Si infetta di più chi ha fatto il ciclo completo di chi non ha mai visto la siringa. Pure il gap sulla mortalità diminuisce molto. Tra chi ha meno di 40 anni, poi, i dati sono clamorosi.
Si infetta di più chi ha fatto il ciclo completo di chi non ha mai visto la siringa. Pure il gap sulla mortalità diminuisce molto. Tra chi ha meno di 40 anni, poi, i dati sono clamorosi. Più contagi tra i vaccinati che tra i non vaccinati. E stavolta il paradosso statistico non c’entra: il paragone non è tra numeri assoluti, bensì tra tassi d’incidenza ogni 100.000 abitanti. È una tendenza evidente ormai da diverse settimane, confermata dall’ultimo report dell’Iss, che registra le diagnosi di Covid tra l’8 aprile e l’8 maggio. I grafici che riportiamo in questa pagina parlano da soli: gli under 60 hanno più probabilità d’infettarsi se si sono sottoposti all’iniezione da meno di quattro mesi, o addirittura se hanno ricevuto il booster, che se si sono fatti inoculare da oltre 120 giorni, o se non hanno mai porto il braccio negli hub. Per la fascia d’età 5-11 anni, l’Istituto superiore di sanità presenta solo numeri grezzi. Poco male. I tassi d’incidenza dei contagi li abbiamo calcolati noi: ci sono 2.907 casi ogni 100.000 pargoli non vaccinati e 3.892 ogni 100.000 bambini cui sono state somministrate le due dosi. Per costoro, non è ancora tempo di un terzo shot. Ciò significa che i vaccinati s’infettano quasi il 35% in più dei non vaccinati. Da 12 a 39 anni, si contano 3.291 infezioni ogni 100.000 persone tra i non vaccinati; 3.324 tra chi si è vaccinato da meno di 120 giorni; 3.181 tra chi s’è lasciato iniettare anche il booster; mentre i vaccinati «vecchi», risalenti a oltre quattro mesi fa, se la passano meglio di tutti, con 1.365 casi. Sarà che gli inoculati freschi e quelli con la dose di rinforzo si sentono Superman e si espongono a situazioni a rischio? E che i no vax, all’opposto, sono trincerati in un perenne lockdown? Difficile credere a questa spiegazione. Ormai, non sono più in vigore i divieti che escludevano dal consesso civile i renitenti. E non risulta che costoro siano in isolamento volontario.Scartabellando le tabelle dell’Iss, le sorprese abbondano. Ad esempio: quanto ai tassi d’incidenza della malattia grave, bisogna sì riconoscere che il vaccino fa il suo lavoro. Tuttavia, negli under 40, l’incidenza dei sintomi seri sta decrescendo sia tra non vaccinati sia tra vaccinati - segno, probabilmente, che l’ondatina pandemica dell’ultimo periodo si sta riassorbendo. E, soprattutto, i meglio attrezzati a resistere al Sars-Cov-2 paiono i vaccinati meno recenti, nonché privi di terza dose. È gente che, dopo la doppia puntura, sta beneficiando dell’immunità naturale acquisita da un successivo contagio? O sono scettici che, accettato il ciclo primario, hanno deciso che bastava così? Comunque stiano le cose, la realtà assesta una bella botta alla retorica salvifica del booster, nel contesto dominato da Omicron. Lo conferma il trend, da tempo inalterato, che si riscontra nella categoria 40-59 anni, la quale comprende i cinquantenni costretti per legge alla terza iniezione nel giro di un anno. Addirittura, tra i tridosati e i vaccinati da meno di 120 giorni, sono superiori sia l’incidenza dei casi, sia l’incidenza della malattia grave. Non a caso, il roboante dato sulla mortalità tra no vax e vaccinati con tre dosi, ogni volta rilanciato dai media, si sta clamorosamente sgonfiando: gli scettici della puntura sono passati da una probabilità di morire 25 volte più alta rispetto ai vaccinati, a una «solo» 7 volte più alta. Tutto ciò, nel giro di tre mesi. E quindici giorni fa, i no vax avevano ancora 9 volte in più di possibilità di lasciarci le penne: il crollo è stato vertiginoso. La terza dose, in sostanza, scherma dai 60 anni in su. Non è poco. Ma non è abbastanza per giustificare i ricatti del green pass e gli obblighi vaccinali passati, né quelli che si stanno preparando, in vista dell’autunno.Soffermiamoci, allora, sugli under 40. E individuiamo cinque punti fermi.1 Si contagiano di più i vaccinati dei non vaccinati.2 L’età media dei contagiati è passata, negli ultimi 14 giorni, da 37 a 46 anni: per cui gli under 40 risultano ancora meno vulnerabili al Covid. 3 Il vaccino, in genere, protegge dalla malattia grave (ci mancava non lo facesse…), ma l’incidenza dei sintomi severi sta calando in generale e, soprattutto, sia in termini di infezioni, sia in termini di conseguenze serie del contagio, i più protetti sono i vaccinati meno recenti, mai sottoposti al richiamo. 4 Tra maggio e novembre 2021, sono morti quasi 500 under 40 di troppo: potrebbero essere stati tutti stroncati dai fulmini, ma per adesso, il mistero rimane. 5 Intanto, aumentano ulteriormente le reinfezioni: ora sono al 5,8% (lo 0,8% in più, rispetto alla rilevazione della scorsa settimana). Non sono casi da ricovero, però l’occorrenza prova le difficoltà del vaccino con Omicron e le sue sottovarianti.Alla luce di tutto questo, che senso ha continuare a vaccinare? La terza dose sta aiutando solamente gli over 60. Della quarta potrebbero beneficiare anziani e fragili. E il resto della popolazione? I rischi di un ennesimo richiamo con il medicinale tarato sul virus di Wuhan, a questo punto, superano i benefici. Ma anche sul farmaco aggiornato, per il quale, venerdì, è stato annunciato un accordo tra Commissione Ue e Pfizer-Biontech, le incognite sono tante. Primo: il vaccino anti Omicron potrebbe arrivare a Omicron già soppiantata da altri ceppi. Secondo: il trial di Big Pharma richiederà mesi. Inoculiamo lo stesso gli under 40, magari rispolverando pure l’apartheid del green pass, senza approfondimenti sulle anomalie nella mortalità? Ministro Roberto Speranza, il principio di precauzione valeva solo come scusa per rinchiuderci?