikas, managing director dell'area italiana.Qual è lo stato attuale del mercato italiano?«Il mercato dei giochi in Italia è in aumento del 19% e vale circa 1,9 miliardi di dollari. Le vendite di giochi fisici per computer e console registrano un incremento del 6%, invece quelle per i prodotti digitali segnano un aumento del 18%. Una corsa sostenuta anche dall'ampliamento della quota di pagamenti online con carte di credito, paypal o prepagate. Sistemi che ora coprono tra il 15 e il 25% degli acquisti di videogiochi per le console, quando fino a pochi anni fa questo dato non raggiungeva le due cifre. In questo contesto Gamestop continua a essere leader con una quota in aumento che oscilla fra il 35% ed il 50%».Qual è il profilo del giocatore medio?«Gioca circa il 43% degli italiani, con una prevalenza di uomini. L'età media è di 28 anni e il 70% ha più di 18 anni, ma tra i giovanissimi (6-17 anni) la percentuale di giocatori supera il 90%. Il 38% gioca con titoli di action e adventure e uno su tre gioca tutti i giorni per almeno un'ora al giorno». Quale impatto ha Gamestop sull'Italia?«L'azienda cresce a livello sia di vendite che di profitto da quattro anni. La strategia, ancora in atto, a livello di retail è stata quella di chiudere negozi di metratura più piccola meno profittevoli e concentrarsi su superfici più grandi, intorno ai 200 metri quadri: è quindi un errore pensare che il passaggio da 415 store a 360 sia conseguenza di performance negative, è invece funzionale ad alimentare la crescita dell'azienda».Cosa ci possiamo aspettare per i prossimi mesi?«Nelle prossime settimane ne abbiamo alcune, a partire da un calendario dell'Avvento particolare: ogni giorno ci sarà una promozione speciale della durata di 24 ore. Inoltre abbiamo deciso di compiere un ulteriore passo avanti verso i nostri clienti con il servizio soddisfatti o rimborsati per la Nintendo Switch: si può acquistare, provare e, nel caso non piacesse, si può riportare in negozio dove verrà rimborsato fino al 90% del suo valore. Restiamo però anche fortemente convinti dell'importanza dei collezionabili, in questo segmento in particolare puntiamo sulla linea Funko Fortnite, e dei giochi da tavolo di cui abbiamo un ricco portfolio tra cui spiccano titoli come Monopoly Fortnite».Quali sono i titoli più amati dagli italiani?«In Italia la situazione economica è migliorata rispetto a qualche anno fa, ma il leader di mercato è ancora Sony con PlayStation. Il gioco più venduto si conferma Fifa: la versione 2018 ha venduto 640.000 pezzi». Qual è il settore che trascina di più il comparto?«Il settore che trascina di più il comparto è quello dei videogiochi per pc che con la crescita del 18 per cento sul 2017 vale 1,2 miliardi di dollari, su 1,9 totali di valore. Però anche gli altri segmenti registrano segni positivi, in particolare quello degli accessori per pc».
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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