
Il Kosovo su Federica Mogherini: «Peggio di una guerra». Belgrado torna a guardare a Mosca.Tornato a Belgrado dal vertice straordinario sui Balcani tenutosi lunedì scorso a Berlino, il presidente serbo, Aleksander Vućić, si è ritrovato sotto un fuoco incrociato di critiche che facilmente fanno presagire un peggioramento degli equilibri politici in Serbia e nell'intera regione. Il ministro della difesa serbo, Aleksander Vulin, esponente socialista con un passato nel partito comunista jugoslavo ed ex rappresentante del governo per il Kosovo, ha indirettamente criticato il proprio presidente attaccando i Paesi europei. Dichiarando che l'Ue si sta da troppo tempo dimostrando poco credibile e che le continue pretese che arrivano da Bruxelles sembrano una presa in giro nei confronti dei serbi, Vulin non ha fatto altro che esternare il pensiero condiviso dalla maggioranza della popolazione. Il vacuo dialogo portato avanti negli ultimi anni tra Belgrado e Pristina sotto l'egida dell'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione, Federica Mogherini, sta dimostrando tutta la sua pericolosità. La continua mancanza di risultati ha costretto a dicembre dello scorso anno il primo ministro kosovaro, Ramush Haridinaj, a dichiarare che la Mogherini ha provocato ai Balcani più danni di una guerra. E ora un rappresentante governativo serbo come Vulin, che in passato ha sostenuto la necessità di un dialogo con l'Ue, afferma che la Serbia potrebbe avere alternative migliori a disposizione se incominciasse a guardare più seriamente verso Mosca. In verità, sia Haridinaj che Vulin alzano la voce per motivi legati alla politica interna con uno sguardo alle prossime elezioni nazionali. Haridinaj vorrebbe indebolire il proprio presidente Thaci, mentre Vulin vorrebbe guadagnare punti criticando un Vućić prigioniero della reale mancanza di alternative politiche. Le tensioni interne comunque non sono altro che la cartina al tornasole delle sabbie mobili balcaniche in cui non esiste una soluzione perfetta o generalmente accettabile, ma che la Mogherini e Angela Merkel, seppur per ragioni differenti, hanno negli ultimi anni contribuito a peggiorare, portando avanti l'assioma del dialogo fine a sé stesso. Dopo aver impedito a Vućić e Thaci di effettuare, con il beneplacito degli Usa, uno scambio di territori tra Serbia e Kosovo con cui chiudere l'annosa questione del reciproco riconoscimento internazionale, con il vertice straordinario di lunedì Angela Merkel sperava di far riprendere proprio quel dialogo che lei stessa ha congelato e che aveva trovato un minimo comun denominatore su un terreno completamente differente da quello accettabile presentato nelle proposte della Mogherini. Tentando di allontanare i due capi di Stato balcanici dagli interessi americani, ovvero tentando di farli riconvergere su posizioni più vicine all'interesse geopolitico di Berlino, la Merkel sperava prima della fine del suo mandato di consolidare la presenza egemonica della Germania nella regione, dopo averne favorito lo scardinamento con l'egoistica gestione della crisi finanziaria greca, con la manipolazione della politica interna macedone e provocando l'apertura della rotta migratoria balcanica. La riunione di Berlino però ha dimostrando ancora una volta che le capitali dell'Europa non sono portatrici di soluzioni per gli Stati della ex Jugoslavia. Ironicamente l'unico risultato è stato quello di far concordare il presidente serbo, Aleksander Vućić, e quello kosovaro, Hashim Thaci, altrimenti divisi su tutto, nel considerare l'evento come un completo fallimento. Dopo l'ennesima inconcludente riunione con la Mogherini, i due non hanno trovato alcun giovamento nemmeno dall'incontro con la Cancelliera. Il fatto che Thaci abbia chiarito agli ospiti che l'Europa è troppo debole per poter proporre delle soluzioni e che nessun dialogo è possibile senza gli Usa, ha certamente indebolito la già poco invidiabile posizione di Vućić in Serbia, un Paese da sempre diviso tra sentimenti pro Occidentali e l'amore nei confronti di Mosca. Ma ha anche inflitto un colpo mortale alle speranze tedesche di egemonia. Mosca spera che altri scivoloni europei rinfocolino le tensioni nell'area, mentre Washington li utilizzerà per dimostrare l'incapacità dei propri alleati euroatlantici e guidare da sola i prossimi eventi, sperando che la Mogherini ripeta la frase scappatale alla conferenza stampa del 18 dicembre scorso a Bruxelles. Dopo l'incontro con la premier serba, Ana Brnabić, delusa dalla poca considerazione attribuita alle sue proposte e preso coscienza della sua inapropriatezza, Lady Pesc infatti esclamò: «Dimentichiamo i Balcani». In fondo, anche se meno prosaicamente, ricalca l'idea di Otto von Bismarck , secondo cui i Balcani interi non valevano le ossa di un solo granatiere di Pomerania.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





