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2020-05-13
Il notaio: «Gli studi minori soffocati da governo e associazioni. A discapito dei cittadini»
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Non c'è solo l'emergenza sanitaria a mettere in crisi economica la categoria dei notai, tra i professionisti italiani con il reddito più alto ma in difficoltà come tutti gli altri lavoratori. Accade così che su 5148 professionisti più di 1000 abbiano già fatto richiesta di cassa integrazione. I più giovani rischiano di chiudere. Gli studi più grandi non riescono ad ammortizzare le spese e pagare gli affitti.
«Fino adesso abbiamo pagato di tasca nostra perché non vogliamo licenziare nessuno, però i sussidi promessi non si sono visti» dice a La Verità Riccardo Genghini, titolare dello studio Genghini e Associati con sede a Milano. «Stiamo anticipando noi la cassa integrazione. Realtà come la nostra non possono stare chiuse per 7 mesi: è sconcertante l'emendamento presentato dal ministro della giustizia, pare su istanza del Consiglio nazionale del notariato, che chiedeva immotivatamente la chiusura degli uffici notarili fino al 31 ottobre. Per fortuna bocciato dalla Ragioneria generale dello Stato».
L'universo del notariato era già in subbuglio prima dell'emergenza Covid 19. Diversi notai protestano da tempo per le intromissioni nel mercato da parte dei consigli distrettuali e di consorzi come Asnodim, associazione finita nel mirino dell'autorità garante della concorrenza e del mercato e persino della procura di Roma. L'antitrust lo ha messo nero su bianco in una decisione del 2017, spiegando che «è stato delineato un sistema di affidamento degli incarichi notarili, nel contesto delle dismissioni pubbliche, preclusivo di ogni possibilità per i notai del distretto di offrire i propri servizi secondo dinamiche competitive e per gli inquilini di beneficiare di tale confronto per scegliere il notaio a cui affidare l'incarico».
In pratica i consigli notarili, con l'obiettivo di distribuire il lavoro a tutti i notai, in realtà penalizzano diversi studi e soprattutto non permettono ai cittadini di spendere meno per rogiti, surroghe bancarie o acquisti immobiliari. E per di più possono anche punire i singoli studi, tramite organi disciplinari composti da altri colleghi che possono avere tutto l'interesse a penalizzarli. L'emergenza sanitaria ha peggiorato la situazione. L'articolo 27 della legge notarile vieta ai notai di rifiutarsi di stipulare gli atti notarili, soprattutto durante le epidemie (art. 142), invece molti consigli notarili hanno "suggerito" ai notai di "rinviare tutto il rinviabile" sotto minaccia di controlli e ispezioni: voi notai come vi regolate ? «Siamo pubblici ufficiali, dobbiamo applicare la legge secondo coscienza. Questo significa che se il mio consiglio distrettuale mi autorizza/invita a rinviare gli atti notarili, mi trovo davanti a difficile dilemma: seguire le indicazioni del consiglio, ma se il cittadino mi fa causa, o mi denuncia per omissione di atti di ufficio, potrebbe avere ragione; ignorare i suggerimenti del consiglio, con il rischio poi di essere oggetto di ispezioni e procedimenti disciplinari».
Tra gli esempi calzanti c'è quello della surroga bancaria, ovvero quando un cittadino decide di sostituire il mutuo in banca. «La circolare del Consiglio di Milano ci ha detto che questo tipo di atti pubblici si può rinviare. Però la legge riconosce il mutuatario il diritto ottenere la portabilità entro 30 giorni sanzionando il ritardo con una penale dell'1% sul debito residuo per ogni mese o frazione di ritardo. In media sono 800 euro al mese che il cittadino ha il diritto di ricevere dalla banca che voleva cambiare, la quale poi ha il diritto di rivalersi sui notai che hanno rinviato la stipula delle surroghe» ricorda Genghini. «Se si leggono le numerose decisioni di condanna dell'Antitrust, sembra che da oltre 10 anni il notariato sia impegnato a controllare e redistribuire il lavoro ordinario fra i notai, colpendo gli studi i più organizzati ed efficienti (e spesso anche più economici), per avvantaggiare gli altri. Sembrerebbe che siamo l'unica categoria in cui il successo professionale e l'efficienza sono colpe che vengono perseguite dalle istituzioni».
In effetti, negli atti giudiziari della vicenda Asnodim si legge che da anni dietro le dismissioni immobiliari degli enti previdenziali ci sono state le pressioni del consiglio notarile e della stessa associazione, che utilizzando lo spauracchio del procedimento disciplinare, hanno impedito ad altri colleghi di svolgere il loro lavoro. L'emergenza Covid ha aumentato ancora di più la pressione. Basti pensare che sono stati vietati gli atti telematici per l'immobiliare, mentre sono stati ammessi quelli per le assemblee sociali (in particolare le quotate). In questo modo la modernizzazione e semplificazione ha avvantaggiato i pochissimi studi notarili che si occupano di operazioni straordinarie e che lavorano a stretto contatto con il Mef per i quali il lockdown non è più un problema.
Contemporaneamente i consigli stanno controllando il lavoro ordinario svolto in questi mesi dagli altri notai, per verificare se hanno rinviato il rinviabile per tutti gli altri atti. Possono chiedere i repertori del lavoro svolto e sembrano intenzionati a punire chi ha lavorato più del "giusto". «È molto difficile svolgere il servizio pubblico notarile in queste condizioni di incertezza: l'economia e la legislazione si muovono in una direzione, il notariato a volte sembra andare nella direzione opposta» conclude il notaio Genghini.
Riccardo Genghini
L'indagine nata dalla denuncia di un piccolo notaio nel 2015
E' la punta dell'iceberg di un sistema malato che oltre a punire i notai che svolgono il loro lavoro danneggia i cittadini, costretti spesso a spese folli per un atto notarile. L'inchiesta della procura di Roma portata avanti da Roberto Felici e chiusa il 21 febbraio scorso rischia di scoperchiare il vaso di pandora del notariato, i gruppi di potere e la totale mancanza di concorrenza tra gli studi, danneggiando i più giovani o chi non è legato a lobby politiche.
Tutto nasce da una denuncia nel 2015 del notaio Andrea Mosca, assistito dagli avvocati Pierpaolo Dell'Anno e Michelangelo Curti. Dopo 5 anni e persino un'archiviazione poi scongiurata, ora a finire indagati sono il presidente del consiglio notarile di Roma, Cesare Felice Giuliani, l'ex coordinatore della commissione deontologia e vigilanza, Antonio Sgobbo, e l'ex consigliere e segretario Romolo Rummo. Sono accusati di concussione e abuso d'ufficio per aver pilotato gli incarichi migliori sui loro stessi studi professionali attraverso la minaccia «di possibili conseguenze negative sulla loro vita professionale».
Perché, «abusando della loro qualità e dei poteri derivanti dalla carica ricoperta, ripetutamente costringevano i notai del distretto (e tra essi, in particolare, ì notai Andrea Mosca, Claudio Manzo, Giuseppe Farinello e Pasquale Edoardo Merlino) a devolvere al Consiglio, in violazione del principio di libera concorrenza, l'utilità rappresentata dal gestire l'assegnazione degli incarichi riguardanti la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, all'uopo intimando ai suddetti, in contrasto con la legge notarile, di non accettare tali incarichi direttamente conferiti dalle parti con la minaccia, in caso contrario, di possibili conseguenze negative sulla loro vita professionale, non esclusa l'instaurazione di procedimenti disciplinari».
Secondo l'accusa, gli indagati, avvalendosi di un'associazione professionale la Asnodim, costituita ad hoc, avrebbero indirizzato gli enti verso "soggetti selezionati in modo arbitrari". I tre notai indagati non avrebbero nemmeno tenuto conto dei criteri "quantitativo" e "deontologico-solidaristico", che erano stati fissati dallo stesso Consiglio per favorire i notai più giovani. Alcuni professionisti hanno denunciato di essere stati costretti a non stipulare atti importanti, relativi alle dismissioni di immobili di Enasarco e di Roma Capitale.
La procura ha calcolato così che «nel quinquennio 2011/2015, l'88% dei notai iscritti nello stesso periodo (cioè, quelli più giovani) non riceveva alcun incarico o ne riceveva al massimo uno mentre i notai con un repertorio inferiore a 100.000,00 euro ne ricevevano in media un numero analogo a quello attribuito ai notai con un repertorio maggiore». Anche l' Antitrust aveva spiegato nella sentenza del maggio 2017, che il Consiglio si era avocato il ruolo in via esclusiva di designare ex officio, tramite Asnodim, i notai a cui affidare gli incarichi di redazione degli atti di rogito e di mutuo, nell'ambito delle dismissioni del patrimonio immobiliare di enti pubblici e previdenziali
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L'emergenza sanitaria ha fatto peggiorare le tensioni interne alla categoria. Le imposizioni dei consigli nazionali sono già state sanzionate dall'Antitrust nel 2017. Riccardo Genghini: «Da oltre 10 anni il notariato è impegnato a controllare e redistribuire il lavoro ordinario fra i notai, colpendo gli studi i più organizzati, efficienti e spesso anche più economici»L'inchiesta della procura di Roma dove sono indagati il presidente del consiglio notarile Cesare Felice Giuliani, l'ex coordinatore della commissione deontologia e vigilanza, Antonio Sgobbo, e l'ex consigliere e segretario Romolo Rummo. Sono accusati di concussione e abuso d'ufficio per aver pilotato gli incarichi migliori sui loro stessi studi professionali attraverso la minaccia «di possibili conseguenze negative sulla loro vita professionale». Lo speciale contiene due articoliNon c'è solo l'emergenza sanitaria a mettere in crisi economica la categoria dei notai, tra i professionisti italiani con il reddito più alto ma in difficoltà come tutti gli altri lavoratori. Accade così che su 5148 professionisti più di 1000 abbiano già fatto richiesta di cassa integrazione. I più giovani rischiano di chiudere. Gli studi più grandi non riescono ad ammortizzare le spese e pagare gli affitti. «Fino adesso abbiamo pagato di tasca nostra perché non vogliamo licenziare nessuno, però i sussidi promessi non si sono visti» dice a La Verità Riccardo Genghini, titolare dello studio Genghini e Associati con sede a Milano. «Stiamo anticipando noi la cassa integrazione. Realtà come la nostra non possono stare chiuse per 7 mesi: è sconcertante l'emendamento presentato dal ministro della giustizia, pare su istanza del Consiglio nazionale del notariato, che chiedeva immotivatamente la chiusura degli uffici notarili fino al 31 ottobre. Per fortuna bocciato dalla Ragioneria generale dello Stato». L'universo del notariato era già in subbuglio prima dell'emergenza Covid 19. Diversi notai protestano da tempo per le intromissioni nel mercato da parte dei consigli distrettuali e di consorzi come Asnodim, associazione finita nel mirino dell'autorità garante della concorrenza e del mercato e persino della procura di Roma. L'antitrust lo ha messo nero su bianco in una decisione del 2017, spiegando che «è stato delineato un sistema di affidamento degli incarichi notarili, nel contesto delle dismissioni pubbliche, preclusivo di ogni possibilità per i notai del distretto di offrire i propri servizi secondo dinamiche competitive e per gli inquilini di beneficiare di tale confronto per scegliere il notaio a cui affidare l'incarico». In pratica i consigli notarili, con l'obiettivo di distribuire il lavoro a tutti i notai, in realtà penalizzano diversi studi e soprattutto non permettono ai cittadini di spendere meno per rogiti, surroghe bancarie o acquisti immobiliari. E per di più possono anche punire i singoli studi, tramite organi disciplinari composti da altri colleghi che possono avere tutto l'interesse a penalizzarli. L'emergenza sanitaria ha peggiorato la situazione. L'articolo 27 della legge notarile vieta ai notai di rifiutarsi di stipulare gli atti notarili, soprattutto durante le epidemie (art. 142), invece molti consigli notarili hanno "suggerito" ai notai di "rinviare tutto il rinviabile" sotto minaccia di controlli e ispezioni: voi notai come vi regolate ? «Siamo pubblici ufficiali, dobbiamo applicare la legge secondo coscienza. Questo significa che se il mio consiglio distrettuale mi autorizza/invita a rinviare gli atti notarili, mi trovo davanti a difficile dilemma: seguire le indicazioni del consiglio, ma se il cittadino mi fa causa, o mi denuncia per omissione di atti di ufficio, potrebbe avere ragione; ignorare i suggerimenti del consiglio, con il rischio poi di essere oggetto di ispezioni e procedimenti disciplinari». Tra gli esempi calzanti c'è quello della surroga bancaria, ovvero quando un cittadino decide di sostituire il mutuo in banca. «La circolare del Consiglio di Milano ci ha detto che questo tipo di atti pubblici si può rinviare. Però la legge riconosce il mutuatario il diritto ottenere la portabilità entro 30 giorni sanzionando il ritardo con una penale dell'1% sul debito residuo per ogni mese o frazione di ritardo. In media sono 800 euro al mese che il cittadino ha il diritto di ricevere dalla banca che voleva cambiare, la quale poi ha il diritto di rivalersi sui notai che hanno rinviato la stipula delle surroghe» ricorda Genghini. «Se si leggono le numerose decisioni di condanna dell'Antitrust, sembra che da oltre 10 anni il notariato sia impegnato a controllare e redistribuire il lavoro ordinario fra i notai, colpendo gli studi i più organizzati ed efficienti (e spesso anche più economici), per avvantaggiare gli altri. Sembrerebbe che siamo l'unica categoria in cui il successo professionale e l'efficienza sono colpe che vengono perseguite dalle istituzioni». In effetti, negli atti giudiziari della vicenda Asnodim si legge che da anni dietro le dismissioni immobiliari degli enti previdenziali ci sono state le pressioni del consiglio notarile e della stessa associazione, che utilizzando lo spauracchio del procedimento disciplinare, hanno impedito ad altri colleghi di svolgere il loro lavoro. L'emergenza Covid ha aumentato ancora di più la pressione. Basti pensare che sono stati vietati gli atti telematici per l'immobiliare, mentre sono stati ammessi quelli per le assemblee sociali (in particolare le quotate). In questo modo la modernizzazione e semplificazione ha avvantaggiato i pochissimi studi notarili che si occupano di operazioni straordinarie e che lavorano a stretto contatto con il Mef per i quali il lockdown non è più un problema. Contemporaneamente i consigli stanno controllando il lavoro ordinario svolto in questi mesi dagli altri notai, per verificare se hanno rinviato il rinviabile per tutti gli altri atti. Possono chiedere i repertori del lavoro svolto e sembrano intenzionati a punire chi ha lavorato più del "giusto". «È molto difficile svolgere il servizio pubblico notarile in queste condizioni di incertezza: l'economia e la legislazione si muovono in una direzione, il notariato a volte sembra andare nella direzione opposta» conclude il notaio Genghini. 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Tutto nasce da una denuncia nel 2015 del notaio Andrea Mosca, assistito dagli avvocati Pierpaolo Dell'Anno e Michelangelo Curti. Dopo 5 anni e persino un'archiviazione poi scongiurata, ora a finire indagati sono il presidente del consiglio notarile di Roma, Cesare Felice Giuliani, l'ex coordinatore della commissione deontologia e vigilanza, Antonio Sgobbo, e l'ex consigliere e segretario Romolo Rummo. Sono accusati di concussione e abuso d'ufficio per aver pilotato gli incarichi migliori sui loro stessi studi professionali attraverso la minaccia «di possibili conseguenze negative sulla loro vita professionale». Perché, «abusando della loro qualità e dei poteri derivanti dalla carica ricoperta, ripetutamente costringevano i notai del distretto (e tra essi, in particolare, ì notai Andrea Mosca, Claudio Manzo, Giuseppe Farinello e Pasquale Edoardo Merlino) a devolvere al Consiglio, in violazione del principio di libera concorrenza, l'utilità rappresentata dal gestire l'assegnazione degli incarichi riguardanti la dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, all'uopo intimando ai suddetti, in contrasto con la legge notarile, di non accettare tali incarichi direttamente conferiti dalle parti con la minaccia, in caso contrario, di possibili conseguenze negative sulla loro vita professionale, non esclusa l'instaurazione di procedimenti disciplinari». Secondo l'accusa, gli indagati, avvalendosi di un'associazione professionale la Asnodim, costituita ad hoc, avrebbero indirizzato gli enti verso "soggetti selezionati in modo arbitrari". I tre notai indagati non avrebbero nemmeno tenuto conto dei criteri "quantitativo" e "deontologico-solidaristico", che erano stati fissati dallo stesso Consiglio per favorire i notai più giovani. Alcuni professionisti hanno denunciato di essere stati costretti a non stipulare atti importanti, relativi alle dismissioni di immobili di Enasarco e di Roma Capitale. La procura ha calcolato così che «nel quinquennio 2011/2015, l'88% dei notai iscritti nello stesso periodo (cioè, quelli più giovani) non riceveva alcun incarico o ne riceveva al massimo uno mentre i notai con un repertorio inferiore a 100.000,00 euro ne ricevevano in media un numero analogo a quello attribuito ai notai con un repertorio maggiore». Anche l' Antitrust aveva spiegato nella sentenza del maggio 2017, che il Consiglio si era avocato il ruolo in via esclusiva di designare ex officio, tramite Asnodim, i notai a cui affidare gli incarichi di redazione degli atti di rogito e di mutuo, nell'ambito delle dismissioni del patrimonio immobiliare di enti pubblici e previdenziali
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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