2019-12-19
I teste contro Eni si sgretolano davanti al pm
Nel processo per corruzione all'ad Claudio Descalzi due testimoni non si presentano in aula e un terzo non viene nemmeno accolto dal giudice. L'accusa spera in un presunto uomo chiave ancora segreto, con il risultato che i tempi si allungheranno ancora.«Devo dolermi con me stesso, ho avuto troppa fiducia nelle intenzioni del teste di testimoniare, dovevamo subito chiedere una rogatoria internazionale». Sono da poco passate le 11 di mattina nella settima sezione del tribunale di Milano quando Fabio De Pasquale - il pm che portato a processo l'attuale ad del'Eni Claudio Descalzi per corruzione internazionale sulla presunta mega tangente da 1 miliardo di dollari intorno al giacimento nigeriano Opl 245 - si scusa con la corte per l'assenza di Isaac Chinonyerem Eke. L'ex capo della polizia di Abuja ora in pensione, considerato il testimone oculare delle valigette in cui secondo l'accusa sarebbero stati nascosti i 50 milioni di dollari che per l'accusa sarebbero finiti nella villa del manager Eni Roberto Casula, non si è presentato. Non c'è una giustificazione scritta. Ci sono email agli atti senza risposta. Eke avrebbe avuto degli impegni, questo a detta dei legali della difesa del dubbio accusatore Vincenzo Armanna che lo avevano convocato. Lo scivolone dell'accusa è rilevante. Perché Eke sarebbe «il vero Victor», il vero testimone e non quell'altro (Victor Nwafor), che era stato ascoltato a gennaio ed era poi risultato essere l'uomo sbagliato. Non a caso Paola Severino, difensore di Descalzi, ha ribadito la sua perplessità sull'identità e la trasparenza di questo capo della polizia nigeriana, un personaggio che sarebbe collegato ai servizi di intelligence. Su Youtube si può ancora vedere il suo video di congedo in Nigeria con tanto di occhiali scuri, simile al colonnello Philippe Mathieu del film La Battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo.I giudici della settima sezione, presieduti da Marco Tremolada, aveva già concesso a novembre un'ulteriore proroga per sentire il nuovo teste. Ora hanno deciso che Eke dovrà presentarsi il prossimo 29 gennaio, ma non potrà apparire in video. È l'ultima possibilità, perché poi sarà chiusa l'istruttoria e si andrà a sentenza. Il risultato finale è che uno dei cosiddetti testimoni chiave dell'accusa difficilmente supporterà le tesi accusatorie, già fragili perché incentrate soprattutto sulle parole di Armanna, ex responsabile Eni nell'Africa subsahariana che negli ultimi anni ha cambiato molte volte avvocato e linea di difesa. Non solo. Tra ieri e oggi si sarebbe dovuto presentare anche un altro teste di Armanna, tale Timy Aya, che avrebbe accompagnato l'ex manager all'Hilton di Abuja per incontrare Bayo Ojo, un altro funzionario nigeriano che avrebbe intascato parte della tangente. Anche lui non ci sarà. La corte non ha poi accolto poi un'altra testimonianza, quella di Martin Schwedler manager di Raffeisen bank in Austria, advisor finanziario di Emeka Obi, uno degli intermediari delle presunte mazzette. I tempi di chiusura del processo si allungano. La sentenza potrebbe arrivare in contemporanea con le nomine di primavera nelle partecipate statali, quando proprio Descalzi andrà in scadenza in Eni. Per di più De Pasquale avrebbe fatto trapelare di avere ancora un carta da giocare, al momento coperta. Ha infatti chiesto di convocare un altro testimone, che questa volta potrebbe arrivare da un'altra inchiesta ancora in corso a Milano, ovvero quella sul falso complotto anti Descalzi. Su questo caso i pm milanesi Laura Pedio e Paolo Storari indagano per associazione a delinquere finalizzata a concordare un depistaggio appunto sul processo sulle tangenti Eni in Nigeria. Sul nome del teste c'è massimo riserbo, anche perché l'inchiesta è in corso. Potrebbe essere lo stesso Piero Amara, l'«avvocato esterno» del cane a sei zampe, il collezionista di incarichi per l'azienda di San Donato con parcelle per 13,5 milioni di euro. Oppure a essere ascoltati potrebbero essere Paolo Quinto e Andrea Peruzy, il primo direttore generale della Fondazione Italiani Europei di Massimo D'Alema, l'altro assistente della senatrice Anna Finocchiaro.Perché proprio loro? Sono stati citati da Armanna durante una delle sue testimonianze di quest'anno, quando spiegò di averli incontrati nel 2014 «per l'acquisto, da parte dei miei partner nigeriani di blocchi marginali dell'Eni, valorizzati in circa 900 milioni al bilancio dell'Eni, in realtà con un valore industriale, qualora si fosse investito, di circa 4 miliardi di dollari». Non è chiaro quale potrebbe essere l'impatto di una testimonianza di un indagato in un altro processo. Di sicuro rappresenta uno degli ultimi tentativi da parte dell'accusa di chiarire definitivamente una vicenda ancora oscura.
Giancarlo Giorgetti (imagoeconomica)