2021-01-05
I ristoratori in ginocchio: ora stop al delivery e class action anti governo
(Marco Piraccini/Archivio Marco Piraccini/Mondadori Portfolio via Getty Images)
Niente prenotazioni via app e consegne coi fattorini: gli incassi non coprono i costi. Lo chef Gianfranco Vissani contro Palazzo Chigi: «Vogliono farci morire, ma noi resisteremo».Difficile un nuovo scostamento di bilancio in Parlamento. C'è l'ipotesi rottamazione per la valanga fiscale.Lo speciale contiene due articoli.«Ormai è una battaglia per i diritti umani, la nostra causa la sta studiando l'avvocato Oreste Terracini Bisazza, si tratta di sapere se abbiamo o no diritto a vivere come individui. Ci siamo convinti che il governo abbia un pregiudizio: siccome i ristoratori sono tutti evasori, questo pensano, se anche ci rimettono che problema c'è? Se ne accorgeranno quando ci sarà la gente per strada, quando gli agricoltori non sapranno più a chi vendere i prodotti! Comunque da domani stop alle prenotazioni dell'asporto attraverso le piattaforme di delivery». Il messaggio di Luca e Gianfranco Vissani - il cuoco più noto al grande pubblico e uno tra i migliori d'Italia - va oltre le polemiche televisive, è la rivendicazione del valore della ristorazione come impresa, come prodotto culturale. Sono esasperati dalle ultime misure: «Un giorno ci dicono di aprire, il giorno dopo di chiudere, abbiamo una vita a semaforo e buttiamo via decine di migliaia di euro di spesa, è dura anche a livello psicologico. Con questa trovata dei week end sempre rossi è la fine. Tanto varrebbe farci chiudere del tutto». La causa è la class action che Gianfranco insieme ad altri 140.000 ristoratori ha intrapreso contro il governo perché «ormai da un anno hanno deciso che dobbiamo morire». Basta il nome del patrocinatore per capire la posta in gioco: Oreste Terracini Bisazza. È il figlio adottivo di uno dei padri della Costituzione Umberto Terracini, è l'avvocato che ha fatto della sua vita e della sua professione una poetica rivendicazione della dignità umana. «Se ha scelto di studiare la nostra causa», sottolinea Luca Vissani «vuol dire che per primo lui riconosce che questa nostra battaglia va oltre la difesa di interessi economici». E comunque da domani, 6 gennaio, oltre 100.000 ristoranti italiani non accetteranno più ordinazioni attraverso le piattaforme delivery. La protesta – l'ennesima di questi mesi – nasce a Firenze da Tni (Tutela nazionale imprese) riunisce oltre 40.000 «tavole» ed è rappresentato da Pasquale Naccari che spiega: «Le società di delivery stanno guadagnando sulla nostra pelle e noi non riusciamo neppure a sostenere i costi; è inutile che il governo continui a ripararsi dietro la foglia di fico dell'asporto, così noi chiudiamo definitivamente». «Le commissioni che la compagnia di delivery si tiene», illustra Naccari «vanno dal 20 al 30 per cento. Si aggiungono poi le penali; se il rider aspetta ci vengono decurtati 17 centesimi al minuto di attesa per i primi dieci minuti, poi si aggiungono altri 10 euro». A conti fatti su una fattura di 2500 euro al ristoratore vanno meno di 950 euro. «Chiediamo agli italiani», esorta il capo di Tni «dal 6 gennaio di ordinare l'asporto direttamente al ristorante per telefono. Questa però non è una battaglia contro i rider: ai fattorini che spesso sono costretti a lavorare in nero diciamo che quando tutto tornerà normale saremo noi a integrarli». Con Tni ci sono Virginia Derelitto di Aios Sicilia, Rocco Costanzo di Ristoratori Liguria, Alessia Brescia dei Ristoratori Veneto, Maricetta Tirrito dei Ristoratori Lazio, Pasquale Dioguardi di Movimento Impresa Puglia, Andrea Penzo Aiello di Veneto Imprese Unite, Michele di Costa di Ristoratori Calabria e Armando Pistolese di Associazione commercianti per Salerno. E poi c'è Gianfranco Vissani che da sempre raccomanda ai ristoratori di non farsi strumentalizzare dalle compagnie di delivery. «Le grandi compagnie che spesso non pagano neppure le tasse in Italia sfruttano i ristoranti, finisce che chi non ha una propria visibilità diventa un contoterzista del delivery. Da domani spegneremo computer e tablet, non risponderemo alle comande via app; se il cliente vuole e noi siamo lietissimi di servirlo ci telefona e noi consegniamo il frutto del nostro lavoro. Ma va detto con estrema chiarezza e durezza che l'asporto non ci consente di tenere in piedi le imprese: è una scelta che molti sono costretti a fare per pura sopravvivenza». E che ormai la ristorazione italiana lotti per sopravvivere lo dicono le cifre. La Fipe-Confcommercio stima che si siano persi su 90 miliardi di fatturato almeno 36 miliardi, che alle 60.000 imprese che hanno già chiuso se ne siano assommate altre 40.000 alla fine dell'anno con almeno 450.000 occupati in meno. «Credo», fa notare Luca Vissani considerato il miglior maitre d'Italia «che siano conti approssimati molto per difetto. Noi abbiamo perso oltre il 60% del fatturato, l'ultima cassa integrazione è arrivata a luglio. Hanno deciso di uccidere la ristorazione. I provvedimenti confusi che sento dichiarare sono la conferma di questa volontà. Come si fa a pensare di tenerci chiusi nei fine settimana? Che possiamo programmare le nostre attività un'ora per l'altra? Come si fa a pensare che i ristori che ci hanno dato che coprono sì e no un decimo delle perdite che abbiamo subito ci consentano di ripartire? Come si fa a non capire che morendo la ristorazione muore l'agroalimentare? Chi ci governa evidentemente non lo sa. Oppure gli fa comodo non saperlo; comincio a pensare che siano animati dal retropensiero che siamo tutti evasori e che dunque se anche saltiamo per aria ce la siamo cercata. Vorrei che andassero a spiegarlo a chi mi porta il pecorino, a chi ma dà l'olio, alle cantine, ai macellai, agli allevatori, ai pescatori cosa accade se chiudono ai ristoranti. E vorrei che cominciassero a domandarselo anche gli italiani ai quali non danno né il vaccino contro il virus, né la difesa della democrazia: le elezioni».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-ristoratori-in-ginocchio-ora-stop-al-delivery-e-class-action-anti-governo-2649733967.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ristori-gualtieri-promette-soldi-che-non-ha" data-post-id="2649733967" data-published-at="1609791788" data-use-pagination="False"> Ristori, Gualtieri promette soldi che non ha La prospettiva di una crisi di governo potrebbe mettere in pausa diverse questioni di natura economica, a partire dai nuovi ristori anti Covid per cui l'esecutivo dovrebbe chiedere entro gennaio un nuovo scostamento di bilancio con l'obiettivo di finanziare in deficit la quinta ondata di aiuti ai professionisti in difficoltà. Del resto, è previsto per i contribuenti l'arrivo di oltre cinquanta milioni di cartelle esattoriali e il problema, visto il 2020 funestato dalla pandemia mondiale, è che molti non saranno in grado di pagarle. Il viceministro dell'Economia Laura Castelli ha fatto sapere di essere al lavoro con l'esecutivo per trovare una soluzione, visto anche che il decreto milleproroghe non ha fatto slittare la sospensione di accertamenti, pignoramenti ed ipoteche. «È iniziato il 2021. Una sfida importante sarà la gestione del fisco, e della mole di cartelle e altri atti» ha affermato Castelli, evidenziando che risulta prioritario intervenire subito su tre aspetti. In primis, ha detto, bisogna «pulire il magazzino, pre 2015, dai ruoli inesigibili» visto che «costa troppo e non porta a nulla. Riguarda in gran parte soggetti falliti, deceduti, imprese cessate, da cui lo Stato non può più riscuotere». Successivamente si procederà a «gestire gli anni dal 2016 al 2019, con una rottamazione quater, un saldo e stralcio, per dare respiro a quei contribuenti, che si trovano in difficoltà, ed hanno posizioni aperte con il fisco, dovute a morosità incolpevoli». C'è poi il tema dei «milioni di cartelle che si genereranno nel 2021, per posizioni maturate nel 2020 e in anni precedenti. Tali cartelle», ha continuato il viceministro, «vanno gestite con un metodo straordinario, pensando che il Covid è stato, ed è, un evento straordinario e devastante». Resta dunque da capire come intenderà muoversi il governo su questo fronte. Nella realtà, si tratta di una bella gatta da pelare per la squadra guidata dal ministro del Tesoro, Roberto Gualtieri. Se, da un lato, è infatti vero che le cartelle esattoriali più vecchie non verranno in gran parte pagate, dall'altro è anche vero che a causa della crisi, saranno in molti quelli che non riusciranno a pagare le cartelle più recenti, quelle relative al 2019 e al 2020. C'è poi il tema di far digerire al Parlamento un nuovo scostamento di bilancio. D'altronde, l'operazione richiederebbe un voto a maggioranza assoluta delle Camere, complesso da ottenere in questa fase. Nel 2020, nel pieno dell'emergenza, le opposizioni non avevano ostacolato i piani della maggioranza, arrivando a votare favorevolmente l'ultimo scostamento. Nel merito però, non erano mancate le critiche alle singole misure che si sono tradotte poi in alcune modifiche approvate già con la manovra. Se dunque il nuovo scostamento riuscisse a passare, l'idea del governo potrebbe essere quella di rimandare il pagamento per i professionisti più in difficoltà. Per gli altri, si ipotizza un trattamento «in bonis» che prevede il pagamento con uno sconto su sanzioni e interessi. Tra gli operatori più colpiti ci sono sicuramente quelli del settore sciistico che tra la fine del 2020 e l'inizio del 2021 hanno dovuto dire addio alla fetta di fatturato in arrivo dalle vacanze di Natale. Per questo, all'interno del prossimo decreto Ristori potrebbero arrivare aiuti specifici anche per gli operatori turistici del mondo dello sci. Ieri mattina, ha detto il viceministro Castelli, «assieme ad Antonio Misiani e grazie ai colleghi parlamentari Claudia Porchietto, Silvia Fregolent e Dario Bond, abbiamo incontrato alcuni rappresentanti del settore sciistico, dagli impianti di risalita agli insegnanti di sci, dalle scuole ad una parte importante dell'indotto. Ci siamo confrontati su come sostenere il settore, per delineare il miglior approccio utile a definire subito un sostegno concreto», ha ricordato Castelli. Se dunque nel prossimo decreto Ristori ci sarà spazio anche per il mondo dello sci, il viceministro del Tesoro ha fatto sapere anche che «a livello parlamentare, poi, dovremo affrontare, già in conversione del decreto Milleproroghe, anche il tema delle scadenze tecniche legate agli impianti, tutelando la sicurezza di tutti». Anche in questo caso il problema è sempre il solito: chiedere soldi ad operatori che non hanno visto un soldo nel 2020 e ne vedranno pochi almeno per i primi mesi del 2021. L'esecutivo dovrà trovare una soluzione in fretta, se no, oltre a mancare i soldi, si assottiglierà ancora di più la classe imprenditoriale del Paese.
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
L'ad di Cassa Depositi e Prestiti: «Intesa con Confindustria per far crescere le imprese italiane, anche le più piccole e anche all'estero». Presentato il roadshow per illustrare le opportunità di sostegno.
Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)