2022-08-03
I talebani che ora piangono potrebbero aver venduto il capo di Al Qaeda agli Usa
Osama bin Laden e Ayman al-Zawahiri (Ansa)
L’uccisione di Ayman al-Zawahiri può essere frutto di un accordo tra Kabul e Stati Uniti. Ma anche una rappresaglia americana dopo la mancata consegna del terrorista.Il presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden, ha confermato la morte del leader di al-Qaeda Ayman al-Zawahiri avvenuta all’alba dello scorso 31 luglio: «Ho autorizzato un attacco di precisione che lo avrebbe rimosso dal campo di battaglia, una volta per tutte». Ma dove è stato ucciso il settantunenne leader dell’organizzazione terroristica più odiata dagli Stati Uniti? In qualche sotterraneo nelle cosiddette aree tribali di amministrazione federale ai confini tra il Pakistan e l’Afghanistan, oppure era in una caverna del Waziristan (una regione montagnosa del Nord-ovest del Pakistan)? Nient’affatto, il «dottore» si trovava in un confortevole appartamento all’interno di una palazzina nel centro di Kabul e, secondo le prime ricostruzioni, è stato colpito da due missili Hellfire (dotati di sei grandi lame, da qui il soprannome di missile ninja), lanciati da un drone, mentre Ayman al-Zawahiri si trovava sul balcone dell’appartamento nel quale viveva con moglie, figli e alcuni nipoti. Da quanto tempo era nella capitale afghana? Un’autorevole fonte del Pentagono conferma alla Verità che al-Zawahiri, sul quale pendeva una taglia da 25 milioni di dollari, «era arrivato in città con un convoglio alla fine del maggio scorso, protetto dai talebani e dalla Rete Haqqani». E di chi era l’appartamento? Sorpresa! Del ministro degli interni Sirajuddin Haqqani, leader dell’omonima organizzazione criminale, sul quale gli Usa hanno messo una taglia da 10 milioni di dollari e che vive nello stesso quartiere. E dove si trova ora? È partito per il distretto di Charkh Logar, tappa iniziale di un viaggio che dovrebbe proseguire in altri distretti della provincia di Paktia. E dov’era mentre al-Zawahiri veniva polverizzato dal missile Usa? Haqqani stava ospitando i colloqui di pace tra una delegazione di 12 persone del governo pakistano e i leader del Tehrik-i-Taliban Pakistan, un gruppo terroristico del Pakistan. Tornerà? Magari sì, forse si prenderà del tempo vista l’aria che tira a Kabul. E se invece il vecchio e malato leader di al-Qaeda fosse stato venduto nell’ambito della trattativa che Usa, talebani e rete Haqqani conducevano da mesi sullo sblocco di una parte dei 9 miliardi di dollari della Banca centrale afghana che sono depositati e congelati all’estero? L’ipotesi non va del tutto esclusa perché dopo il terremoto del giugno scorso che ha causato più di mille vittime, l’Afghanistan è letteralmente in ginocchio e necessita con urgenza di denaro per mandare avanti la macchina dello Stato, che oltretutto ogni giorno viene bersagliato dagli attacchi dell’Isis-K. E lo sdegno del portavoce talebano Zabiullah Mujahid, che su Twitter ha scritto: «L’Emirato islamico dell’Afghanistan condanna fermamente questo attacco con qualsiasi pretesto e lo definisce una chiara violazione dei principi internazionali e dell’accordo di Doha»? Potrebbe essere una commedia. Con il passare delle ore, però, l’ipotesi più accreditata è che l’eliminazione di al-Zawahiri -avvenuta in pieno giorno in un quartiere controllato dai talebani - sia una sorta di punizione arrivata dopo che il governo di Kabul è venuto meno alla promessa di consegnarlo agli Usa in cambio dello sblocco di circa 3,5 miliardi di dollari da destinare alla popolazione afghana. Non è certo un mistero che Biden abbia ordinato qualche settimana fa di mettere da parte questa cifra depositata alla Federal Reserve Bank di New York «a beneficio del popolo afghano». Nel luglio scorso, dopo una serie di incontri definiti «deludenti» gli Usa avrebbero capito che a Kabul nessuno gli avrebbe mai consegnato il leader di al-Qaeda, e a quel punto temendo che il loro target venisse spostato, hanno accelerato l’operazione. Secondo un alto funzionario del Pentagono «alti esponenti dei talebani e della rete Haqqani erano a conoscenza della presenza di al-Zawahiri nell’area e hanno persino preso provvedimenti per nascondere la sua presenza dopo l’attacco dei droni, chiara violazione dell’accordo di Doha, limitando l’accesso al rifugio e ricollocando rapidamente i membri della sua famiglia, compresi sua figlia e i suoi figli, che non sono stati intenzionalmente presi di mira durante l’attacco e sono rimasti illesi», ma a questo proposito alcune fonti del Pentagono riferiscono che nell’attacco sarebbero morti anche il figlio e il genero di Sirajuddin Haqqani. Ma chi è stato al-Zawahiri? Certamente un terrorista intransigente, dal carattere difficile, un religiosissimo autore di libri inneggianti alla «guerra santa», ma anche un medico appartenente all’alta borghesia egiziana che aderì al progetto di Osama Bin Laden alla fine degli anni Ottanta, quando una parte del mondo islamico si mobilitò contro l’invasione russa dell’Afghanistan. La scintilla dell’islamismo radicale scattò in lui grazie allo zio Mafhouz Azzam, che lo introdusse alle riunioni segrete dei Fratelli musulmani, poi il giovane medico fondò la sua organizzazione denominata Jamaat al-Jihad, che in seguito confluirà in al-Qaeda. Al-Zawahiri, che nel tempo ha dovuto fronteggiare la perdita di Osama bin Laden e la nascita dei rivali dello Stato islamico dell’odiato califfo Abu Bakr al-Baghdadi, ha comunque avuto la capacità di superare le difficoltà riuscendo a far crescere al-Qaeda, creando filiali nel Maghreb islamico (AQIM), nella Penisola araba (AQAP), nel subcontinente indiano (AQIS), in Egitto, in Somalia con gli Al-Shabaab, nel Mali Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin (JNIM), nell’Africa Occidentale e in Siria con Hayat Tahir al-Sham (HTS). Ayman al-Zawahiri da tempo era malato e secondo alcuni analisti non era più coinvolto nell’operatività dell’organizzazione, tuttavia il «dottore» era ancora formalmente il leader di al-Qaeda e occasionalmente appariva attraverso video o audio messaggi incitando sempre alla jihad armata contro gli Stati Uniti e Israele, i suoi nemici di sempre. Mentre si attende il comunicato del comando centrale di al-Qaeda che annuncia la morte di al-Zawahiri c’è attesa su chi sarà il nuovo leader dell’organizzazione terroristica. In tal senso il prescelto potrebbe essere -il condizionale è d’obbligo -l’egiziano Mohammed Salah al-Din Zaidan, 1960, ex colonnello dell’esercito delle forze speciali, meglio conosciuto come Saif al-Adel, sul quale l’Fbi ha messo una taglia da 10 milioni di dollari. Altro possibile candidato è Abd al-Rahman al-Maghrebi, genero di al-Zawahiri, cittadino marocchino che ha studiato programmazione software in Germania prima di recarsi in Afghanistan da dove gestisce al-Sahab, la principale ala mediatica di al-Qaeda e per questo sulla sua testa c’è una taglia da 7 milioni di dollari. Presto (forse) sapremo chi sarà il nuovo sceicco del terrore con il quale dovremo fare i conti.